Il terremoto che si è abbattuto sulle imminenti elezioni trapanesi (11 giugno) dovrebbe indurre i partiti e i movimenti che appoggiano i due candidati più conosciuti – il senatore Antonio D’Alì e il deputato regionale Girolamo Fazio (ex sindaco di Trapani) – a fare una profonda riflessione per almeno tre motivi: intanto perché la loro città in questo momento è sotto i riflettori dell’opinione pubblica nazionale per l’ultimo scandalo che l’ha colpita, poi perché il loro esempio rischia di essere devastante per la politica dell’intero Paese, infine perché certi atteggiamenti possono causare un ulteriore rigetto da parte dell’elettorato verso i partiti che col tempo può portare alla loro implosione.

Il sen. di Forza Italia, Antonio D’Alì. Sopra: panorama di Trapani

Il candidato a sindaco Antonio D’Alì nei giorni scorsi è stato destinatario, da parte della Dda di Palermo, della notifica di una misura di prevenzione con obbligo di soggiorno nel comune di residenza (da discutere nel prossimo mese di luglio), perché ritenuto ‘socialmente pericoloso”. Sul suo groppone pende un’accusa di collusione con la mafia provata fino al 1994. Dal ’94 ad oggi non risultano collusioni “provate”, ma la decisione della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano è un provvedimento che dal punto di vista politico ha un significato molto profondo.

Il candidato a sindaco Girolamo Fazio è addirittura agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta per corruzione che ha portato al coinvolgimento dell’armatore Ettore Morace, del sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti Simona Vicari (dimessasi in seguito ad un avviso di garanzia per un Rolex che l’ex sindaco di Cefalù avrebbe ricevuto dal patron della società di navigazione), del “patron della Caronte Vincenzo Franza, e del governatore della Regione Sicilia Rosario Crocetta, che smentisce ogni coinvolgimento nella vicenda e decide di rimanere al suo posto.

Ora, possiamo discutere sul fatto che in presenza di un avviso di garanzia un politico può ritenere o meno di conservare la poltrona, ma in presenza di un arresto (Fazio) e di un soggiorno obbligato, per giunta con la grave accusa di essere “socialmente pericoloso” (D’Alì), di cosa dovremmo discutere?

Girolamo Fazio, deputato all’Ars

In un Paese normale di niente, ma in un Paese come l’Italia anche l’evidenza viene messa in discussione. Al punto che i due hanno deciso di presentarsi lo stesso.

In casa Fazio dicono a gran voce che a volere la candidatura del loro leader sono le persone designate nelle cinque liste del Consiglio comunale e i cittadini riuniti nel comitato dell’ex sindaco: tutti dichiarano all’unisono che continueranno “la campagna elettorale con più forza di prima, fiduciosi e convinti che il deputato regionale (ex Forza Italia, poi Gruppo misto) presto chiarirà nelle sedi opportune la sua posizione”. Il motivo? ”Siamo convinti della assoluta correttezza ed onestà di Fazio, già dimostrata in oltre dieci anni di amministrazione della nostra città nella gestione di ingenti finanziamenti e senza che sia mai stata avanzata nei suoi confronti alcuna contestazione”.

In casa D’Alì, lo stesso senatore di Forza Italia ha scritto di suo pugno una “lettera aperta” ai trapanesi: “In questa mia assoluta libertà di giudizio e di movimento – si legge – ribadisco di voler mantenere la mia candidatura a sindaco, che in questi giorni ho percepito con emozione essere fortemente condivisa da tantissimi di voi, anche non addetti ai lavori, che mi hanno fatto pervenire la propria incondizionata solidarietà e l’apprezzamento per il programma ambizioso, forte, concreto e rivoluzionario che ho ufficialmente depositato in Comune, e del quale ho già avuto modo di discutere e illustrare i punti salienti in diversi momenti di incontro e di comunicazione”.

In casi del genere – si è detto spesso – dovrebbero essere i partiti ad intervenire, senza aspettare i tempi biblici della giustizia. Invece i partiti – soprattutto “certi” partiti – non solo non intervengono, ma incoraggiano alcuni candidati ad andare avanti, facendo leva su un garantismo peloso che da tempo ha ucciso la politica. A questo punto il pallino passa agli elettori trapanesi: siamo in attesa di sapere come si comporteranno l’11 giugno.

Luciano Mirone