L’avvocato di Belpasso (Catania), Gaetano Bandieramonte, non ce l’ha fatta. Colpito dal Covid-19 qualche settimana fa e ricoverato al reparto di terapia intensiva a Catania, dove si era pure tentata una terapia con il plasma iperimmune, stanotte è deceduto.

Per giorni ha lottato strenuamente contro un virus subdolo che (a dispetto di quanto si dice) colpisce anche i sessantenni (il legale aveva 62 anni) che non hanno malattie pregresse.

La notizia si è sparsa in un baleno a Belpasso già dalle prime ore del mattino attraverso i Social. Gaetano era molto stimato e benvoluto in paese. L’annuncio del suo decesso ha lasciato tutti senza parole. Civilista da tanti anni, Gaetano era diventato presidente dell’Associazione forense di Belpasso dopo la dipartita dell’avvocato Giambattista Spampinato (2018), che del sodalizio era strato il fondatore.

A Gaetano Bandieramonte (ci perdoni il lettore se adesso usiamo la prima persona) mi legava un’antica amicizia: quella dell’infanzia, della spensieratezza, della felicità e (quando ero in vacanza a Belpasso) delle partite al pallone in piazza Duomo, dove lui era sempre protagonista, assieme al fratello Giovanni e a tanti ragazzini di quell’epoca. Non a caso viene usata la foto di quella piazza con lo sfondo della Chiesa Santissima Immacolata.

Allora Gaetano era un ragazzone allegro, molto studioso, sempre sorridente. In una grigia giornata di tanti anni fa, mentre con la famiglia mi trovavo in provincia di Messina (per via del servizio di mio padre), ci arrivò la tristissima notizia della dipartita di sua mamma, ancora giovanissima. L’evento scosse la comunità e colpì tanto la sua sensibilità. Da quel momento i suoi sorrisi – che pure ha continuato a dispensare sempre generosamente a tutti – non sarebbero stati spensierati come un tempo.

Fra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta lo ritrovai a Trapani (nel frattempo mio padre era stato trasferito in quella città), dove era stato smistato nella caserma “Col di lana” per il servizio di leva. Fu un periodo bello, emozionante, un’occasione per ricordare gli anni felici delle partite in piazza e la severità di suo padre (l’indimenticato professore Bandieramonte) che a volte gli proibiva di scendere a giocare (la loro casa era al primo piano) perché doveva studiare.

Spesso, in quel periodo trapanese, veniva a trovarci. Ed era sempre un momento bello, sia per me, sia per i miei genitori, molto amici con i suoi. “Allura Gaetano, che si dice a Belpasso?”, gli chiedeva mio padre. E lui raccontava trovando sempre il modo di sorridere specie quando il discorso scivolava su certi personaggi belpassesi.

Quanto mi trasferii a Belpasso lo vedevo spesso. Una delle ultime volte è stato al bar Condorelli per prendere una granita. Una mattinata in cui abbiamo parlato tanto e in cui ci siamo abbracciati. Lo stesso abbraccio che sento di darti adesso, caro amico.

Alla moglie Cristina, ai figli, ai fratelli Giovanni e Melita giungano le più sentite condoglianze.

Luciano Mirone