Nelle prossime settimane il Consiglio comunale di Belpasso deciderà se approvare le linee programmatiche del nuovo Piano regolatore formulate dall’Amministrazione Caputo. A tal proposito abbiamo pensato di aprire un dibattito sull’argomento intervistando esponenti della politica e della Società civile, considerato che sul Prg di Belpasso non sono mai mancate le polemiche, legate soprattutto agli interessi delle aree edificabili. Cominciamo questo dibattito con il direttore di questo giornale Luciano Mirone.

Per un comune che vuole puntare sullo sviluppo, sul futuro dei giovani e su una città a misura d’uomo, esiste una “madre di tutte le battaglie” che ha un nome e un cognome: Piano regolatore generale (Prg), prima iniziativa in assoluto che un’Amministrazione lungimirante dovrebbe promuovere per pianificare il futuro della propria città.

Il Prg è come il progetto di una casa, solo che, invece del salotto, del soggiorno e della cucina, esso programma razionalmente (almeno sulla carta) l’uso del territorio e quindi la realizzazione di parchi, di scuole, di abitazioni, di industrie, di impianti sportivi, e di tanto altro.

La buona o la cattiva qualità di un Piano regolatore può determinare una buona o una cattiva qualità della vita di una comunità, a seconda di come viene concepito e gestito, poiché ci sono Piani regolatori che puntano sulla cementificazione e Piani regolatori che puntano sullo sviluppo sostenibile. Nel primo caso si garantisce un benessere parziale, temporaneo e limitato a poche persone, con ricadute negative sul piano economico e sociale man mano che si esaurisce l’onda lunga della saturazione delle aree. Nel secondo si garantisce un benessere duraturo, pulito e globale, poiché quel Prg punta sulla riqualificazione dei centri storici, sulla salvaguardia del paesaggio e su una cementificazione contenuta, quindi su una precisa identità storica e urbanistica, sull’aggregazione dei suoi abitanti, sulla valorizzazione dell’economia, sull’attrazione di un turismo di qualità.

UN PIANO FALLIMENTARE

Il Prg di Belpasso – approvato nel 1993, scaduto nel 2003, e mai revisionato – è uno strumento che, a nostro avviso, si è rivelato fruttuoso per alcune persone, ma fallimentare per la città.

Basta percorrere la circonvallazione per imbattersi in una sorta di gimkana all’altezza del prolungamento della Dodicesima Traversa, con improvviso guard raill frontale e relativo curvone a novanta gradi che obbliga le auto a pericolose e repentine svolte che possono causare incidenti pericolosi, come testimonia quel mazzo di fiori appeso al muro, simbolo di un Piano regolatore che arriva a concepire opere come queste.

Basta vedere certi condomini che dovrebbero dare continuità alla caratteristica “maglia a scacchiera” del centro storico – i tradizionali isolati di cinquanta metri per cinquanta – che invece la stravolgono del tutto poiché i Piani particolareggiati – collegati al Prg – hanno previsto palazzoni con lunghezza che supera i cento metri (cosa denunciata invano dal sottoscritto circa venti anni fa dal giornale belpassese “Liberidea”).

Basta dare un’occhiata allo stesso Prg per vedere come esso prevedeva l’indiscriminata demolizione di ampie porzioni di centro storico (senza uno studio dei manufatti da eliminare), e l’abbattimento di edifici storici come il Palazzo Magrì e il Palazzo Spina (per fare qualche esempio), senza che né il progettista (l’architetto palermitano Francesco Lima e la figlia Daniela), né gli ex amministratori – in testa l’attuale deputato regionale Alfio Papale, che all’epoca, da sindaco e da consigliere comunale, amministrativamente parlando, fu uno dei gestori del Piano – ne spiegassero le ragioni.

Fu all’inizio degli anni Novanta che la Sovrintendenza ai Beni culturali – su sollecitazione del geom. Gianni Russo e del sottoscritto – appose un vincolo di inedificabilità nel centro storico, mettendo fine a uno scempio che fra gli anni Sessanta e Novanta si è rivelato più devastante di un bombardamento aereo.

Basta vedere i quattro piani più mansarda di tanti nuovi edifici, confrontarli con le foto di inizio Novecento e comprendere che – dopo il terremoto che nel 1693 distrusse il vecchio centro di Fenicia Moncada – i progettisti della nuova Belpasso concepirono edifici a pianterreno o a un piano per evitare possibili disastri futuri in una zona ad alto rischio sismico come questa.

Basta vedere il disordine edilizio creatosi nelle zone di espansione o la variante al Prg per la costruzione di Etnapolis, rivelatosi un ulteriore fallimento in quanto concausa di una “desertificazione” del centro abitato soprattutto da parte dei giovani, attratti dai negozi, dai cinema, dai pub, dalle luci fantasmagoriche del centro commerciale, mentre la loro città, in questi anni, non è stata in grado di offrire nulla per la totale mancanza di idee di chi l’ha amministrata.

 

LE RESPONSABILITA’ DELLA POLITICA

Bastano questi pochi esempi per dire che il Piano regolatore di Belpasso del ’93, non solo non ha attratto un solo turista, ma si è rivelato deleterio per gli stessi abitanti perché li ha portati ad allontanarsi dalla loro città, determinando un impoverimento economico della stragrande maggioranza delle attività commerciali, e rivelandosi esattamente il contrario di quello che dovrebbe essere un Piano regolatore.

Mentre comuni come Nicolosi, Pedara, Trecastagni e Zafferana hanno puntato sulla bellezza del territorio e sulla tutela dei loro centri storici e hanno vinto, Belpasso ha puntato sul cemento e ha perso, illudendosi di vincere.

Di chi la colpa? Della politica senza dubbio. Che ha fatto queste scelte miopi e tutt’altro che disinteressate, isolando la propria città da tutto e da tutti e tagliandola fuori dai circuiti turistici e dai circuiti di collegamento viario, con una metropolitana che passerà dalla frazione di Piano Tavola, bypassando Belpasso.

Colpa della politica sì, ma anche dei cittadini che per molti anni l’hanno votata, credendo che il cemento fosse l’unico viatico per creare ricchezza e modernità.

Dopo dodici anni, finalmente, siamo alla “revisione” del Piano regolatore. Certo, è vero che la cosiddetta Società civile ha cominciato a dibattere dell’argomento con un certo ritardo, e di questo deve fare ammenda, ma è anche vero che l’Amministrazione comunale ha pubblicizzato un paio di incontri (solo un paio, quando avrebbero dovuto essere molto di più) in modo discutibile e superficiale. Un dibattito del genere avrebbe necessitato di ben altro coinvolgimento, con inviti recapitati alle singole associazioni, alle scuole, alle categorie professionali, produttive e sindacali, alle varie realtà delle frazioni, eccetera. Il risultato è stato misero: pochi partecipanti, molti cittadini disinformati.

 

LA “REVISIONE” TARGATA CAPUTO

Di concreto c’è che di recente l’Amministrazione comunale ha presentato le linee generali del nuovo strumento urbanistico. Che, secondo quanto si legge, prevede meno cemento, più spazi riservati al verde, più parcheggi, nuove strade di collegamento, e una riproposizione della “maglia a scacchiera”. Ottima scelta. Che appoggiamo “senza se e senza ma”, anche perché, negli anni Novanta, presentammo tali proposte in Consiglio comunale, ma fummo sonoramente bocciati da una maggioranza non molto sensibile a queste tematiche. Dunque appoggeremo questa linea, ma prima vogliamo vedere i fatti.

 

PRIMA I FATTI

Primo, perché l’attuale sindaco Carlo Caputo – nei quindici anni in cui è stato consigliere, assessore e vice sindaco di Alfio Papale – non si è mai segnalato per un’iniziativa pubblica sul Piano regolatore, sulla cementificazione selvaggia, sull’abusivismo edilizio e su tanto altro. Oggi, da sindaco, improvvisamente si sveglia. E ne prendiamo atto. Ma da un esponente istituzionale desidereremmo maggiore propensione al dialogo e minore livore nell’approcciarsi su facebook a chi non sempre la pensa come lui.

Secondo, perché Caputo, non appena insediatosi, ha revocato l’incarico per la revisione del Piano ad uno dei più autorevoli urbanisti italiani, l’architetto Leonardo Urbani, conferendolo all’Ufficio tecnico comunale, malgrado Urbani si sia aggiudicato un regolare bando pubblico istituito dal commissario regionale, dott. Sajeva, insediatosi al Comune dopo le dimissioni da sindaco di Alfio Papale, candidatosi alle regionali (2012). Una decisione che ha lasciato basiti diversi cittadini. Perché Urbani è stato estromesso? Ufficialmente perché, in tempi di vacche magre. “bisogna risparmiare”, come dice il sindaco. I circa 200mila Euro da conferire ad uno dei migliori urbanisti d’Italia, per il primo cittadino, sono troppi. E però non risulta che altri Comuni che si avvalgono di urbanisti di questo calibro, corrispondano parcelle inferiori a questa. Ma l’Ufficio tecnico comunale – al di là delle ottime capacità dei suoi dipendenti – possiede strumenti adeguati per redigere un atto complesso come il Prg? L’Ufficio tecnico comunale non diventerà un luogo di pressione da parte di chi (legittimamente) riterrà di tutelare i propri interessi? Perché 200mila Euro per Urbani sono troppi, e oltre un milione di Euro per un parcheggio di appena 25 posti-auto da realizzare a tutti i costi su un terreno sito nel quartiere di Borrello, vanno bene? Vorremmo porre queste domande al primo cittadino, al quale abbiamo chiesto un’intervista sull’argomento.

Terzo, non si capisce perché da un lato Caputo parli di ridurre il cemento (cosa assolutamente buona e giusta) e dall’altro i suoi consiglieri comunali sdemanializzino un bene storico come la Regia Trazzera per approvare una mega cementificazione in un’area bellissima di contrada Gattaino, dove Caputo e i suoi consiglieri dicono di volere istituire il Parco delle torrette. Vogliamo sapere a che gioco stiamo giocando.

Torretta di Contrada Gattaino

1^ puntata. Continua