“La memoria e l’impegno” è la mostra “di documenti, di materiali, di iniziative, di proposte, di forme espressive” del Comitato dei lenzuoli, che si svolgerà a Palermo presso i Cantieri culturali della Zisa dal 23 giugno al 23 luglio 2022, a 30 anni dalla strage di Capaci e di via D’Amelio. Organizzato dall’Istituto Gramsci siciliano, la mostra è curata da Caterina Cammarata, Marinella Fiume, Enza Sgrò e Giuseppe Giordano. Questa la presentazione di Marinella Fiume.
Trent’anni. Quanto tempo! E quanti protagonisti non hanno avuto il tempo di invecchiare e “riposano sulla collina” insieme a loro, ai magistrati e agli agenti delle scorte, una Spoon River. Da allora tanti colpi sono stati assestati alla mafia, una vittoria anche della società civile, e se alcuni protagonisti di quegli anni non ci sono più, l’utopia si è rivelata vincente. “Non li avete uccisi… le loro idee camminano sulle nostre gambe” e, di gambe in gambe, resistono alla morte e giungono ancora a noi.
Non c’è più Marta, la sociologa palermitana figlia dei giornalisti Marcello Cimino e Giuliana Saladino, dalla cui reazione d’impulso alla notizia della strage di Capaci nasceva l’idea dei lenzuoli contro la mafia. Atto estremo di ribellione all’efferata strage ma anche allo scempio fatto ai sentimenti della figlia adolescente e al senso di impotenza che immobilizza e ammutolisce.
Fu da un nostro incontro di quei giorni che maturò l’idea di dar vita, insieme ad altri volontari, a una sezione interprovinciale Catania-Messina del Comitato dei lenzuoli. E in questa terra di confine della costa jonica-etnea, nei pressi del fiume Alcantara, nasceva il 23 luglio 1992.
Solo da pochi anni in questa parte della Sicilia si cominciava ad avvertire la consapevolezza che la mafia non fosse solo un fenomeno palermitano, mentre ancora la stampa locale costruiva e reclamizzava il cliché di una Catania “Milano del Sud”, sede di un’imprenditoria sana e moderna, di una Messina “provincia babba” come Siracusa, ossia fessa, imbelle, in contrapposizione alla braveria mafiosa dei palermitani.
Neanche l’assassinio di Giuseppe Fava svegliava le coscienze dei Catanesi. E anche dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio permanevano larghe zone d’ombra nelle quali la cultura dell’indifferenza conviveva con quella dell’illegalità e della corruzione.
Solo più tardi si sarebbe capito che il “modello Santapaola” era la nuova frontiera della mafia, il modello catanese di una mafia che alle stragi preferiva l’azione sottotraccia, che si mimetizzava nell’economia e nella politica, attraverso la strategia dell’inabissamento e delle collusioni.
Il Comitato vedeva la partecipazione di docenti, studenti, professionisti, gente comune, molte donne, tanti giovani delle due province confinanti, senza una struttura organizzata e con manifestazioni spontanee nelle piazze. L’obiettivo era quello di sottrarre la politica ai mestieranti e restituirla nelle mani di soggetti giovani o comunque nuovi, rifiutando la delega, creare una cultura della responsabilità individuale, della partecipazione, dell’impegno civile, contro l’incultura del silenzio, la barbarie della violenza, testimoniando la carica utopica che resisteva in noi malgrado le disillusioni, con la ferma fiducia che cambiare si poteva.
Da subito, da noi, da qui. Così il lenzuolo diventava il simbolo di una nuova resistenza. Appendere un lenzuolo alla finestra con una scritta qualsiasi contro la mafia o anche solo con la scritta PER NON DIMENTICARE significava far sapere a tutti che eravamo contro la mafia, dare un segnale.
Ogni mese, dal 19 al 23, le date delle stragi, ma poi in realtà ogni volta che si poteva organizzare in una piazza qualunque. Il programma minimo, stampato in migliaia di copie, era costituito dai “Nove consigli scomodi al cittadino che vuole combattere la mafia”, distribuito in modo capillare.
Non c’è più Anna Ruggieri, l’avvocata che si rifiutava di difendere i mafiosi e gli stupratori ma difendeva gratis le donne violentate, la più attiva nel comitato a Catania, che si commosse nel vedere una sua zia di 85 anni, già presidentessa dell’Azione cattolica, appendere un lenzuolo al balcone e commentare: “Non mi interessa se si chiama mafia o rottura di collo. Io il lenzuolo contro questi delinquenti che ci hanno tolto l’aria lo appendo. Lo devono sapere tutti che su di me non possono contare. E per appenderlo non ho bisogno di chiedere il permesso a nessuno!”.
Non c’è più Angelo D’Arrigo, campione mondiale di deltaplano e volo libero, scomparso tragicamente, per ironia della sorte, in un volo banale nei cieli di Comiso, che dal campo volo di Fiumefreddo di Sicilia si alzava con la scritta sulle ali MAFIA NOI NO! “Una sfida contro la limitatezza impostaci dalla natura – diceva – e contro quella che per la sua inesorabilità, tenacia e durata sembra quasi una calamità naturale, la mafia. Non credo che così possiamo liberarci dai mafiosi, ma credo che possiamo contribuire a creare modelli alternativi per i giovani, il che limita il terreno occupato dalla mafia e, isolandola, ne impedisce la diffusione”.
Sono andati tutti a lavorare altrove, molti all’estero, i ragazzi del Liceo scientifico di Giarre che piantarono il carrubo nel cortile della scuola e misero in scena uno spettacolo teatrale, mentre i lenzuoli venivano appesi ai balconi dell’Istituto tecnico per il Commercio “Olivetti” e del Liceo classico.
Marinella Fiume
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