Il 28 marzo 1983 dopo una violenta crisi sismica (circa trecento scosse), sull’Etna si aprì una fenditura di oltre due chilometri sul versante meridionale, a quota 2600, giungendo fino a quota 2400 da dove la lava sgorgava da numerose bocche.

Il fenomeno eruttivo durò 131 giorni, furono emessi oltre 80 milioni di metri cubi di lava e l’attività si concluse il 6 agosto 1983. Furono distrutti casolari, frutteti, strutture turistico-ricettive, la casa cantoniera e la colata lavica tagliò anche la strada provinciale Nicolosi-Etna. Forti le preoccupazioni nei centri abitati di Nicolosi, Belpasso e Ragalna.

Quest’eruzione viene ricordata per il primo intervento al mondo di deviazione artificiale del flusso lavico autorizzato dallo Stato. Il progetto di intervento fu realizzato dalla Commissione “ Grandi Rischi “, di cui faceva parte il vulcanologo Franco Barberi e fu approvato dalla Regione Siciliana, dalla Provincia Regionale di Catania, dalle Amministrazioni Comunali di Nicolosi, Belpasso e Paternò.

Il placet per la deviazione artificiale fu dato dal Ministro del Coordinamento della Protezione Civile On. Loris Fortuna. L’intervento consisteva sostanzialmente in due operazioni: l’apertura di varchi, lungo l’argine naturale occidentale della lava in prossimità delle bocche eruttive, mediante l’uso di esplosivi, e la costruzione di barriere e canali artificiali in modo da costringere il flusso a defluire verso la valle prospiciente il Monte Castellazzo, quota 2150 m.

Il Governo intervenne stanziando oltre sette miliardi delle vecchie lire per realizzare le operazioni di deviazione della colata lavica. Molti ricercatori, giornalisti, studiosi e vulcanologi di tutto il mondo vennero sull’Etna per seguire l’evento. Fra questi il famoso vulcanologo francese Haroun Tazieff, all’epoca Alto Commissario della Protezione Civile in Francia.  

L’ esperimento fu eseguito alle 4,09 del 14 maggio 1983. Autori dell’intervento furono Rigamonti, Barberi, Bartoletti, Villari,  Aberstein e Giorgetti.  

Il vulcanologo Mario Cosentino. Sopra: la lava del 1983 mentre distrugge un ristorante sull’Etna (foto di Pippo Scarpinati, tratta da Sotto il Vulcano  

Abbiamo rivolto alcune domande al Prof. Mario Cosentino, uno dei protagonisti dell’Emergenza Etna 1983. Cosentino, oggi in pensione, è stato docente universitario di Geofisica applicata presso il Dipartimento di Scienze Geologiche di Catania. Sismologo e vulcanologo, ha ricoperto il ruolo di Responsabile delle Rete sismica dell’Istituto Scienze della Terra dell’Università di Catania.

Quali furono i passaggi più rilevanti dell’Emergenza Etna del 1983?

“Ci furono parecchie discussioni sull’eventuale deviazione della colata lavica. Alla fine il Dipartimento della Protezione Civile e il Governo autorizzarono l’intervento. Furono realizzate delle barriere e un canale artificiale in cui doveva convergere il flusso lavico. Ciò comportò l’utilizzo di cariche esplosive nella parete dell’argine naturale della lava che provocò il raffreddamento della colata da 900 a 500 gradi“.

Per la comunità scientifica l’esperimento fu un successo?

“Fu un successo dal punto di vista tecnico, perché ci fece capire che in futuro si poteva intervenire con maggiore efficacia”.

Dieci anni dopo (marzo 1993) si concluse il fenomeno eruttivo più importante del ventesimo secolo, sia per la durata che per la quantità di flusso lavico emesso. Un evento che ebbe inizio il 14 dicembre 1991 e minacciò l’abitato di Zafferana Etnea. Ci sono analogie con l’eruzione del 1983?

“Dal punto di vista vulcanologico fu un’eruzione laterale. Ci fu l’intervento degli elicotteri americani che dovevano buttare grossi blocchi cemento sulla lava per farla deviare dalla direzione che portava a Zafferana. Anche quest’eruzione fu oggetto di discussione sull’eventualità di attuare operazioni di deviazione. Alla fine il Ministro per il Coordinamento della Protezione Civile autorizzò l’esperimento di deviazione “.

In futuro si potrebbero verificare delle eruzioni laterali a bassa quota?

“ Ancora oggi non si può prevedere un fenomeno del genere, ma neanche si può escludere“.

I recenti terremoti che hanno sconvolto la Turchia e la Siria ripropongono lo stesso problema: il rischio sismico. Come affrontarlo in Italia? Come affrontare un’eventuale emergenza e soprattutto è fondamentale rispettare le normative antisismiche del patrimonio edilizio?

“ E’ fondamentale rispettare le leggi antisismiche. Dobbiamo trovarci in condizione di difenderci dai terremoti e per fare questo è necessario che gli edifici vengano costruiti rispettando le normative  vigenti”.

Com’è nata la sua passione come ricercatore e contestualmente il suo amore per la “Montagna“?

“ Il merito è di mio nonno materno (di origine toscana) che fin da piccolo mi portava sempre in montagna. Aveva una grande passione per la natura che è riuscito a trasmettermi. Trascorrevo i weekend con i miei amici in certe località bellissime. La montagna dà un senso di libertà”.

Giuseppe Russo