Se l’obiettivo era quello di portare la questione davanti alla Corte Costituzionale è stato centrato. Ora spetterà ai giudici pronunciarsi sulla legittimità dei tagli ai vitalizi. E la sentenza sull’impugnativa della legge siciliana da parte del Consiglio dei ministri potrebbe, a cascata, avere effetti anche su quanto applicato nelle altre Regioni.
Per il Cdm alcune “disposizioni riguardanti i trattamenti previdenziali e i vitalizi del presidente della Regione, dei consiglieri e degli assessori regionali violano – si legge nell’impugnativa – il principio di uguaglianza e ragionevolezza, sancito dalla Costituzione, nonché i principi di coordinamento della finanza pubblica e di leale collaborazione”. L’aspetto più critico della legge, approvata dall’Assemblea siciliana lo scorso 27 novembre, sarebbe quello della temporalità della norma, in quanto il taglio è previsto per cinque anni. Se i giudici dovessero confermare la tesi del governo Conte, l’Assemblea sarà tenuta a modificare la norma abrogando il limite; in caso contrario, la legittimità della norma, potrebbe portare anche le altre Regioni a introdurre il tetto temporale. Ma c’è chi parla di una terza ipotesi, che la Consulta intervenga sull’essenza dei tagli rimettendo in discussione tutto. Si vedrà.
La legge in Sicilia è entrata in vigore il primo dicembre, il testo era stato elaborato da una commissione speciale. La norma prevede una riduzione lineare del 9,25%, con un ulteriore 5% che si applica per gli assegni da 32 a 67 mila euro e del 10% per quelli oltre i 62 mila euro. Il risparmio, calcolato, è di 2 milioni all’anno, dieci nell’intero periodo. Sono 149 i vitalizi erogati dall’Ars per un costo di 18 milioni di euro. Il M5s aveva definito la legge “un vero e proprio indecente capolavoro”. E ora invita il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, a portare “subito in aula i correttivi per evitare che a pagare il danno siano tutti i siciliani”, riferendosi alla penalità (circa 70 milioni di euro di mancati trasferimenti), prevista dalla legge nazionale, per le Regioni che non applicano il taglio nei termini disposti a livello nazionale. A sollecitare una modifica immediata della norma è anche il deputato regionale dell’Udc, Vincenzo Figuccia: “Se la casta, con il compiacimento del Pd, pensava di aver tutelato sé stessa con una sforbiciata light, adesso è bene che si proceda celermente ad una revisione di quanto stabilito per portare un taglio da prefisso telefonico ad un taglio serio e corposo”.
Nella foto: Sala d’Ercole, sede dell’Assemblea regionale siciliana
Ansa
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