Egregio Sindaco di Belpasso Daniele Motta, egregi assessori, egregi consiglieri della maggioranza, ci rivolgiamo a voi come rappresentanti più numerosi su cui il movimento Diventerà bellissima – di cui il governatore della Sicilia Nello Musumeci è leader e fondatore – può contare in Sicilia in una Pubblica amministrazione, per chiedervi se non ritenete di dover dire la vostra – in quanto siciliani – sull’ingresso nella Giunta regionale di un leghista che siede sulla poltrona di assessore all’Identità culturale della nostra Isola. 

Voi, a livello locale, rappresentate una grande forza alleatasi con la Lega di Salvini. E vi poniamo questa domanda perché crediamo che ogni siciliano degno di tal nome abbia innanzitutto il dovere (prima che il diritto) di intervenire su un paradosso sul quale un siciliano vero non può sorvolare.

Da quello che emerge in queste ore, molta gente ha preso una durissima posizione contro Musumeci: adesso vedrete che per farci digerire il rospo saremo sommersi di messaggi all’insegna dell’identità e della cultura siciliana, ma l’atto politico resterà scolpito per sempre nella nostra memoria. Su questo, almeno una parola potete dirla?

Con molto rammarico, vi confessiamo che sul Presidente della Regione abbiamo riposto ogni speranza da quando ha deciso di candidarsi con una coalizione troppo squalificata, troppo intossicata da tante cose, per poter pensare di cambiarla. Per cosa poi? Per galleggiare o al massimo navigare a vista, non certamente per operare un rinnovamento delle coscienze.

Misera cosa per chi – in nome di certi valori – era stato emarginato all’interno di Alleanza nazionale, perché rischiava di “fare ombra” all’allora segretario Gianfranco Fini. Ingenuamente pensavamo che ciò fosse dovuto all’intransigenza di Musumeci, dato che dell’attuale governatore parlava bene perfino gente di sinistra. Pensavamo che, coi suoi tratti garbati, Musumeci volesse cambiare davvero il centrodestra siciliano e nazionale. Lo abbiamo creduto, sia quando è stato presidente della Provincia di Catania, sia quando è stato presidente della Commissione regionale antimafia. E probabilmente è anche vero che fino ad allora l’attuale governatore dell’Isola avesse in mente una politica diversa da quella che vediamo oggi. Ma i tempi cambiano.  

Il Musumeci di oggi – pur mantenendo la propria dignità – ha capito che se vuole governare la Sicilia deve scendere a compromessi. E lo comprendiamo pure. E però, cari amici, ci sono compromessi e compromessi, a tutto c’è un limite. Dopo essere sceso a patti con il peggio della politica siciliana per vincere le elezioni (in una regione, si badi bene, infestata da Cosa nostra e dalla corruzione), Musumeci sancisce l’alleanza con Salvini designando addirittura un assessore all’Identità siciliana, che è il peggiore insulto per un popolo che da decenni è costretto a sopportare frasi e epiteti di ogni tipo proprio da parte dei leghisti.

Per cosa poi? Per cambiare la regione? Neanche per sogno. E allora perché? Ovviamente per prendersi il Paese con Salvini (e con Meloni e con Berlusconi). E per arrivare allo scopo è necessario rafforzare l’ “asse” con la Lega. “Ora”, anche a costo di rischiare gli insulti che stanno arrivando a pioggia anche da destra. “Ora”, che il vento dell’emergenza economica e del malcontento soffia in tutto il Paese.

Rileggiamo la storia d’Italia e vediamo se non si stanno riproducendo le stesse condizioni che si crearono nei primi vent’anni del Novecento: allora eravamo in ginocchio per i postumi della Prima guerra mondiale, oggi per una micidiale pandemia, ma certi tratti dell’aggressività del linguaggio – ieri sporco ebreo, oggi sporco terrone o sporco islamico – , delle menzogne e della propaganda finalizzata a demonizzare il “nemico”, sembrano identici.  

Vi diciamo questo, signor sindaco di Belpasso (tra l’altro ex militante del centrosinistra, “ex” in quanto nauseato – probabilmente a ragione – da certi personaggi di quella coalizione), signori assessori e signori consiglieri di Diventerà bellissima perché da voi – che rappresentate il numero più cospicuo di appartenenti a quel movimento che in Sicilia siede sui banchi di un Consiglio comunale – ci aspettiamo un segnale.

Del resto, non siete voi a dire di essere orgogliosi dell’identità e della cultura siciliana, non è il sindaco a parlare di solidarietà, non è lui a recarsi il 25 Aprile al monumento ai Caduti per dire una preghiera “per i caduti di tutte le guerre”, mentre Salvini dice che l’anniversario della Liberazione è una data come le altre? Non siete voi a parlare di legalità, di antimafia, di giustizia sociale (addirittura c’è stato chi, da “collaboratore esterno”, ha annunciato una “cittadinanza onoraria” a Liliana Segre). Da voi ci aspettiamo una parola per quello che sta succedendo alla Regione. Una sola. Ma chiara.

Nella foto: Turi Ferro ne Il berretto a sonagli di Luigi Pirandello

Luciano Mirone