Troppe cose non quadrano nella perizia medico-legale e nel sopralluogo della Polizia, che riguardano la morte di Attilio Manca. Lo sostiene il docente universitario di Medicina legale che abbiamo intervistato. Un professore del quale per motivi di riservatezza – come detto nella prima puntata – preferiamo omettere le generalità. Secondo quanto ha dichiarato il pentito Carmelo D’Amico, questo caso è contrassegnato dalla presenza della mafia e dei servizi segreti deviati, quindi abbiamo ritenuto non esporre a rischi un professionista autorevole che comunque ha deciso di rispondere alle nostre domande. Di questa intervista, del resto, più che il nome dell’intervistato, ci interessano i contenuti scientifici che espone, in modo da dare degli spunti seri a chi è preposto alla conduzione delle indagini sul caso Manca.

Professore, intorno alle 11 del 12 Febbraio 2004, in un appartamento di Viterbo (città dove la vittima operava da poco nel locale ospedale), hanno trovato il cadavere di Attilio Manca. trentaquattro anni, urologo, originario di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina). In cucina e nel bagno hanno trovato due siringhe con tappo salva ago inserito. Nel braccio sinistro hanno rinvenuto due buchi. L’esame tossicologico ha stabilito che nell’organismo della vittima c’erano delle tracce notevoli di eroina mista ad alcol e tranquillanti. I magistrati, fin dall’inizio, hanno optato per il decesso da overdose causata da “auto inoculazione”. E però, fin dalle prime battute, emerge una contraddizione vistosa: Attilio Manca era un mancino puro, quindi i buchi si sarebbero dovuti trovare nel braccio destro. Che ne pensa?

Quella dei magistrati mi sembra una forzatura. Loro stessi avrebbero dovuto spiegare, con prove alla mano, perché questo soggetto mancino si era bucato nel braccio sinistro. Se non lo hanno fatto evidentemente si sono assunti le loro responsabilità”.

Il professore di Medicina legale osserva le foto del cadavere e legge al alta voce i brani più salienti del verbale della Polizia e delle relazioni stilate dalla dottoressa Dalila Ranalletta, Medico legale che ha eseguito l’esame esterno del cadavere e l’autopsia.

Perché lei parla di “omicidio”?

Un Medico legale formula le ipotesi in base agli atti di cui è in possesso. Gli atti in mio possesso appaiono compatibili con una morte violenta, e dunque parlo di morte violenta”.

Cosa la porta a privilegiare questa tesi?

Diversi elementi: una ecchimosi al bicipite sinistro di cui nelle relazioni non c’è traccia. Una ecchimosi (o comunque una lesione) al polso sinistro, scambiata per il secondo buco di agopuntura: a me sembra un segno provocato da una violentissima stretta al polso. Questo potrei affermarlo con certezza. Nel posto dove è stato localizzato il secondo buco c’è l’osso, non la vena. Qualcuno potrebbe spiegare come si fa una puntura su un osso?”.

E i testicoli?

C’è una evidentissima ecchimosi non descritta in sede di autopsia, con l’aggravante che non è stato eseguito l’esame istologico per evidenziarne le caratteristiche”.

Il naso?

C’è una deviazione a sinistra del setto nasale e delle parti molli di esso. Mi sembra abbastanza chiaro che c’è stato un afferramento al volto e una costrizione violenta di questo soggetto. Si tratta di lesioni inconciliabili con una auto iniezione di sostanze stupefacenti. In ogni caso, si sarebbe dovuto accertare se al setto nasale era presente una frattura e da cosa era stata eventualmente causata”.

E il sangue?

Il sangue è in quantità elevata. Da dove è venuto? Non è stato spiegato. Così come mi sarei aspettato (anche se nella relazione autoptica si parla di edema) una descrizione dettagliata delle alterazioni a livello polmonare, dell’eventuale rottura di setti, di vasi e di alveoli, una descrizione dell’emorragia, per capire se c’è stata una congestione esasperata. Perché non è stato fatto?”.

Chiarito un aspetto fondamentale della vicenda – cioè che Attilio Manca è morto in modo violento, almeno secondo l’intervistato – bisogna cercare di far luce su altri misteri incredibili che emergono dalla visione delle foto e dalla lettura delle carte medico-legali, a cominciare dall’ora della morte, un aspetto cui gli inquirenti danno una importanza decisiva. Retrodatando la morte dell’urologo, si arriva infatti al 10 Febbraio, giorno in cui Attilio Manca si è recato a Roma: secondo loro per rifornirsi di eroina, ma su quest’ultimo aspetto non ci sono prove che lo dimostrino.

Scrive la Rannaletta: “Risulta che alle ore 11,30 circa del 12 febbraio 2004 il cadavere di Attilio Manca veniva rinvenuto riverso sul letto nella propria abitazione in posizione prona. La sottoscritta giungeva sul posto alle ore 14 circa. Il cadavere era stato nel frattempo mobilizzato”.

Quindi la Ranalletta, alle 14, non ha trovato il cadavere nella posizione prona, ma nella posizione supina”.

Giaceva supino sul letto”.

Quindi hanno girato il cadavere”.

Si trattava di un cadavere di sesso maschile, dell’età apparente di 30-35 anni, in ottime condizioni di nutrizioni. La cute era fredda al termotatto, le cornee opache per fenomeni di essiccamento post mortale”.

Ora attenzione perché c’è un passo importante.

Le ipostasi di colorito violaceo erano fisse e non improntabili”

Cioè?

Che erano maturate da un certo tempo”.

Da quanto?

Tre-quattro-cinque ore al massimo. Le macchie ipostatiche si formano nelle parti ‘declivi’ di un cadavere in base alla sua posizione. Se il cadavere è a faccia in giù, le macchie si formano nelle zone anteriori, se è a faccia in su nelle zone posteriori. Se il decesso è avvenuto da poco, le macchie sono ‘mobili’, cioè tendono a spostarsi anche con una semplice pressione delle dita, a maggior ragione se il corpo viene spostato. Il fenomeno della ‘mobilità’ dura qualche ora, poi le macchie diventano definitivamente fisse”.

Nel passo successivo si legge: “(le ipostasi) distribuite ai distretti corporei superiori, più intense anteriormente al volto e ai declivi della posizione supina”.

Che vuol dire?

C’è una contraddizione. Se le macchie ipostatiche sono sul volto, come possono essere contemporaneamente alle spalle, lato schiena? Evidentemente quando è stato spostato il cadavere, non erano passate tante ore da rendere queste ipostasi fisse”.

Lei esclude che il cadavere abbia subito un ulteriore spostamento? Il “Corriere di Viterbo” del giorno dopo, in contraddizione con quanto sostenuto dalle fonti ufficiali, scrive che il corpo non è stato trovato sul letto, ma per terra vicino al termosifone.

Questo può conciliarsi con quello che c’è scritto nelle relazioni. In ogni caso, l’ipotesi più compatibile è che il cadavere sia stato in posizione prona per diverse ore, e che sia stato girato quando ancora le ipostasi erano migranti”.

Successivamente si legge: “La rigidità cadaverica era risolta”.

Il professore fa un sospiro e dice: “Troppe contraddizioni”. Che spiazzano perfino un docente di Medicina legale con tanti anni di esperienza come lui. Perché? Se da un lato – in base alle relazioni della Ranalletta – troviamo gli elementi per dedurre che il decesso è avvenuto anche oltre le dodici ore precedenti (cadavere freddo, cornee opache, rigidità cadaverica risolta), dall’altro ravvediamo gli elementi per dedurre che Attilio Manca è morto da pochissime ore (le macchie ipostatiche nella parte anteriore e posteriore, il sangue non coagulato, la descrizione del cadavere fatta dalla Polizia).

E però dagli stessi atti emergono dei particolari sconvolgenti. Nei verbali di sopralluogo della Polizia (ore 11 e ore 11,45) si parla di cadavere “fresco” e “rigido”, significando con ciò che la “rigidità cadaverica” non era “risolta”. Un termine tecnico che il prof spiega così: “Il corpo, in seguito alla morte, diventa rigido. Dopo circa dodici ore si risolve, diventa molle”.

Come si concilia il fatto che la Ranalletta, nella sua relazione, scrive che “la rigidità cadaverica era risolta”, mentre la Polizia – diverse ore prima – scrive che il cadavere è “rigido”? E ancora: ci sono altri due elementi anomali da focalizzare: alle 11,45 (quando il cadavere è definito “rigido”) la dottoressa Ranalletta è presente al sopralluogo (almeno secondo quanto scrive la stessa Polizia), ma più tardi il quadro cambia completamente. La Ranalletta, nella sua relazione, non solo smentisce (seppure indirettamente) la versione della Pubblica sicurezza scrivendo di essersi “portata sul posto alle 14” per eseguire l’esame esterno, ma afferma – sempre indirettamente – di aver trovato il cadavere in una situazione diversa da come gli agenti lo avevano descritto la mattina. Il problema è che non sappiamo (non c’è scritto) a che ora è iniziato e a che ora si è concluso l’esame esterno, quindi non sappiamo quali modifiche potrebbero essere sopravvenute nel frattempo nel cadavere di Attilio Manca.

Il cadavere di Attilio Manca come è stato ufficialmente scoperto dalla Polizia

Il cadavere dell'urologo dopo essere stato spostato dalla posizione originaria

Professore, se le ipostasi erano mobili nel momento in cui il cadavere è stato spostato, vuol dire che la vittima aveva cessato di vivere da poco?

Certo”.

E se contemporaneamente la Ranalletta scrive che la rigidità cadaverica era risolta?

Vuol dire che era passato parecchio tempo. La risoluzione della rigidità cadaverica avviene gradualmente nel tempo. Da due a sei ore si ha una rigidità, poi pian piano si comincia a risolvere, diventa molle. Prima gli arti superiori, poi quelli inferiori, quindi tutto il corpo”.

E allora?

Cosa posso dire? Mi sembra un pasticcio”.

Secondo lei ci sono delle anomalie in queste descrizioni?

Tante”.

La Ranalletta scrive di essere giunta sul posto alle 14 per fare l’esame esterno del cadavere. Però alle 11,45, quando la Polizia entra a casa di Attilio Manca, risulta presente.

C’è un falso”.

La sottoscritta si portava sul posto alle ore 14 circa”.

Il Medico legale lo dice in maniera tassativa, esplicita, senza ombra di dubbio”.

La Polizia scrive:“L’anno duemilaquattro, il giorno dodici del mese di febbraio, alle ore 11,45 in Viterbo, sono presenti al sopralluogo i sottoscritti…, il dott. Salvatore Gava, dirigente della Squadra mobile…; dott.ssa Dalila Ranalletta, medico legale”.

Quindi?

Delle due l’una: o la Ranalletta era sul posto alle 11,45 (e allora è falso quello che dice lei stessa), oppure è falso quello che scrive la Polizia”.

Può darsi che la Ranalletta era presente alle 11,45, ma l’esame esterno lo ha fatto alle 14.

Qui c’è scritto: “La sottoscritta giungeva sul posto alle 14”. Non è specificato che, giunta sul posto alle 11,45, ha redatto la relazione due ore e un quarto dopo. C’è aggiunto addirittura: “e ha provveduto a refertare la constatazione del decesso”.

Che gliene pare?

Una cosa assurda, che secondo me potrebbe compromettere la validità di questi atti”.

2^ puntata. Continua