“Ieri sera, assieme ad un’amica, sono stata testimone della violenza di un uomo nei confronti di una donna. Una cosa brutta, resa ancor più grave dal fatto che, malgrado le urla della ragazza, nessuno del palazzo ha ritenuto di intervenire o di chiamare i carabinieri: qualcuno si è affacciato, ha chiuso l’uscio di casa  e si è ritirato nel suo appartamento come se nulla fosse”.

È la testimonianza di Martina, 18 anni, che ieri sera intorno alle 22, insieme alla sua amica Chiara, mentre percorre in macchina una via centrale di Acireale (Catania), viene attratta dalle urla che provengono da una direzione: “Saranno ragazzi”, dicono in un primo momento. “Improvvisamente capiamo che le urla arrivano dall’androne  di un palazzo moderno di quattro piani. Dalla macchina guardiamo e, attraverso la vetrata del portone d’ingresso, vediamo un energumeno che sta picchiando una ragazza. Fermiamo l’auto all’incrocio della strada, sulle strisce pedonali, e corriamo per intervenire. Mentre prendo il telefono per chiamare i carabinieri, l’aggressore esce dal portone visibilmente disturbato e confuso. Lui ci vede, allunga il passo e va in direzione opposta. Dopo pochi secondi sparisce. Entriamo nel portone e troviano una ragazza che piange, gli occhiali rotti, si tocca gli occhi in continuazione, assistita dal fratello e dal cugino che nel frattempo sono corsi in suo aiuto. Lei è disperata, “cosa ho al labbro? Ho del sangue?”, continua a piangere, ha il telefono in mano, sta parlando con la sua migliore amica che cerca di consolarla. Subito dopo chiama anche lei i carabinieri, che la rassicurano”.

“La ragazza – prosegue Martina – si era recata dalla zia che vive al primo piano di quel palazzo (il fratello e il cugino hanno sentito le grida e sono intervenuti). A un certo punto è stata intercettata dall’ex  fidanzato, che l’aveva pedinata: a quanto pare un fatto usuale negli ultimi tempi, almeno a sentire la ragazza, che però non l’aveva mai denunciato nella speranza che le persecuzioni finissero. Invece lui, accecato dalla rabbia, l’ha aggredita e a quanto pare le ha rovistato la borsa, forse alla ricerca del telefonino, dove avrebbe potuto trovare ‘la prova’ di certe sue convinzioni”.

“Dopo pochi minuti arrivano i carabinieri che tranquillizzano la donna e ascoltano pazientemente la sua testimonianza. Cosa provo? Sono stati momenti di rabbia e di tristezza. Di rabbia perché non c’è stata una sola persona, residente in quel condominio, che, pur sentendo una donna che invocava aiuto (le grida si udivano perfino dalla strada, quindi è impossibile che nessuno le abbia sentite) ha pensato di intervenire. Di tristezza, perché è penoso che ancora oggi succedano fatti come questi”.

Luciano Mirone