Per ben due anni sono riusciti ad accaparrarsi la gestione di un noto lido del litorale catanese con una serie di condotte truffaldine che nemmeno Arsenio Lupin sarebbe riuscito a congegnare. Protagonisti: Salvatore PISTONE, pregiudicato 62enne di Caltanissetta, Giovanna Maria SALVO, pregiudicata 51enne catanese e Anna Laura COMPARATO, 28enne catanese (queste ultime congiunte a elementi di spicco del clan mafioso dei “CAPPELLO”), ai quali sono stati notificati anche gli avvisi della conclusione delle indagini preliminari per i reati in concorso di “truffa” e “falsità ideologica commessa da Pubblico ufficiale in atti pubblici” (l’ultimo delitto contestato solo alle due donne).

I Carabinieri mentre eseguono il provvedimento deciso dalla magistratura nel noto lido di Catania. Sopra: i militari dell’Arma davanti al cancello dello stabilimento balneare  

Un provvedimento deciso su richiesta della locale Procura della Repubblica ed eseguito dai militari del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Catania con un “Decreto di Sequestro Preventivo” di beni patrimoniali, emesso dall’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale etneo.

Un piano ben architettato e collaudato, con una netta suddivisione dei compiti e dei ruoli, secondo cui nella prima fase della truffa, iniziata nel 2021, l’uomo avrebbe dovuto occuparsi delle trattative iniziali con la società titolare dello stabilimento balneare, il “Miami Lounge Beach Bar”, con l’obiettivo di convincerlo a sottoscrivere a suo favore un contratto d’affitto.

Dai riscontri investigativi sarebbe emerso come PISTONE, fingendosi il legale rappresentante di una società svizzera – realmente esistente ed operante nel Canton Ticino ma che è totalmente all’oscuro dell’intera vicenda – avesse avviato le trattative con il rappresentante della proprietà del lido/ristorante, esibendo nel corso dei numerosi incontri una serie di documenti e deleghe false, mai prodotti o emessi dal gruppo elvetico.

In tale contesto, l’offerta per l’aggiudicazione della gestione dell’attività commerciale sarebbe stata particolarmente “ghiotta”, prevedendo il pagamento di 135 mila Euro l’anno per il primo biennio, 140 mila per il terzo e il quarto anno e 150 mila per il quinto e il sesto.

Nel corso della negoziazione, l’amministratore della società titolare del lido, ben disposto dalla documentazione, ovviamente falsa, che gli era stata fornita, persuadendosi della bontà della proposta, aveva comunque richiesto una “polizza fideiussoria” a garanzia dei futuri pagamenti dei canoni di locazione. Peccato che anche in questo caso, il documento bancario fornito, si sarebbe rivelato falso.

Al termine delle contrattazioni, durate oltre un anno, nel marzo 2022, l’amministratore della società catanese si era quindi deciso a sottoscrivere il contratto e a concedere in affitto il lido, con annesso ristorante. Da questo momento in poi, nella seconda parte della truffa, sarebbero “entrate in gioco” le due donne, inizialmente defilatesi, per occuparsi in concreto della gestione e della promozione dell’attività commerciale, in vista della stagione balneare 2022.

Per pubblicizzare l’apertura del lido, sarebbe infatti stato realizzato anche un sito web, in cui era appunto riportato il numero di telefono della COMPARATO, che avrebbe avuto il compito di organizzare in prima persona le prenotazioni e tenere i contatti in nome e per conto dell’azienda.

I nodi sono venuti al pettine al momento in cui le due donne avrebbero dovuto versare i canoni di locazione pattuiti con la proprietà. La quale, non vedendo un centesimo, si sarebbe decisa di citare in giudizio gli affittuari davanti al Tribunale Civile di Catania, per chiarire la loro posizione di inadempienza.

“Anche in questa circostanza – scrivono i Carabinieri -, a comprova della loro attitudine criminale, le indagate non si sarebbero fatte scrupoli a produrre, durante il processo civile, ulteriori documenti falsi, con lo scopo di indurre in errore anche l’Autorità giudiziaria, portandola a ritenere che la situazione economica della loro società fosse ben solida e che, pertanto, le due fossero in possesso di fondi bancari necessari per estinguere il debito”.

Le complesse indagini portate avanti dai Carabinieri specializzati della Sezione Misure di Prevenzione e Criminalità Economica del Nucleo Investigativo di Catania, hanno passato al setaccio la completa  e complessa situazione economica degli indagati, analizzando migliaia di pagine e documenti riguardanti movimentazioni bancarie, conti correnti, contatti con fornitori, arrivando alla conclusione che l’attività commerciale fosse stata da loro illecitamente acquisita.

“Il sequestro di oggi – scrivono i Carabinieri, che si sono avvalsi di efficaci tecniche investigative – rappresenta il culmine di investigazioni tanto delicate quanto complesse, mediante le quali è stato possibile far luce sulla gestione di un’attività commerciale illecitamente acquisita e gestita, del valore di circa 3 milioni di euro che, a seguito del provvedimento, è stata affidata in custodia giudiziaria all’amministratore individuato dal Tribunale”.

Redazione