Tentano di uccidere un uomo investendolo violentemente con l’auto e pestandolo a sangue a causa dei dissidi familiari sorti fra lo stesso e la moglie. E’ successo a Catania, in via Leucatia dove si è verificato un vero e proprio raid punitivo organizzato dai familiari della donna, che –  secondo le indagini della Procura della Repubblica del capoluogo etneo e dei Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Piazza Dante – sono stati sottoposti ad un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal Gip. Il provvedimento è scattato nei confronti dei catanesi Sebastiano LAGANÀ, 25 anni, e Santo AIELLO (60), in relazione al reato di tentato omicidio in concorso. Questo il comunicato emesso dalla Procura della Repubblica di Catania:

Santo Aiello

“Nel pomeriggio del 2 novembre 2020, COSTANZO Pietro, di 54 anni, mentre passeggiava a piedi nei pressi di piazza Viceré e precisamente all’angolo tra le vie Leucatia e San Gregorio, venne volontariamente investito da un’autovettura che lo scaraventava conto un muro e poi brutalmente aggredito da più soggetti mente si trovava a terra con la gamba incastrata sotto il veicolo, riportando gravi lesioni su tutto il corpo ed in particolare un gravissimo politrauma alla gamba destra. Il giorno seguente, il 36enne catanese LAGANÀ Fabio (tuttora detenuto in carcere), venne sottoposto a fermo d’indiziato di delitto, eseguito dai Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Piazza Dante, che nell’immediatezza dei fatti raccolsero gravi elementi indiziari a suo carico e lo riconobbero come il conducente della Ford FOCUS utilizzata per l’investimento.

Fabio Laganà

Le indagini, condotte senza soluzione di continuità dagli stessi Carabinieri e che hanno dato origine all’odierno provvedimento restrittivo, hanno permesso di dimostrare che al raid parteciparono anche i due odierni indagati i quali presero parte, insieme a Fabio LAGANA’ (padre di Sebastiano LAGANA’ e nipote di AIELLO Santo), all’investimento ed al violento pestaggio di COSTANZO, incappato in una vera e propria “trappola” tesa dai suoi aguzzini per mettere fine ai dissidi esistenti fra le due famiglie, da diversi mesi in contrasto a causa della crisi di coppia sorta fra il figlio dei COSTANZO e la figlia dei LAGANA’.

Grazie all’esame delle testimonianze acquisite nell’immediatezza dei fatti ed alla scrupolosa analisi delle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza attive nella zona teatro dell’evento delittuoso, i militari operanti hanno subito individuato l’autovettura utilizzata da Fabio LAGANÀ, appunto una Ford Focus, nonché identificato l’altra auto, una Fiat PANDA nera, utilizzata dai correi, e riconducibile alla famiglia AIELLO. Le immagini di videosorveglianza sono quindi state rielaborate e migliorate nella qualità dei fotogrammi dagli esperti della Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale di Catania, consentendo ai colleghi di Piazza Dante di dare un volto agli altri due autori del delitto, sui quali, grazie allo svolgimento di attività tecniche di indagine, sono stati conseguentemente raccolti altri inequivocabili indizi di colpevolezza che chiariscono la loro partecipazione al tentato omicidio, evidenziando anche la centralità del ruolo di AIELLO Santo, zio dei LAGANÀ, il quale aveva precedentemente dato appuntamento alla vittima presso un noto bar della città per parlare delle note questioni familiari, così da farlo uscire di casa a piedi ad un orario determinato, mentre invece lo attendevano proprio lì sotto per tendergli l’agguato.

Sebastiano Laganà

Il quadro indiziario così raccolto dagli investigatori è stato inoltre supportato dalla relazione tecnica redatta dal consulente tecnico nominato dal pubblico ministero titolare dell’indagine, grazie alla quale si è rilevato come il conducente della Ford Focus, viaggiante ad una velocità di circa 20/25 Km orari, poco prima di impattare, avesse impresso un’accelerazione al mezzo, così rimarcando l’idoneità della condotta a cagionare la morte della vittima. I due arrestati, dopo le formalità di rito, sono stati associati al carcere catanese di Piazza Lanza”.

Redazione