Guardate bene questa chiesetta con la facciata settecentesca, in pietra lavica non lavorata, grezza, che si distingue per quei tratti incontaminati e genuini, perchè fra qualche giorno non la vedrete più così. Questa chiesetta, con un colpo di bacchetta magica, finisce di essere un unicum di architettura etnea e diventa un edificio come tanti, anonimo, globalizzato, senz’anima.

Un colpo di cemento alla facciata et voilà, la chiesa Sant’Anna di Belpasso – Catania – d’improvviso si trasforma in una scatoletta che ha perso le peculiarità che ha avuto per oltre trecento anni. E pare che ancora, sopra il cemento, debbano collocare l’intonaco. Si deve decidere solo il colore. Incredibile.

E pensare che l’inizio del restauro era stato pubblicizzato come un avvenimento di cui andare fieri. Al che uno pensa… sicuramente una pulitina alla facciata, un consolidamento alle strutture portanti, una eliminazione delle muffe e dell’umidità, una riparazione al tetto e tutto tornerà come prima. Macchè. Tutto puoi pensare, tranne che faranno la pazzia di usare l’intonaco per rivestire un piccolo gioiello di cui parla lo storico Venerando Bruno nel suo volume ‘Quell’antico convento di Malpasso’. Bruno, attraverso dei documenti antichi, la definisce una ‘chiesa poverissima’. ‘La chiesa di Sant’Anna – afferma nel suo libro trascrivendo gli atti di un tempo – è realmente povera, il suo tetto minaccia dalle rovine e non avendo le onze 2 dovrà chiudersi in isvantaggio dei fedeli’. ‘Uno strano effetto mi fecero – testimonia lo storico quando vi fece ingresso per la prima volta – le grosse lanterne ad olio legate al soffitto da lunghe catene, e le grosse travi di legno’ che sostenevano ‘il tetto tutto rivestito di canne ingiallite… E come dimenticare il suo pavimento con le mattonelle in terracotta, esagonali?’.

E invece la realtà a Belpasso – ancora una volta – ha superato la fantasia. Una chiesetta che – con la sua piazzetta col pavimento in cotto e l’antica jistenna – poteva essere la testimonianza del paesino delizioso che fu, prima dell’avvento dei cementificatori di professione, diventa il simbolo di una politica che conferma di essere ciò che è, ovvero non assolutamente all’altezza della situazione. Ma in questa vicenda bisogna capire qual è la posizione della Sovrintendenza ai Beni culturali, e chiedersi perché i cittadini – prima del restauro – non sono stati consultati.

Un ulteriore episodio dell’incapacità di gestire perfino una cosa semplice come questa, e del fatto che da decenni, Belpasso, è governata male, malissimo, a dispetto della propaganda sui social su cose che esistono solo nelle teste degli amministratori, a cominciare dalle Cento sculture – al massimo una trentina, e per giunta non tutte di pregio – o dalla Via dell’Arte, iniziative scopiazzate da qualche parte e messe in atto con la stessa abilità con la quale l’imbianchino dipinge la Gioconda.     

La vicenda della Chiesa di Sant’Anna fa riflettere. Come può una classe politica che non riesce a revisionare un piano regolatore generale scaduto ‘solo’ da diciassette anni, che scappa – letteralmente – quando in Consiglio comunale deve discutere di abusivismo edilizio, a governare una città? E’ bene che la comunità si interroghi.

Nella foto, la Chiesa Sant’Anna di Belpasso – Catania – prima del ‘restauro’

Luciano Mirone