Dopo la marcia dei tanti siciliani che ieri, domenica 12 settembre 2021 – per iniziativa del Club alpino italiano, e qualche mese fa per iniziativa della rete delle associazioni Salviamo i boschi –, hanno attraversato i luoghi dell’isola devastati dagli incendi, c’è la sensazione che non tutto sarà come prima.

Il paesaggio etneo fotografato durante l’escursione del Cai per protestare contro il terrorismo degli incendi in Sicilia. Sopra: Il gruppo del Club alpino italiano in una foto di gruppo (tutte le foto sono di Maristella Longhitano) 

Ci saranno altri roghi, altre ferite alla natura, certamente, ma in un contesto sociale differente, nuovo, non più indifferente e rassegnato, ma più indignato, più maturo, più moderno. Di questo siamo certi.

Uno scorcio di paesaggio etneo devastato da un incendio

In Sicilia tanti cittadini finalmente prendono coscienza, capiscono che questi incendi sono da collegare con l’effetto serra, col surriscaldamento della terra, con lo scioglimento dei ghiacciai, con la distruzione della foresta amazzonica e di tante altre bellissime foreste che coprono il globo. E si mobilitano perché comprendono che devono dare il proprio contributo affinché il pianeta non venga distrutto.

Un momento dell’escursione. Nel frattempo, in altre parti della Sicilia, tanti altri soci e simpatizzanti del Cai erano in marcia contro gli incendi

C’è la presa di coscienza di un popolo che scende in piazza, vuole incontrare le istituzioni (finora  assenti, sia a livello statale che regionale), avanza proposte, si rende conto che le fiamme che solo quest’estate hanno distrutto 80mila ettari di Sicilia (fra boschi e superficie coltivata) non sono fenomeni isolati, ma veri e propri attacchi terroristici perpetrati per abietti motivi economici su cui le istituzioni sono chiamate ad intervenire, sia con azioni di prevenzione che non azioni di repressione.

Una grotta dell’Etna formatasi nei secoli durante un’eruzione

Una famiglia che partecipa all’escursione del Cai contro gli incendi

Quello che la politica ha fatto finora – pochi Canadair che arrivano quando ormai è tutto distrutto – è del tutto insufficiente per arginare un fenomeno così vasto e articolato. Ci vuole ben altro. Che in tempi non sospetti è stato proposto dalle associazioni ambientaliste al Governo regionale, con risultati – stando all’indignazione che trapela dai comunicati stampa – davvero miseri.

E diciamo che l’idea del Governo Draghi di nominare il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, come commissario straordinario per un’emergenza che né lui né la sua Giunta sono riusciti a fronteggiare nel modo più adeguato, non ci è sembrata brillantissima. Specie se pensiamo che a coronamento di tutto ciò, Palermo ha tirato fuori dal cilindro la geniale trovata di delegare i cacciatori per la vigilanza contro i piromani.

Dalle associazioni ambientaliste emerge un progetto interessante che possiamo riassumere in questi punti: nuove leggi finalizzate ad inasprire le pene per gli incendiari con certezza assoluta della pena; una gestione efficiente dell’ambiente, sia come rigenerazione che come vigilanza da assegnare ai Carabinieri forestali; indagini a 360 gradi per prevenire e per domare i roghi attraverso mezzi adeguati e personale di prim’ordine.

Queste le proposte (avanzate in maniera molto più articolata nei mesi scorsi) da chi ha a cuore le sorti dell’Isola: da Legambiente, Salviamo i boschi, Club alpino italiano e tante altre associazioni si è levata una sola voce: tuteliamo la Sicilia e il pianeta.  

Le escursioni che ieri hanno attraversato l’Isola, da Erice all’Etna, dai Peloritani ai Nebrodi alle Madonie, fra una grotta e un sentiero, un paesaggio mozzafiato e un altarino, hanno una forza simbolica straordinaria che lascia ben sperare: tante persone si sono incontrate con la forza dell’amore per la natura, del sorriso e delle idee per dire che l’ottimismo della volontà deve prendere il posto della barbarie e dell’ignoranza.

Luciano Mirone