“Assumiamo l’impegno di acquisire quest’area tramite esproprio per realizzare un parco”. Era il 2013 quando il sindaco di Belpasso (Catania) Carlo Caputo promise che nell’area abbandonata della trafficatissima e cementificata via Fiume (che vedete nella foto), nel giro di quattro anni, avrebbe realizzato un parco. Un’idea bellissima in una città con pochissimi spazi a verde. 

Il giovane candidato lombardian-Fratelli d’Italia definì uno “scempio” quella superficie: se avesse vinto le elezioni avrebbe pensato lui stesso a “vincolarla a parco” e ad inserirla nel nuovo Piano regolatore generale (Prg), che, allora, dopo undici anni dalla scadenza, si era preso l’impegno di revisionare.

“Assumiamo l’impegno di acquisire l’area tramite esproprio”, giurò solennemente Caputo nel suo “cronoprogramma”, stabilendo perfino il costo complessivo dell’operazione: 370 mila Euro. Una promessa che, insieme a tante altre dello stesso tenore, portò una fetta consistente della cittadinanza a ritenere di trovarsi di fronte al nuovo “messia” dell’ambientalismo nostrano. E ovviamente a votarlo.

La promessa elettorale fatta dal sindaco di Belpasso (Catania), Carlo Caputo, nel 2013, tratta dal suo Cronoprogramma. Sopra: l’area di via Fiume che il primo cittadino aveva  deciso di destinare a Parco  

Peccato che da allora siano trascorsi quasi dodici anni e non solo il Parco di via Fiume non è stato realizzato, ma su quell’area, oggi, si sta ipotizzando l’ennesima colata di cemento che rappresenterà il definitivo de profundis per il centro storico che cade letteralmente a pezzi (dal Consiglio comunale, però, arriva voce che si sta pensando di continuare a cementificare anche lì).  

Grazie (anche) a quella promessa, Caputo fu eletto sindaco. Dell’impegno assunto con i cittadini si dimenticò subito (perché, signor sindaco? Cosa è accaduto nel frattempo?).

In compenso la sua anima “ambientalista” lo portò, in quegli anni, a promettere un altro Parco, quello delle Torrette (invocato a gran voce da ben ventuno associazioni belpassesi): peccato che l’area dove sarebbe dovuta sorgere quest’altra struttura (lui lo sapeva benissimo, ma agli ignari cittadini continuava a fare mirabolanti promesse) era stata lottizzata alcuni anni prima per costruire un centro commerciale, oltre all’immancabile pugno di condomini a schiera al posto delle torrette, dei fichidindia e dei palmenti.

Lo striscione delle ventuno associazioni che chiedevano (invano) l’istituzione del Parco delle Torrette

Niente Parco di via Fiume e niente Parco delle Torrette. E neanche il Piano regolatore generale, strumento essenziale con il quale il primo cittadino avrebbe potuto programmare le nuove strategie di sviluppo e il riordino della città e del territorio.

(Adesso ci scusi il lettore se, per incardinare questa ennesima “perla” di politica nostrana, ci permettiamo – adesso e in futuro – di essere ripetitivi. Lo stesso lettore è libero di abbandonare la lettura di questo articolo o di continuare, ma raccontare il “contesto” è fondamentale per capire il clima, i personaggi e le mancate occasioni di sviluppo. E poi è bene che qualche amministratore di primo pelo comprenda i passaggi salienti, prima di avventurarsi a fare “precisazioni”).

Il predecessore di Caputo, il commissario regionale Angelo Sajeva, nel 2012, avendo constatato le condizioni precarie di un Ufficio tecnico comunale non in grado di assolvere a un compito assai delicato come la redazione dello strumento urbanistico, aveva predisposto un bando tramite il quale furono aperte le porte ai migliori urbanisti europei. Ad aggiudicarsi la gara – lo abbiamo ripetuto svariate volte, ma è bene ribadirlo per rinfrescare la memoria a qualcuno – fu il professore Leonardo Urbani di Palermo, assieme alla sua equipe di ottimi professionisti.

Per Caputo sarebbe bastato poco per portare a compimento una iniziativa storica: inserire 250 mila Euro in bilancio (tanto era la parcella da corrispondere ad Urbani e al suo staff), creare una struttura di supporto al progettista (in questo caso, sì, l’Ufficio tecnico comunale), affiancare uno staff di tecnici locali per un ulteriore ausilio (creando così un’occasione irripetibile di lavoro), affinché egli si consegnasse alla storia come uno dei migliori sindaci di Belpasso.

Così non è stato. E ce ne rammarichiamo non poco. Pensavamo che con un sindaco di nuova generazione, per giunta folgorato sulla via dell’”ambientalismo”, sarebbe nata una nuova era: fine delle cementificazioni abusive, dei capannoni in zona agricola e delle demolizioni in centro storico, inizio di una città in cui il verde, la cultura, lo sport, il turismo, l’artigianato, l’industria, il commercio, l’Etna, la Piana e i collegamenti con la metropolitana sarebbero stati gli elementi essenziali per la creazione di un nuovo modello di sviluppo.

Niente di tutto questo. Con una caparbietà degna di miglior causa, l’appena eletto Caputo fece piazza pulita del bando, di Urbani e di una concezione “visionaria” dello sviluppo (necessaria dopo i decenni in cui a spadroneggiare era stata la Giunta dei geometri) e si assunse la “gravissima responsabilità” (così fu definita da autorevoli figure locali intervistate da questo giornale) di un doppio capolavoro: conferì l’incarico ad un Ufficio tecnico comunale completamente sprovvisto di mezzi e si prese come consulente il professionista che nel bando si era classificato all’ultimo posto.

Cinque anni surreali. Analisi sugli spazi a verde e sugli incrementi demografici (specie nelle frazioni) assolutamente campate in aria, cui si aggiunse l’inenarrabile quinquennio successivo del suo successore Daniele Motta (stesso partito, stessa strategia caputiana) in cui i consiglieri scappavano quando l’Ordine del giorno del Consiglio prevedeva l’abusivismo in periferia.

Nel frattempo la Regione Sicilia decide di cambiare la legge: non più Prg, ma Pug (Piano urbanistico generale). Palla al centro. Tutto da rifare.

E siamo al presente. Adesso che Caputo è diventato di nuovo sindaco continua con la tiritera della revisione dello strumento urbanistico, che intanto è scaduto da “appena” ventitré anni. Ma a suo modo: crea l’effetto annuncio con tanto di manifesti e di comunicati stampa, fa cadere il silenzio e poi, alla chetichella, insiste col vecchio schema: niente criteri oggettivi come il bando, titolarità ad un Ufficio tecnico sempre più sbandato (intanto sono andati in pensione un paio di funzionari), “supporto” (nella delibera di Giunta c’è scritto proprio così: “supporto”, quindi aiuto, collaborazione) dell’Università di Catania che, per 160 mila Euro, dovrà fornire una consulenza “tecnico scientifica”.

Un’altra immagine dell’area di via Fiume nella quale il sindaco di Belpasso aveva promesso il parco. Dal 2013, la superficie “a verde” si restringe sempre di più e il cemento avanza sempre di più. Adesso c’è l’ipotesi di realizzare altre palazzine per coprire definitivamente quella superficie   

Ma se l’Ufficio tecnico non è in grado di eseguire un compito così complesso (lo hanno scritto perfino gli stessi funzionari), perché Caputo insiste con questo modello? Perché dare tutti questi soldi all’Università se è possibile che il Pug non vedrà mai la luce?

Dopodiché signor sindaco, le chiediamo di spiegare molti passaggi di questa incredibile vicenda ai cittadini e soprattutto al suo assessore all’Urbanistica, il Dott. Ing. Simone Apa, il quale nei giorni scorsi ci ha scritto una garbata lettera cercando di chiarire qualche aspetto della materia, ma tralasciandone tanti altri, troppi, di cui evidentemente lui stesso sconosce le origini, i retroscena e gli sviluppi.

C’è da capirlo: l’assessore è volenteroso ma è ancora molto giovane e certi passaggi gli sfuggono. A maggior ragione se si tiene conto che il Dott. Ing. Simone Apa – sicuramente persona molto preparata – sta facendo la sua fase di “rodaggio” in Giunta, essendo assessore da qualche mese. Il problema è che con il “metodo Caputo” il “rodaggio” costituisce l’inizio e la fine di un’esperienza assessoriale, nel senso che quando un amministratore è pronto per andare speditamente su strada, Caputo lo manda a casa perché nel frattempo ci sono gli altri (che lo hanno votato e lo hanno fatto votare) che scalpitano per prenderne il posto.

In un anno e mezzo, tre assessori si sono occupati di Pug: Distefano, Reitano e Apa. In media, uno ogni sei mesi. E poi dicono che l’Urbanistica sia una cosa seria.

Post scriptum: egregio sindaco, se vuole lasciare una traccia di sé, torni a quella proposta fatta nel 2013: espropri il terreno di via Fiume e faccia il parco. Gliene saranno grati soprattutto i giovani che non hanno punti di riferimento e di ritrovo. Gliene saremo grati tutti. Parallelamente istituisca un bando pubblico per redigere il Pug. Alle prossime elezioni regionali – alle quali dicono che lei si candiderà – molti, compreso il sottoscritto, le daremo il voto. In caso contrario, è bene che tutti ne traggano le dovute considerazioni.

Luciano Mirone