Centodieci anni di dolcezze. Centodieci anni di storia. Centodieci anni di Condorelli. Una realtà minima eppure grande. Minima rispetto alle cose che leggiamo nei libri di scuola. Grande rispetto alla comunità che ospita l’omonima industria dolciaria, Belpasso, Catania, Sicilia, sia per le persone che vi lavorano, sia per l’immagine “dolce” esportata in tutto il mondo, sia per le innovazioni che Francesco Condorelli ha apportato alla pasticceria della sua Terra, che non hanno mai snaturato la tradizione, ma che, anzi, ne hanno esaltato l’identità.

Ieri, 31 Marzo 2022, il “Cavaliere” (così definito da tutti, come il figlio Giuseppe, per il prestigioso e meritatissimo riconoscimento di Cavaliere del Lavoro rilasciato ad entrambi, ieri come oggi, dal Presidente della Repubblica) ha compiuto centodieci anni.

Giuseppe Condorelli, anche lui Cavaliere del Lavoro, che ha preso in mano il timone dell’azienda dopo la scomparsa del padre

Da quasi un ventennio (2003) Francesco Condorelli è passato a miglior vita (aveva 91 anni), ma il fatto stupefacente è che la sua figura continua ad essere presente, come se lui fosse ancora fra noi.

Spiegarne i motivi è difficile: forse perché il “Cavaliere” impersona straordinariamente il sogno di chi – con pochissimi mezzi – ce l’ha fatta, specie in tempi in cui la fame si tagliava col coltello e per giunta in una regione piena di ostacoli come la Sicilia; forse perché la “Condorelli” continua ad essere “ambasciatrice di sicilianità in tutto il mondo”, o forse perché la fatidica frase “Cavalier Condorelli… è un vero piacere” dei mitici spot interpretati da Leo Gullotta, sono entrati nel lessico comune; o infine perché (forse) certe prelibatezze come il torroncino, il latte di mandorla, le paste di mandorla vengono associate indissolubilmente a lui.

Francesco Condorelli con Leo Gullotta. Sopra: il Cavaliere durante una manifestazione

Ma la figura di Condorelli resta indelebile ancor oggi per la generosità e l’umanità che questo uomo d’altri tempi ha sempre dimostrato nei confronti della sua gente. “Era un burbero, ma con una bontà d’animo ineguagliabile. A volte si arrabbiava, ma cercava sempre di riprendere il filo dell’altruismo con i suoi dipendenti e con le persone comuni”, dice chi ha lavorato per tanti anni con lui.

L’ho conosciuto alla metà degli anni Ottanta (quando nel mio libro “Un paese”, Francesco Condorelli fu inserito nel capitolo degli uomini più illustri di Belpasso, assieme a Martoglio, a Russo Giusti, a Sambataro, a Pippo Caruso, a Martinez e a Lucio Sciacca). Da allora, malgrado la notevole differenza d’età, siamo diventati amici, anche se lui – con i suoi principi “ottocenteschi” – usava sempre il “lei”. “Ma Cavaliere, sono un ragazzo, mi dia del tu”. “Sono stato educato con dei principi all’antica”.

Quando andavo a trovarlo in azienda era una festa. Si parlava di tutto, specie di politica, di economia e di cultura (Condorelli aveva una raffinatissima sensibilità culturale). Aveva un tono indignato quando il discorso era incentrato sulla corruzione della Prima Repubblica, quando il discorso si spostava su Belpasso l’indignazione aumentava: “E’ un paese bellissimo, ma non riesce a crescere: non sa esprimere una classe politica all’altezza delle sue enormi potenzialità”. Eppure le confezioni dei suoi prodotti, lui, le ha sempre caratterizzate col simbolo del suo paese, l’Araba fenice, di cui andava fiero.

Condorelli da giovane alla Villa Bellini di Catania

Si addolciva quando i discorsi scivolavano sulle cose e sui personaggi di un tempo, a cominciare dai  sui genitori, di cui nel suo ufficio campeggiavano (e campeggiano) i ritratti fotografici, oppure su Giuseppe Sambataro (suo coetaneo), indimenticato “professore di Sicilia” per i libri scritti sul Settecento, sull’Ottocento e sul Novecento belpassese. Quando si parlava di teatro gli si ravvivavano gli occhi.

Ma c’è un altro elemento che bisogna considerare per comprendere perché il “Cavaliere” non viene dimenticato. L’onestà. L’onestà di chi dà al lavoro un’importanza religiosa.

Vorrei raccontare un episodio di cui – assieme all’amico Francesco Mirone – sono testimone. Da pochi giorni era stato ucciso Giovanni Falcone. L’Italia era sconvolta per quella strage che aveva fatto a pezzi il magistrato, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta.

Volevamo organizzare una manifestazione per parlare dell’eccidio di Capaci, ma anche per denunciare le collusioni, i rapporti fra mafia e P2, i morti ammazzati di cui Nitto Santapaola e Giuseppe Pulvirenti ‘u Mappassotu erano mandanti ed esecutori, ma ahinoi, non avevamo manco una lira.

E allora andammo da Condorelli. “Cavaliere, stiamo cercando di fare un dibattito con Ayala, con Galasso e con Claudio Fava, siamo squattrinati, ci aiuta?”.

La locandina che pubblicizza l’evento in onore del Cav. Francesco Condorelli

“In cosa posso esservi utile?”.

“Possiamo usufruire dei Grandi Saloni?”.

“A disposizione”.

“E però Cavaliere, ci sarebbe un altro problema: dovremmo stampare i manifesti”.

Aprì il portafogli, prese trecento mila lire e li mise sul tavolo. Non disse nulla. Auguri, Cavaliere.

Luciano Mirone

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Post scriptum: domani, Sabato 2 Aprile 2022, alle 18, presso il Club Progressista di Belpasso (Catania), il Cavaliere Francesco Condorelli sarà ricordato con una serata speciale organizzata dalla Fondazione Condorelli e dal sodalizio ospitante. Il figlio Giuseppe ne ricorderà la figura conversando con chi scrive. Interverranno il presidente della Regione Nello Musumeci, gli attori Tuccio Musumeci e Leo Gullotta (quest’ultimo con un video realizzato per l’occasione), l’editore Giuseppe Maimone e tanti altri ospiti che daranno la loro testimonianza. Letture a cura di Agata Longo, video di Pippo Vitaliti, service di Salvatore Nicoloso, riprese in diretta Streaming di Videobank, registrazioni del gruppo Rmb. Alla fine, mega torta offerta dalla pasticceria Condorelli.