Si prevedono “importanti novità” sulla colata di cemento che si sta scaricando nella zona B del Parco dell’Etna (alle pendici di monte San Leo, a 1000 metri di altezza, al confine fra i territori di Belpasso e Nicolosi, nella competenza di quest’ultimo comune), dove certe edificazioni sono severamente proibite.

Come si ricorderà, fu questo giornale – lo scorso 27 novembre – a denunciare pubblicamente il fatto, dopo una serie di segnalazioni pervenute da parte di cittadini, e un esposto presentato dal Circolo etneo di Legambiente, che chiedeva agli organi competenti un “tempestivo intervento”.

“Importanti novità” che L’Informazione apprende oggi da fonti autorevoli, che giornalisticamente anticipa ma che preferisce non svelare, in attesa dell’ufficialità (a meno di eventuali “sorprese” dell’ultimo minuto) e delle “carte” che dovrebbero chiarire diverse circostanze.

Quel che sappiamo è che in questi mesi – sopratutto dopo l’istanza di Legambiente – parecchie cose si sarebbero mosse al Comune di Nicolosi (Catania), alla Sovrintendenza ai Beni culturali e ambientali e alla Regione Sicilia da cui dipende l’ente Parco dell’Etna (che nel 2017 rilasciò l’autorizzazione ad edificare), cui l’esposto “circa possibili azioni illecite compiute in relazione ad opere edili in corso”, è stato inoltrato.

Un documento, quello di Legambiente, nel quale si parla di un territorio “sottoposto a plurimi vincoli ambientali e paesaggistici”, e dove si chiede “agli Uffici in indirizzo” di fare la propria parte in base alle relative competenze.

Cosa? Al Comune di Nicolosi “si chiede di conoscere lo stato del procedimento unitamente all’intero iter seguito dai richiedenti le opere, attraverso regolare accesso agli atti effettuato ai sensi della L. n. 241/90, per il quale il presente atto rappresenta formale istanza”.

“Agli uffici della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Catania, competente per territorio, nonché agli uffici del Dipartimento Ambiente presso l’Assessorato Regionale al Territorio ed Ambiente, se siano a conoscenza – ciascuno in relazione alle proprie specifiche competenze ed attribuzioni – di istanze di autorizzazione ad effettuare opere edili di qualsivoglia tipologia in Comune di Nicolosi, incrocio SP120 con SP92, e comunque in relazione al rilascio di pareri di conformità, nulla osta o altri atti endoprocedimentali di cui i Vostri spettabili uffici siano venuti a conoscenza”.

Sì, perché secondo quel che si legge nel documento, “risulta alla scrivente associazione, a seguito di verifica sui luoghi ed a fronte dell’apposizione di un cartello posto sul luogo che indica l’inizio dei lavori di cui all’oggetto, che l’iter di autorizzazione sarebbe stato presentato agli uffici del Comune di Nicolosi”, da una ditta dello stesso comune, “che risulterebbe essere proprietaria per 1/8 dell’immobile oggetto dell’intervento”.

“Gli operai addetti – è scritto nell’esposto – hanno recintato una porzione di terreno al fine di avviare un cantiere che, allo stato, prevedrebbe ‘manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo’ relativo ad un vecchio rudere esistente in loco”.

“Alla scrivente associazione – seguita l’esposto – risulta che detto rudere sia stato adibito, in passato, a locale deposito (un magazzino in pietra lavica impiegato anticamente dai contadini per tenere al fresco la frutta raccolta sull’Etna, ndr.) che mai sia stato catastato come civile abitazione”.

Nei passi successivi Legambiente chiede alle autorità competenti “se detto immobile abbia subito di recente una conversione presso il catasto immobili del comune di Nicolosi, per destinarne l’utilizzo ad usi diversi da quelli originari e consentiti”.

Questo perché c’è il “forte timore di modifiche strutturali permanenti relative alla struttura nonché all’intera area, nonché a mutamenti paesaggistici e modificazioni di carattere ambientale, stante la necessità di riadattare a differenti usi un immobile di questo genere (solo a titolo esemplificativo, scavi, aperture non autorizzate di strade carraie, pozze per il trattamento liquami, etc.)”.

In poche parole, l’associazione ambientalista paventa il rischio di un “precedente” che potrebbe aprire le porte ad una cementificazione indiscriminata in una zona del Parco nella quale lo Statuto dell’ente prevede la totale inedificabilità. E chiede “agli organi di controllo citati in indirizzo e alle Forze di Polizia, con specifico riferimento alle proprie differenti competenze ed attribuzioni, di volere operare”.

Nella foto: l’edificio che si sta realizzando nel parco dell’Etna. Sulla destra si intravede l’inizio della dorsale di monte San Leo

L2ciano Mirone