In Italia finalmente guadagniamo posizioni in fatto di libertà di informazione per lo “scoop” che la stampa perbene (Repubblica, Corriere, Messaggero, e gli immancabili giornali berlusconiani che in fatto di deontologia professionale sono sempre i primi ad intervenire) ha pubblicato l’altro giorno su Antonio Ingroia: non il progetto di un attentato mafioso contro un ex magistrato che negli anni in cui ha ricoperto quel ruolo ha istruito i processi più rivoluzionari della storia d’Italia (dalla Trattativa a Dell’Utri, da Rostagno a Cuffaro, e tanti altri), non la gradita sorpresa sul ripristino di una scorta che il governo gli ha tolto con una serie di motivazioni che fanno ridere, non un’onorificenza che lo Stato italiano ha deciso di conferirgli per aver fatto sempre il proprio dovere al servizio della verità e delle istituzioni. Niente di tutto questo.

Lo “scoop” consiste nel fatto che l’altro giorno Antonio Ingroia all’aeroporto di Parigi è stato trovato “ubriaco” (per alcuni giornali), “completamente ubriaco al punto da aver perso i sensi” (per altri), “alticcio” (per altri ancora), “in stato d’ebbrezza” (per altri), eccetera eccetera eccetera, al punto – riferisce la stampa d’assalto – da essere stato fermato dalla polizia per alcune ore.

Azz… roba forte, difficile da reggere. Roba che lo stesso Ingroia ha smentito ieri attraverso un video su facebook, dando la sua versione dei fatti e parlando esplicitamente di bufala, di fake news, di falsità a mezzo stampa.

Anche noi, nel nostro piccolo, quando l’altro giorno le agenzie di stampa hanno battuto la notizia, avremmo avuto la possibilità di scrivere sull’argomento. Ci siamo rifiutati di farlo. Per diversi motivi.

Innanzitutto perché una notizia del genere andava verificata con l’interessato, cosa che nei giornali che parlano di garantismo, di tutela e di rispetto della persona, non abbiamo visto. Poi perché storie del genere, se non vengono maneggiate con cura, indeboliscono ulteriormente una personalità a rischio come Ingroia e lo delegittimano di fronte a un’opinione pubblica confusa e male informata, infine perché esiste il serio rischio che delegittimando Ingroia, si possa delegittimare indirettamente tutto il prezioso lavoro che ha svolto. E questo i giornalisti e i loro direttori non possono non saperlo.

Siamo ormai troppo scafati per non comprendere queste dinamiche. Le stesse che hanno caratterizzato i delitti di personaggi eccellenti: prima la soppressione fisica, poi il fango. Con Ingroia – siccome siamo in un momento in cui c’è l’ordine tassativo di non uccidere persone importanti per evitare di accendere i riflettori – si sta utilizzando il fango.

Ma allora – si potrebbe obiettare – la notizia non andava data?

Secondo noi no. Sia per quanto abbiamo detto, sia per ragioni di privacy. Ingroia, come chiunque altro, fino a quando non fa male a nessuno, fino a quando non va con delle minorenni a pagamento, e fino a quando non è in relazioni pericolose con Cosa nostra, non deve dar conto della sua vita privata a nessuno. Egli è libero di bere “a pranzo” uno o finanche “due bicchieri di vino” – come ha raccontato nel video – senza dover dare conto ai giornalisti. E’ libero di litigare con il personale aeroportuale per i posti prenotati in aereo. È libero di alzare la voce e di incazzarsi, come ha detto lui stesso.

E badate bene che questo giornale, quando si è trattato di criticare Ingroia su questioni di carattere pubblico, lo ha fatto liberamente, ma questa è un’altra cosa.

Attualmente Ingroia non è un politico, né un attore, né un calciatore, né comunque una persona sulla quale ci puoi costruire un gossip. È un libero cittadino, famoso certo, ma sempre libero cittadino: se gli riserviamo un trattamento da star gli facciamo del male. Perché è a rischio, e non può permettersi di essere delegittimato così.

Guardate come il sistema sta cercando di cuocere a fuoco lento il “padre” del processo Trattativa, che oggi, da avvocato, continua ad occuparsi di casi legati a quel processo come quello di Attilio Manca: prima (quando da Pm svolge quel popò di inchieste) lo combatte e lo isola, poi lo costringe a dimettersi dalla magistratura, poi gli toglie la scorta dicendo che “non è a rischio”, infine cerca di dileggiarlo in questo modo.

Forza ragazzi, con quest’altro “scoop” abbiamo guadagnato posizioni sulla libertà di informazione. Forza…

Luciano Mirone