Il Sindaco di Belpasso Carlo Caputo ci attacca e scrive ancora su facebook: “Insisto sulla correttezza formale e sostanziale della decisione adottata (dal suo Comune, ndr.) di non costituirsi parte civile nel processo innescato dalle dichiarazioni del Sig. Salvo Fiore nei confronti di 27 componenti del racket dell’usura, e ribadisco come non risultava e non risulta dagli atti di cui l’Amministrazione è in possesso, che i fatti usurari si siano svolti in Belpasso”. E poi: “La circostanza che alcune delle persone coinvolte (due di Piano Tavola e una di Belpasso, ndr.) siano residenti nel comune, è circostanza di per sé non rilevante”. Quindi: “La decisione di non costituirsi parte civile non è certamente una ‘occasione persa’, bensì una decisione di ‘saggia amministrazione’. Spero che la parte ‘saggia’ dei cittadini, abbia condiviso e condivida il mio comportamento di amministratore che non si lancia in avventure giudiziarie”.

Dunque il primo cittadino di Belpasso – dopo essere stato smentito da Salvo Fiore, la persona che con le sue denunce ha fatto arrestare 27 elementi del racket dell’estorsione e dell’usura (collegati col clan Santapaola-Laudani), dopo essere stato smentito dall’avvocato Enzo Guarnera, legale di Fiore, che nei giorni scorsi, tramite un’intervista a questo giornale, ha dichiarato che “il Comune di Belpasso ha perso un’occasione non costituendosi parte civile”, ribadisce: “I fatti non si sono svolti a Belpasso”, quindi l’Amministrazione comunale, non “lanciandosi in avventure giudiziarie”, ha fatto bene ad adottare questa decisione.

Vediamo se è vero attraverso gli atti processuali (oltre 20mila pagine) prodotti dalla dottoressa Giovannella Scaminaci – il Pubblico ministero che ha condotto l’inchiesta – che hanno portato all’arresto e al processo delle 27 persone.

Le carte parlano chiaramente di minacce ricevute da Fiore nella sua casa situata sull’Etna (in territorio di Belpasso), in due bar e in una macelleria di Belpasso, che non citiamo per ragioni di riservatezza.

Un’altra minaccia si sarebbe verificata – secondo la ricostruzione del magistrato – nel cantiere di Fiore di via Trieste, sempre del comune etneo, dove, nel marzo del 2012, il costruttore trova una cartuccia accompagnata da una lettera dal seguente tenore: “Abbessa 60.000 Euro e ti cecchi n’amicu bbonu, oppuru ti sdirrubbamu tuttu cosi e bummi ‘nta facci”.

Luglio 2012, altra missiva anonima, ricevuta nella residenza di Belpasso: “Sì mpezzu di cessu di cristianu. Di tia nni facemu carni di macelleria”.

Agosto 2014, altra lettera sempre a Belpasso: “Abbessa 100.000 Euro e ti cecchi n’amicu bbonu ca t’abbessa a cosa”.

Scrive il Pm: “Fiore Salvatore aveva raccontato della circostanza che Ferlito Francesco Agatino, accompagnato da due soggetti, aveva cercato lo stesso Fiore presso la sua abitazione, e tale fatto aveva preoccupato e messo in allarme il denunciante” (Pag. 99).

Ferlito infatti – secondo la ricostruzione del Pm – dice a Fiore: “Se tieni alla famiglia, la soluzione migliore è quella di accettare la mia proposta”. Ferlito – dice la Scaminaci – ha “l’aggravante di avere agito avvalendosi delle condizioni di assoggettamento e di omertà previste dall’art. 416 bis del Codice penale, con riferimento alla pregressa appartenenza del figlio del Ferlito Agatino, Ferlito Salvatore, ucciso nel 1982 a seguito di un agguato mafioso sulla circonvallazione di Palermo, alla ‘famiglia’ catanese di Cosa nostra” (pag. 103).

Ancora: “Fiore Salvatore riferiva della paura che avevano avuto lui e i suoi familiari nel mese di maggio del 2009, allorquando Ferlito Francesco Agatino si era recato a Belpasso (comune di residenza di Fiore) per cercarlo”.

Segue la dichiarazione di Fiore al Pm: “Il signor Ferlito Agatino con altre due persone si recano presso l’abitazione di mia mamma a Belpasso e chiedono informazioni su di me… Poi io verso le sette di sera accendo il cellulare e gli faccio una chiamata e lui mi dice: ‘Tu devi essere uomo, il cellulare non si stacca, se devi affrontare qualche situazione la devi affrontare tranquillamente. Comunque domani mattina mi sono recato in cantiere e gli ho detto: ‘Come mai questa visita a Belpasso dai miei genitori?’. E lui mi ha detto: ‘No, ero di passaggio e mentre ero là mi sono fatto un giretto… Però io so che tu hai un tuo cognato che è carabiniere e fa servizio a Viagrande e hai anche due nipotini piccoli’. E io gli ho detto: ‘Sì sì, ma tutto questo problema come mai?’, dice: ‘No, ero così, in giro, niente di particolare’. Tutta questa situazione, dottoressa, certo ha scatenato una paura impressionante perché mia moglie non ha fatto uscire più i bambini, ci siamo chiusi a casa, non siamo più, veramente, non siamo più usciti, cioè erano terrorizzati da questa situazione di qua’ (Pag. 105-106).

“Fiore Salvatore – ricostruisce il magistrato – riferiva di avere raggiunto un accordo con De Luca Mario per la cessione di un appartamento ancora da costruire a Catania. Tuttavia, a garanzia di tale operazione immobiliare, Fiore aveva stipulato un preliminare di vendita che prevedeva la cessione di un altro immobile e precisamente quello in suo possesso (ma di proprietà dei genitori) sito a Belpasso” (Pag. 118).

“Quindi Fiore Salvatore riferiva: “Quanto è accaduto mi preoccupa molto perché constato così che queste persone, conoscendo l’abitazione dei miei genitori, cominciano a disturbarli creando serio allarme di sicurezza”.

Un capitolo a parte merita il tentativo di sequestro della figlia di Salvo Fiore (residente a Belpasso), non attuatosi per un errore di persona: “L’indomani mattina ho detto al signor Francesco Agnello: ‘Se tu hai qualche problema, alla mia famiglia non la devi cercare più, perché se tu ci hai un problema con me te la devi prendere, non vai a cercare nessuno, né famiglia, né quello, né quell’altro” (Pag. 143).

“Agnello ha aggiunto con tono ironico che era venuto di proposito presso il mio ufficio di Belpasso… facendomi anche chiaramente intendere che loro mi tengono sotto osservazione e che possono rintracciarmi quando vogliono” (Pag. 146).

“Agnello Francesco alterava il tono di voce rappresentandogli che lo stava facendo rintracciare dai suoi amici, così come testualmente riportato: ‘Maci Luciano lo sta cercando per mare e per terra e lo troverà ovunque lui si trova… In questo momento Maci Luciano si trova a Belpasso e probabilmente ha già rintracciato i familiari di Fiore Salvatore”.

Intercettazione riportata negli atti del Pm fra due imputati:

Santo Condorelli: “C’è uno che gli deve dare 20.000 Euro… come li prendo?”.

Domenico Condorelli: “Vatteli a prendere!”.

Santo Condorelli: “Non me li dà, quello…”.

Domenico Condorelli: “Ma chi è?”.

Santo Condorelli: “E’ uno del paese”

Domenico Condorelli: “Che vuol dire che non te li dà?”.

Santo Condorelli: “Ultimamente c’è andato ‘Mattiddina”.

Domenico Condorelli: “Da questo?”.

Santo Condorelli: “Ora lo hanno arrestato a ‘Mattiddina”.

Domenico Condorelli: “Mattiddina che avanza soldi lì?”.

Santo Condorelli: “No!, ci ha fatto un favore a Franco“.

L’interpretazione della dottoressa Scaminaci è questa: “Fiore abita a Belpasso (nella conversazione è citato come ‘uno del paese”. In questo paese c’è “l’interessamento di ‘Mattiddina’, alias Squillaci Massimo, figlio del noto boss Giuseppe (residente nella frazione belpassese di Piano Tavola) intervenuto per discutere la vicenda relativa al mancato pagamento del debito, come dichiarato da Fiore, per conto di Franco” (Pag. 153).

Gli atti del Pm sono stati accolti dal Gip Francesca Cercone che, accogliendo la costituzione di parte civile dei Comuni di Catania, Sant’Agata li Battiati e Camporotondo Etneo (centri, anche questi, dove Fiore aveva ricevuto minacce, oltre alla costituzione di parte civile di numerose Associazioni antiracket), afferma: “I predetti Enti hanno intrapreso azione civile al fine di ottenere il risarcimento dei danni materiali e morali conseguenti alla perpetrazione dei reati, atteso che essi avrebbero provocato allarme sociale, limitazione della libertà fisica e morale dei cittadini, nonché il libero esercizio delle attività economiche. Essi, inoltre, avrebbero danneggiato il buon nome di detti centri, provocando danno economico conseguente ai mancati investimenti di possibili operatori economici, aggravando lo stato di disoccupazione”.