Carlo Caputo è presidente del Parco dell’Etna dal giugno 2020. Cosa dice della colata di cemento che stanno scaricando all’interno del Parco, a quota 1000, nel territorio di Nicolosi?

“Un obbrobrio. Ho richiesto le carte. Non mi ero espresso prima e non lo posso fare oggi, perché devo leggere le autorizzazioni che risalgono al 2017, tre anni prima che io diventassi presidente del Parco, quindi aspetto di capire per dare un giudizio ed eventualmente agire in autotutela per prendere dei provvedimenti”.

Quindi si tratta di un placet risalente a quattro anni fa?

“Mi hanno detto che l’autorizzazione è stata rilasciata nel 2017, ma dobbiamo tener presente che un progetto non parte un mese prima: bisogna vedere quando è stato presentato, quanto è durata l’istruttoria, che tipo di istruttoria è stata svolta. Per capire se è stata fatta una forzatura, bisogna vedere se le norme sono state interpretate in maniera estensiva o meno”.

Come mai non ha ancora preso visione delle carte, mentre la struttura è già in stato avanzato?

“Le ho richieste ufficialmente come fa un comune cittadino”.

Scusi, ma questo fascicolo non avrebbe potuto vederlo prima per intervenire tempestivamente?

“No. Io ho visto nascere il ‘fungo’, come qualsiasi cittadino”.

Vuole dire di essere stato messo di fronte al fatto compiuto?

“Certo. Ho visto i pilastri alzati. Prima non ho visto niente”.

Qual è la sua sensazione nei confronti della struttura?

“Trovo obbrobriosa quella colata di cemento in quel luogo. Bisogna andare a capire che diritti aveva il privato (se ne aveva) di costruire il quel dato posto”.

Secondo lei si è creato un precedente per altre persone che vogliono fare analoghe costruzioni?

“Penso proprio di no. Sto molto attento alle questioni di carattere edilizio. E Il direttore del Parco, l’ingegnere Giuseppe Di Paola, è molto più attento di me. Anche perché i precedenti si devono verificare su basi che già ci sono. Ecco perché voglio verificare quello di cui stiamo parlando”.

Cosa vuole verificare?

“I proprietari dell’area devono aver dimostrato che prima della nascita del Parco (1987) ci sia stato un edificio (un antico magazzino di origine contadina per il deposito della frutta, ndr.) di quella volumetria in quel luogo. Quindi ci devono essere delle foto che dimostrino questo diritto che va comparato con le leggi che regolamentano il Parco. A me sembra strano che in quella zona ci sia stato un deposito con quella volumetria. Un deposito, secondo me, è fatto di una (o di due stanze) e un bagno. Ma se il deposito serve a celare altro, potrebbe esserci qualcosa di strano interpretato male”.

Cosa pensa del disegno di legge – poi bocciato – presentato dai deputati regionali Bulla e Zitelli (che fanno parte della sua stessa coalizione di centrodestra; il secondo addirittura del suo stesso movimento, Diventerà bellissima) di ampliare certe possibilità di edificazione all’interno del Parco, considerato “imbalsamato” da entrambi di parlamentari siciliani a causa dell’attuale regolamento dell’ente?

“Il disegno di legge raccoglieva le istanze del territorio, che riguardano le autorizzazioni di cui abbiamo appena parlato: alcuni pensano che il Parco abbia ‘mummificato’ un’area: io ogni giorno mi ritrovo con dei cittadini che vengono spesso esasperati per farsi approvare una semplice ristrutturazione o manutenzione straordinaria. In realtà, le regole del Parco sono molto ferree”.

Questo significa che sono sbagliate?

“No. Però non trovano consenso in larga parte della popolazione. Affermare il contrario mi sembra azzardato. Il disegno di legge nasce per mitigare gli effetti rigidi del Parco. Quello che mi sento di sposare di quel disegno di legge è di sottrarre la costruzione degli edifici nelle zone D (quelle del pre parco, le più basse) all’autorizzazione dello stesso ente”

Da chi dovrebbero essere autorizzate?

“Dagli uffici tecnici dei Comuni”.

C’è qualcos’altro che non condivide del regolamento dell’ente Parco?

“Il paradosso di non potere costruire con il legno o con delle strutture bio edilizie: la norma in proposito dice che all’interno del Parco si può costruire rispettando il patrimonio edilizio esistente e storico. Non ha senso imporre alla gente di costruire come 100 anni fa”.

Qual è il bilancio di questo anno e mezzo di presidenza?

“Mi trovo con un Parco che secondo me non ha più ragione di esistere così come è stato istituito. Il Parco ha soltanto poteri di pianificazione e di rilascio di autorizzazioni. Non ha poteri di gestione, di vigilanza e di sorveglianza. La legge impone questo servizio ai Comuni, che non sempre riescono ad adempiere a un compito così complesso. Io penserei a una governance più efficiente”.

Nella foto: Carlo Caputo, presidente del Parco dell’Etna

Luciano Mirone