“In uno dei comuni più caldi del catanese, Mascalucia, gli uomini del clan Santapaola si sono mobilitati per sostenere, alle elezioni regionali, il partito democratico. I voti, sotto il controllo di pezzi da novanta della mafia, sono andati ad Angelo Villari, candidato alle regionali e attuale segretario provinciale. Da una vita sindacalista, già ex assessore ai servizi sociali di Enzo Bianco, Villari non risulta tra gli indagati dell’operazione Malpassu, che ha sgominato i clan legati alla famiglia guidata da Nitto Santapaola”.

La “bomba” deflagra in un tranquillo e assolato 4 giugno, poche settimane dopo le elezioni provinciali che hanno incoronato l’ex sindacalista della Cgil Angelo Villari alla segreteria del Pd catanese. A farla deflagrare è Antonio Condorelli del quotidiano online Live Sicilia, che ci fornisce delle ulteriori informazioni rispetto a quelle che abbiamo fornito ieri sull’operazione della magistratura etnea, notizie che dovrebbero – quantomeno – allarmare i vertici e la base di quel partito.

Per vertici intendiamo il segretario nazionale Nicola Zingaretti e il segretario regionale del Pd Anthony Barbagallo. Per “base” i militanti che credono ancora nei valori di un partito che, dopo essere stato rappresentato da Berlinguer e da Pio La Torre, ha assunto il volto di certi personaggi che hanno trasformato una gloriosa formazione politica in una penosa parodia del centrodestra, ora funzionale al malaffare, ora al compromesso, ora all’inciucio, ora a certi rapporti inconfessabili con determinati ambienti, raramente a capo di una politica di vero rinnovamento (almeno in Sicilia).

Nel caso di Villari ci asteniamo dal giudizio penale (quello spetta ai magistrati), dato che lo stesso “non risulta tra gli indagati”, ma consentiteci un giudizio politico, in base a ciò che ha scritto la Procura etnea. Che parla di “scambio di voti controllati dal clan mafioso”, di tale “Fabio Frisina, affiliato vicino al boss Salvatore Puglisi, che avrebbe avuto ‘un attivo interesse per l’elezione del Villari, il tutto con l’obiettivo di ottenere favori dallo stesso Villari in relazione all’attività lavorativa svolta presso la Mosema” (la partecipata che si occupava del servizio di raccolta dei rifiuti, ndr.), di “Frisina che il 2 novembre del 2017, a poche ore dal voto, viene intercettato, dicendo di avere ricevuto la promessa da Villari, in caso di vittoria alle regionali di un avanzamento di incarico rispetto al ruolo di sorvegliante”, di Frisina che dice: “Vogliono la certezza che il loro candidato Angelo Villari riesce a salire”; di “Angelo Villari che attende i nominativi ‘da scegliere”.

Ora può darsi che nelle intercettazioni non si ravvisino elementi sufficienti da portare i magistrati a perseguire l’ex sindacalista. Ma qui il problema è un altro. Dal Pd non ci attendiamo il solito proclama (“aspettiamo fiduciosi l’esito dell’indagine”), e quindi, poiché se dall’indagine non esce nulla di “penalmente rilevante”, tutto-bene-madama-la-marchesa. E’ necessario che il Pd si interroghi sulla sua identità, sulle sue regole, sul suo futuro, se vuole evitare che questo Paese finisca in una deriva pericolosa.

Il nostro giudizio non può e non deve entrare nel merito dell’inchiesta penale: Villari non è tra gli indagati, quindi è giuridicamente a posto. Ma ci sono dei fatti politici che delineano un modus operandi incompatibile con la storia, con la tradizione, con i principi di questo partito. A parte i suoi presunti rapporti con i boss, ci sono delle circostanze che spiegano la tragica involuzione del Pd in certe realtà siciliane.

Nei giorni scorsi uno storico militante del Pd di Belpasso (Catania), Alfio Testa, ex assessore comunale ed ex consigliere provinciale, con riferimento all’elezione di Villari, ha ironicamente scritto su Facebook: si tratta dello stesso Villari che alle ultime amministrative del 2018, siccome la sezione locale del partito – dilaniata dai litigi, dagli inciuci e dai protagonismi – non riusciva a fare una lista di 16 persone, ha consigliato a diversi componenti del Pd di “sistemarsi” nel centrodestra – a Belpasso largamente rappresentato dal movimento Diventerà bellissima del governatore siciliano Nello Musumeci e da Forza Italia del deputato regionale Alfio Papale, ex sindaco della cittadina etnea – di cui il Partito democratico, a livello nazionale e regionale, è avversario ed oppositore? Sì, lo stesso. Almeno a sentire altri esponenti di quella formazione presso i quali abbiamo cercato di verificare la notizia.  

A Belpasso il “piano strategico” prevedeva una “sistemazione” sì, ma solo “provvisoria”: dopo l’elezione (che evidentemente veniva data per certa), ci sarebbe stato il ritorno nel partito. Da vincitori, naturalmente, ma la stragrande maggioranza degli elettori di centrosinistra non ha abboccato. Con questo risultato: trombati tutti e quattro, ma riaccolti come figliol prodighi in sezione a braccia aperte. Maggioranza bulgara al centrodestra (con Diventerà bellissima a far la parte del leone) grazie anche ai voti dei transfughi “ma provvisori” del centrosinistra, nessun rappresentante del Pd nel civico consesso. Insomma, un successone.

In compenso, dopo le elezioni, uno dei quattro candidati di cui sopra è stato promosso “sul campo” dal sindaco Daniele Motta (Diventerà bellissima) come consulente ai problemi della gioventù. Sono passati due anni e non risulta (ma forse non ce ne siamo accorti) che il “consulente” si sia dimesso, né che il Pd lo abbia fatto dimettere. Quindi è ancora lì, con un piede nell’Amministrazione di destra e con un altro nel suo partito di sinistra.  

Nel frattempo la Giunta va avanti. Paradosso dei paradossi: a fare opposizione non è la sinistra, ma quattro consiglieri di centrodestra (fra questi, perfino l’esponente della Lega e di Forza Italia, alleati stretti con Diventerà bellissima alla Regione Sicilia). Storie che si intrecciano e che delineano l’identikit di un partito di governo a Roma, ma completamente allo sbando in provincia di Catania. Su queste cose, Villari (e non solo) dovrebbe rispondere.             

Nella foto: il segretario del Pd della provincia di Catania, Angelo Villari 

Luciano Mirone