Caro Enzo, so che l’altra sera i ragazzi sono venuti al giornale. Non mi è stato possibile partecipare, ma ti confesso che a quella riunione avrei voluto esserci. Ninni ha scritto un bellissimo post su fb.

C’è chi ha avuto Via Solferino, noi abbiamo avuto Via Bastioni,  con la salsedine che corrode le grate dei balconi, il palazzo antico e le stanze piene di umidità, le scrivanie e le Olivetti Lettera 24, e noi, ragazzi di vent’anni con la voglia di prendere a morsi la vita, e tu fratello maggiore che ci hai insegnato il mestiere.

Enzo Tartamella nella redazione del Giornale di Sicilia di Trapani all’inizio degli anni Ottanta con Fabrizio Lentini (oggi a Repubblica)

Ti confesso che l’altra sera avrei voluto respirare quell’aria: troppo importante quella riunione, troppo importanti le cose da dire, troppo importanti i silenzi.

Non avrei fatto discorsi nostalgici: avrei detto solo “grazie”, come hanno fatto i ragazzi, magari parlando d’altro. Perché nella vita bisogna sempre dare a Cesare quel che è di Cesare. Un ringraziamento è il minimo che si possa fare nei confronti di una persona che ha tirato su una generazione di giornalisti e di scrittori che quando arrivarono al Giornale di Sicilia, freschi di liceo, avevano l’argento vivo addosso, ma erano un po’ acerbi per poter nutrire delle velleità.

A Trapani la redazione mitizzata – giustamente – è stata quella de L’Ora, della quale, negli anni Settanta, hanno fatto parte grandi firme come Vincenzo Consolo, Alberto Stabile, Tanino Rizzuto, tanto per citare qualche nome.

All’inizio degli anni Ottanta c’è stato il “tuo” Giornale di Sicilia – lungi ovviamente dal voler fare paragoni – , che è stato un bel laboratorio: lì si è formata gente come Giacomo Pilati e Ninni Ravazza, premiati dappertutto e ospiti d’eccezione al Festival del Cinema di Roma per i loro romanzi dai quali sono stati tratti dei film meravigliosi; Salvatore Mugno, una quarantina di libri all’attivo e un contributo “determinante” fornito per l’accertamento della verità sull’assassinio di Mauro Rostagno. E poi Menotti Parrinello, grande lavoratore ed autorevolissima firma; Franco Marrone, Ida Tedesco Zammarano, eccetera eccetera eccetera.

A questa “nidiata” ho avuto l’onore di appartenere. Non a caso, in occasione della pubblicazione del mio primo libro, feci questa dedica: “Al giornalista Enzo Tartamella, mio Maestro”. E tu venisti fino a Belpasso per presentarlo.

A proposito di Rostagno: non tutti sanno che quando il sociologo torinese –  reduce dall’India, dopo il Sessantotto, di cui assieme a Renato Curcio era stato leader – si trasferì a Trapani per fondare la comunità con Francesco Cardella, fosti tu, direttore di Rtc (carica che ricoprivi in contemporanea con quella di capo della redazione trapanese del Giornale di Sicilia), a chiamarlo in televisione per fargli fare quegli editoriali pazzeschi contro la mafia che a un certo punto portarono il boss Vincenzo Virga a decretare la sua condanna a morte.

Mauro Rostagno

Non tutti sanno che per quegli interventi, molte querele te le sei beccate tu in qualità di direttore. Non tutti sanno che a un certo punto – mentre Rostagno accusava i boss – correva voce che i candidati all’obitorio eravate tu e l’editore Puccio Bulgarella, personaggio chiacchierato, ma artefice assieme alla moglie – donna colta e docente di filosofia – di una apertura totale nei confronti di un personaggio che in poco tempo ha cambiato le coscienze di molti trapanesi.

Questo per dire che a volte, nella vita, la verità non è bianca o nera come qualcuno pensa: ci sono tante gradazioni di colori che vanno focalizzate attentamente prima di trinciare giudizi definitivi. Sia da una parte che dall’altra.

Spesso – in quegli anni – ci sono state delle divergenze fra te e alcuni di noi sul modo di rapportarsi col potere. Divergenze gestite sempre in modo civile e con la massima schiettezza. Il Giornale di Sicilia, come gli altri maggiori quotidiani dell’Isola (ma ahimè, ormai possiamo dire d’Italia), è sempre stato dalla parte del potere, pur essendo formato da diversi cronisti perbene (Mario Francese, ucciso dalla mafia, era uno di questi): qualcuno di noi, a un certo punto, ha deciso di fare delle scelte radicalmente diverse, poiché in quegli anni – quando i magistrati, i poliziotti, i giornalisti, i carabinieri venivano ammazzati come cani – bisognava fare una scelta netta, anche a costo di pagare prezzi molto alti. Dopo l’assassinio del generale Dalla Chiesa, di Giuseppe Fava e la strage di Pizzolungo, non ebbi esitazioni e mi buttai a capofitto nell’esperienza de I Siciliani, un modello di giornalismo che da allora non avrei più abbandonato, senza dimenticare, però, le tue preziosissime lezioni di giornalismo: scrittura chiara, asciutta ed essenziale; verifica delle fonti; ascolto di tutte le campane.

Con te ho continuato il percorso di sempre, un percorso pieno di affetto, di amicizia e di belle cose. E ho capito che questi valori si possono coltivare se al centro del rapporto umano c’è il rispetto e la  lealtà, cose che ho trovato in te, ma che ti confesso, a volte, non ho trovato in certi sedicenti “duri e puri” del giornalismo, e non solo.

Due anni fa a Trapani (Libreria del Corso), in occasione della presentazione del mio libro “Il set delle meraviglie”. Da sinistra. Enzo Tartamella e una parte della redazione de lo Scarabeo: Luciano Mirone, Salvatore Mugno, Giacomo Pilati, Alba Allotta

Spesso, soprattutto negli ultimi tempi, venendo a Trapani, ti ho chiamato per fare delle rimpatriate. Al bar della Loggia e della marina abbiamo parlato di progetti, di libri, ma soprattutto di quel periodo meraviglioso che ha caratterizzato il primo giornale della mia vita, Lo Scarabeo, che, come il primo amore, non si scorda mai.

Quel foglio di colore giallo che nell’83 fondai assieme a Giacomo Pilati, a Salvatore Mugno, a Gaspare Maiorana, a Vito Orlando, a Sabrina Cucciardi, a Ezia Gambicchia, a Nicola Rinaudo, a Peppe Tartamella, a Claudio D’Aleo, a Zizzi Bartholini, all’indimenticato Gino Lipari e a un sacco di altri ragazzi pieni di sogni e di belle speranze mai deluse, è stata una delle cose più belle della mia vita.

Il primo numero de Lo Scarabeo (febbraio 1983)

Eravamo squattrinati e tu, molto generosamente, mettesti a disposizione delle stanze inutilizzate del Giornale di Sicilia per Lo Scarabeo, che finalmente poteva disporre (gratis) di una redazione vera. Un periodo felice.

Quella sera, alla riunione, avrei detto questo senza dirlo. E ti avrei ringraziato in silenzio per le belle parole che hai scritto su mio padre (parole lette in chiesa), quando nel 2010, è passato a miglior vita; per il sostegno che mi hai sempre dato e per le proverbiali cazziate che mi facevi per la “troppa poesia” che a volte mettevo in un pezzo di cronaca.

E ti avrei chiesto scusa se di recente non ho scritto la recensione promessa del tuo ultimo (bellissimo) libro: non ci sono riuscito. Troppo crudo nel descrivere una situazione che stai affrontando con serenità e senza lamentazioni: e quando ultimamente ti ho chiamato per chiederti come stai, con grande dignità hai risposto “Non mi lamento”.

Ecco Enzo, per quale ragione, a quella riunione, avrei voluto partecipare. Ed ecco per quale ragione voglio farti gli auguri di Natale in modo diverso, anche se il 25 dicembre ti farò la consueta telefonata. A te, caro Maestro di tanti ragazzi che ti onorano con le cose belle che fanno, va il pensiero nel giorno più bello dell’anno, che poi è il pensiero che caratterizza spesso le mie giornate.

P.S.: questo articolo dedicato ad Enzo Tartamella è stato pubblicato lo scorso 24 dicembre. Lo abbiamo ripubblicato oggi perché due giorni fa il Maestro si è spento dopo una lunga malattia. Ciao Enzo.

Luciano Mirone