È morto Ignazio Pagano, uno dei barbieri più famosi d’Italia, non solo per la sua abilità a radere barba e capelli, ma soprattutto per aver prestato, nel 1990, il suo “Salone delle Palme” di Letojanni un paese di mare a un passo da Taormina) a Roberto Benigni per il grande successo cinematografico “Johnny Stecchino” (incasso del 1991: 42 miliardi di vecchie lire).

La locandina di “Johnny Stecchino”
La pellicola si aggiudicò diversi premi: il David di Donatello, il Ciak d’oro, il Nastro d’argento come miglior attore protagonista (Benigni) e come miglior attore non protagonista (Paolo Bonacelli), oltre alla nomination per il miglior sonoro (Remo Ugolinelli), per la migliore fotografia (Giuseppe Lanci) e per la migliore sceneggiatura (Vincenzo Cerami e lo stesso Benigni).
Ignazio Pagano era un uomo mite, aveva 84 anni e faceva questo mestiere da quando ne aveva 9. L’insegna del salone richiama le palme di piazza Francesco Durante, dove il locale è ubicato, mentre l’interno, arredato in stile anni Ottanta, è stato ristrutturato più volte essendo stato fondato dal proprietario Ignazio Pagano nel 1958.
Quel negozio è diventato mitico quando il sosia del boss si rade e a un certo punto si alza e da direttore d’orchestra intona “allo zoo” con i clienti che in coro fanno il verso agli animali. Ma è quando viene pronunciata la fatidica frase (“Ma allura si po’ sapiri cu minchia l’ha fari ‘u tacchinu?”) che la scena raggiunge il suo culmine. Una frase entrata nell’immaginario collettivo assieme alla sala di Ignazio Pagano.
Lo incontrai con l’idea di scrivere un pezzo con il pretesto di una barba, spiegando a Ignazio che avevo l’intenzione di fare un articolo. Non fece una piega, era di poche parole, il suo lavoro era un rito: “Dopo, se vuole, andiamo al bar, ma durante il lavoro preferisco parlar poco. Se vuole può scattare delle foto”.

Il titolare del Salone delle Palme, Ignazio Pagano, morto qualche giorno fa
Accorciò la barba col rasoio elettrico, fece la saponata, intinse il pennello, lo roteò più volte nel piccolo recipiente e lo passò nella faccia, aprì una bustina, estrasse una lametta, la introdusse nel rasoio e infine, con mani vellutate, iniziò la rasatura delle guance stirando la pelle e realizzando un “disegno” con l’arte rara degli esperti maestri barbieri. Poi con la tipica pompetta spruzzò un profumatissimo dopobarba pronunciando la fatidica parola: “Servito”.
“Vado col signore per alcuni minuti al Niny bar”, disse al figlio Fausto impegnato in un taglio di capelli. Finalmente iniziai una conversazione divertente con quest’uomo bassino, ironico e flemmatico, che con poche pennellate descrisse tutto.
A Letojanni trovi anche la bottega di frutta e verdura nella quale “Johnny Stecchino” compra la famosa banana (il filo conduttore della storia), il municipio e il lungomare (nel film non ancora ristrutturato). A qualche chilometro di distanza c’è la stazione liberty di Giardini Naxos, l’autogrill della vicina autostrada; e a una sessantina il Teatro Bellini di Catania: anche queste location con un ruolo importante nel contesto dell’opera cinematografica.

Ignazio Pagano col figlio Fausto mentre lavorano
Ma il Salone delle Palme è un cult, un punto strategico fondamentale del futuro premio Oscar. Sia per quell’insegna piaciuta tanto all’attore toscano, sia per le palme che si intravedono e che danno alla scena la caratterizzazione indispensabile in un film che – seppure in maniera ironica (fatidica la frase: “Il problema più drammatico di Palemmo è il traffico”) – parla di mafia.
Ignazio, come e perché quel salone è diventato famoso? “Per caso”, affermò il proprietario. “Una sera arrivarono dei fotografi che mi chiesero di riprendere l’esterno e l’interno del locale. ‘Domattina viene Roberto Benigni per girare un film’, dissero. ‘Sì vabbè’. Pensai a uno scherzo, ma li lasciai fare”.

Roberto Benigni alias Johnny Stecchino e Nicoletta Braschi in una scena del film
“Quando l’indomani si presentò davvero Benigni con quel popò di attori, di cineprese, di riflettori, di rotaie, di ombrelli e di specchi non credetti ai miei occhi. Con il solito modo scanzonato mi disse: ‘Ignazio andiamo a prendere un caffè’. Mise in subbuglio il salone, la piazza, l’intero paese. Ci prendemmo il caffè e, tra una battuta e l’altra, mi spiegò come avrebbe voluto girare il film. Mi sembrava di vivere in un sogno. Benigni segue sì un canovaccio, ma poi è bravissimo a inventare e contemporaneamente a divertirsi con gli altri”.
Modificarono una parte dell’arredamento, ma lasciarono intatta l’insegna, indispensabile, secondo i gusti del regista, per quei caratteri particolari. “Per girare gli interni fu necessaria una giornata”, seguita il titolare. “Benigni fece ridere tutti”. A Letojanni la troupe stette diversi giorni. Poi andò via.
Ancora oggi – a distanza di quasi trent’anni – il negozio di Ignazio Pagano è testimone di quei momenti: sia per la vetrina dove campeggia la scritta “Il barbiere di Johnny Stecchino”, sia per le foto di scena appese alle pareti che immortalano alcuni di quei momenti: Johnny mentre entra nel salone, Johnny con Maria (alias Nicoletta Braschi), Johnny che dirige il coro.

Ignazio Pagano mentre parla del “Johnny Stecchino” di Benigni
Un ricordo? “Benigni mi aveva scelto come comparsa. Mi ero impegnato molto. Quando uscì il film andai fino a Messina per vederlo. In sala c’erano diversi amici di Letojanni, curiosi di vedere il loro paese, ma anche la mia recitazione. Alla fine restai deluso: avevano tagliato la parte”.

Il barbiere di “Johnny Stecchino” nella finzione cinematografica
Ma le pareti di quel salone “raccontano” anche alcuni momenti importanti della storia di Ignazio: da quando, ancora bambino, fece quella famosa “saponata” fino ad oggi, passando per gli anni della giovinezza, mentre rade la barba e i capelli a tantissime persone.
Eppure fino a un paio di anni fa la vetrina del Salone delle Palme era come era stata concepita nel ’58: libera da qualsiasi forma di pubblicità.
Per Ignazio il film è stato solo un momento della sua vita, bello, ma un episodio.
Solo chi sapeva del film, lo individuava come “il salone di Johnny Stecchino”, gli altri passavano e neanche ci facevano caso. Sembra un fatto insignificante, ma è un modo per comprendere il carattere schivo e modesto di questo signore che parla poco con la bocca, ma tanto col sorriso.
“La svolta – spiega Ignazio – arriva due anni fa, quando mio figlio ha l’idea di cambiare la vetrina. Da quel momento i clienti aumentano, soprattutto i turisti. Non è bellissima?”. Straordinaria.
Luciano Mirone
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