Ho incontrato i ragazzi dell’associazione “Pensiero libero” di Belpasso, il cui presidente Santi Borzì nei giorni scorsi su facebook ha sentito di fare delle dichiarazioni contro la resistenza, contro i partigiani e a favore del fascismo, che hanno indotto il sottoscritto a non partecipare alle manifestazioni – promosse in primis da quel sodalizio, con il coinvolgimento di associazioni e cittadini di Belpasso – che il 23 maggio si svolgeranno nel centro catanese in occasione del ventesimo anniversario della Strage di Capaci.

A beneficio di chi non sapesse di cosa stiamo parlando, va ricordato che il presidente di “Pensiero libero”, a proposito del 25 Aprile, ha scritto: “Liberazione??? e da cosa? dagli stessi italiani solo che si chiamano fascisti anziché partigiani? Dai tedeschi che giustamente ci hanno invaso perché, come nostro solito, ALL’ITALIANA abbiamo voltato le spalle all’alleato due secondi dopo aver capito che era tutto finito? Dalla dittatura che ha lasciato il posto alla schiavitù… di matrice statunitense? Ma finiamola!!!”.

Le prime righe, tutto sommato, sono frutto di una interpretazione soggettiva della storia, quindi vanno democraticamente rispettate anche da chi non le condivide. Le cose cominciano a non quadrare quando l’autore afferma che i tedeschi ci hanno invaso “giustamente”.

Se il pensiero di Santi si fosse fermato qui, tutto sommato avrei giudicato inopportune le sue affermazioni, ma non avrei preso una posizione così drastica.

Quel che è inaccettabile è il resto della proposizione: “Partigiani d’Italia, trovate altre argomentazioni per risorgere dalle vostre fogne, che per 70 anni avete solo rotto con sta falsa storia della liberazione…”.

Qui la frase finisce dall’essere considerata una “interpretazione soggettiva” ed inizia ad avere i connotati di qualcos’altro che non voglio neanche pronunciare per non colpire un ragazzo di 23 anni, che avrà tempo e modo di riflettere.

Mi sia consentito dire però che con una dichiarazione del genere, l’autore ha offeso in modo ingiusto sia coloro che ci hanno salvati dal tiranno più sanguinario della storia, sia la stessa Storia. Che, secondo l’autore, specie quella della Liberazione, sarebbe “falsa” in quando scritta dai vincitori. Stessa cosa dicasi per la terza e ultima parte della locuzione: “L’Italia fascista è stato e rimarrà l’ultimo momento aureo della storia d’Italia!!!”.

Al cospetto di espressioni del genere, pronunciate per giunta pubblicamente, ho sentito il dovere di intervenire altrettanto pubblicamente per i motivi che ho esposto “de visu” ai giovani di “Pensiero libero”, e che adesso espongo ai lettori, compresi coloro che hanno ritenuto di intervenire.

A telefonarmi, dopo la pubblicazione del mio articolo, è Santi Borzì, che chiede di volermi  parlare. Ci diamo appuntamento al bar Condorelli e discutiamo. Con lui sono presenti due componenti del club: Antonio Marino e Gaspare Bonaccorsi. È stato un incontro franco, civile e appassionato, che spero abbia arricchito tutti.

Santi, in poche parole, ammette l’errore, è pentito del gesto, e chiede scusa. In fondo – dice – si è trattato di una frase scritta su un post. Si mostra un po’risentito per il fatto che io, invece di intervenire pubblicamente, non abbia criticato il suo operato durante una riunione fra le associazioni. Aggiunge – in questo sorretto da Gaspare e da Antonio – che si tratta di una posizione del tutto personale, da non confondere con quella del sodalizio, dove ci sono culture e pensieri del tutto eterogenei. Il fascismo – dice – è una dittatura che appartiene al passato, noi dobbiamo pensare al futuro, e il futuro è la manifestazione su Falcone, che deve rappresentare il punto di partenza di un cammino fra le varie associazioni locali.

Questo in sintesi il suo pensiero. Al quale ho risposto così.

Apprezzo il gesto di ammettere l’errore, di ritenersi pentito, e di chiedere scusa. È un gesto che fa onore alla persona che lo compie, e che apre le porte ad un dialogo schietto fra chi la pensa diversamente.

Però non basta. Santi non ha commesso alcuna scorrettezza personale. In quest’ultimo caso, le scuse e il pentimento sono importanti perché si suggella un’amicizia, nel caso in specie no. Nel nostro caso il valore di riferimento non è l’amicizia ma l’antifascismo, la resistenza e la Costituzione, che coincidono con i principi dell’antimafia e della democrazia, se è vero come è vero che la mafia e il fascismo sono dittature che sopprimono le libertà dell’essere umano. Sarei arrivato alla medesima conclusione se altri avessero inneggiato ai gulag di Stalin o ai genocidi di Pol Pot.

Stare dalla parte dei dittatori – rossi, neri o mafiosi – significa stare dalla parte del torto. Sempre.

Chi parla male dei partigiani che lottarono contro il fascismo e il nazismo è come se parlasse male dei partigiani dei giorni nostri, dei Falcone, dei Borsellino, dei Dalla Chiesa, dei Chinnici, dei La Torre, dei Beppe Alfano, martiri che hanno versato il loro sangue in nome della libertà. Chi parla male della lotta partigiana di ieri si mette fuori dai processi democratici di oggi. E se nessuna associazione o nessun cittadino di Belpasso – tranne i ragazzi di Rifondazione comunista – ritiene di prendere una posizione netta, drastica e inequivocabile su questo argomento, magari aprendo un dibattito pubblico, pazienza, vuol dire che ad uscire da certi processi quantomeno discutibili sarò io (magari in compagnia di poche persone).

Credo che ognuno di noi possieda dentro di sé una linea di demarcazione (che si traduce con la parola decenza), superata la quale deve sentire il dovere di prendere una posizione. Una linea di demarcazione che sia la risultante della propria cultura, dei propri valori, del proprio modo di interpretare i fatti.

Ho appena scritto che se le dichiarazioni di Santi si fossero fermate alle prime righe, avrei giudicato inopportune quelle affermazioni, ma le avrei considerate al di qua di quella linea, e non sarei intervenuto. Come attenuanti avrei messo i suoi 23 anni, la sua cultura (non proprio completa, vista l’età), il suo carattere mite, l’appartenenza a una buona famiglia.

È il resto della frase che ha superato ampiamente quella linea. Ecco perché ho sentito il dovere di uscire allo scoperto, specie alla vigilia di un anniversario carico di significati come quello di Capaci.

A maggior ragione se il protagonista è il presidente di un’associazione, e quindi ricopre una carica pubblica. Egli, seppure in piccolo, è classe dirigente, punto di riferimento di tanti ragazzi anche più giovani che potrebbero seguire certe dottrine assurde senza possedere, forse come lo stesso Santi, gli strumenti adeguati per criticarle. Quelle dottrine, a mio avviso, vanno ritenute pericolose proprio perché enunciate da chi è unanimemente riconosciuto come un “bravo ragazzo”, quindi una persona cui dar credito.

In “rerum natura” l’essere umano si porta dentro certi virus primordiali come il razzismo, la mafia, il totalitarismo e tanto altro, virus che si possono sconfiggere solamente con una medicina: la cultura sana.

È un caso che il virus del fascismo sia penetrato perfino in questi giovani? È il caso di condannare tout court questi ragazzi , se non ci si rende conto che, loro per primi, vanno considerati vittime di un clima culturale?

È dal 1993 – da quando Berlusconi ha preso il potere – che il fascismo è stato “sdoganato” alla grande attraverso un revisionismo storico che nega perfino l’esistenza dei campi di sterminio, che mette sullo stesso piano i partigiani con i repubblichini di Salò, che legittima le figure di Mussolini e di Hitler.

Ma parallelamente anche Cosa nostra è stata sdoganata: ricordate la frase del ministro Lunardi, “Con la mafia bisogna convivere”? Ricordate la demonizzazione dei magistrati antimafia e anti corruzione? E ricordate la solita storiella del prefetto Mori – inviato da Mussolini in Sicilia – che sconfisse la mafia? Al bar, l’altro giorno, mi è stato detto questo. Purtroppo ai giovani la storia viene raccontata solo in parte. Mori fece una repressione durissima della manovalanza di Cosa nostra, quando stava per avvicinarsi ai referenti siciliani del regime fu nominato senatore dal Duce in persona, se ne tornò a Roma e la Mafia (quella vera) continuò a fare il bello e il cattivo tempo.

Perché queste menzogne? Perché senza i voti dei post fascisti del Movimento sociale italiano (poi Alleanza nazionale), della Lega e di Cosa nostra, Berlusconi non sarebbe mai andato al potere e non avrebbe salvato quella Prima Repubblica piena di corruzione e di mafia grazie alla quale è diventato l’imprenditore che “si è fatto da solo”.

Ecco allora che la saldatura tra mafiosi, piduisti (categoria di cui il Cavaliere è degno rappresentante), fascisti, xenofobi, razzisti e corrotti si è compiuta in nome di un potere che non doveva morire. E che non è morto. Basta vedere le leggi eversive votate in Parlamento. Basta vedere com’è ridotta l’Italia di oggi. Basta capire che la devastazione economica del Paese è il frutto della devastazione morale della politica, di cui la destra berlusconiana è stata artefice. Lo hanno capito perfino Fini e Casini che ne hanno preso le distanze.

Anche se non parteciperò alla commemorazione della Strage di Capaci – almeno a Belpasso – l’incontro con Santi, con Antonio e con Gaspare non si è concluso con un addio. “Questa vicenda mi ha segnato parecchio”, ha detto Santi. “Credo che da oggi con la storia, con la cronaca e con i libri avrò un approccio diverso, senza preconcetti ideologici e senza pregiudizi”. Ci siamo stretti la mano, abbiamo fatto un sorriso e ci siamo guardati negli occhi. Il tempo, forse, darà certe risposte.