A un certo punto nella vita di Martoglio si verificano due delusioni che lo portano su un treno con destinazione Roma e un biglietto di sola andata. E’ il 1904, il commediografo ha trentaquattro anni, alla base della “fuga” verso la Capitale c’è un amore contrastato per una ragazza dell’aristocrazia catanese, Amelia Torresi, che un poeta, un romantico, un “folle” non può permettersi: lui non appartiene alla nobiltà, e questo, a quel tempo, non sta bene, specialmente se si pensa che Nino è figlio di una maestrina e di un giornalista, Luigi, che anni prima aveva abbandonato la famiglia quando lui e i suoi fratelli erano in tenera età e vivevano in quel paesino ai piedi dell’Etna dove Nino era nato: Belpasso. La gravità per quell’amore proibito diventa eresia se si considera che Martoglio è un socialista convinto, vicino a Giuseppe De Felice, sindaco di Catania, fondatore del Fascio dei lavoratori e autore di comizi che infiammano le folle e fanno tremare le basole delle piazze in cui si reca.
Poi c’è l’altra delusione. Causata dallo stesso partito in cui milita da sempre. Una clamorosa rottura che nel 1904 lo porta a rassegnare le dimissioni dal Consiglio comunale e dallo stesso partito. È il momento in cui Nino vive una delle più grandi lacerazioni della sua vita, una lacerazione immensa, drammatica, dato che per la politica e per l’amore ha duellato con un sacco di gente. A raccontare con entusiasmo questi retroscena sono gli studiosi più autorevoli della sua figura e della sua opera.

Enzo e Sarah Zappulla, autorevoli studiosi della figura e dell’opera di Nino Martoglio
Sarah ed Enzo Zappulla, negli anni in cui Martoglio vive a Catania è amato e altrettanto odiato. Perché?
“Il giornalismo e la politica svolgono un ruolo fondamentale nella sua vita. Il Martoglio giornalista (col suo D’Artagnan) è una figura importantissima per la Catania del tempo. Quel giornale è bello, arricchito dalle straordinarie illustrazioni del fratello Giovanni. E’ una testata satirica e umoristica che prende di mira il potere, facendo nomi e cognomi. E questo, ovviamente, ai potenti non piace. Le sue invettive gli procurano inimicizie, sfide, duelli. Proverbiali. Ventuno. Forse contati per difetto. Una volta si reca perfino a Torino per difendere l’onore dell’amico commediografo Nino Campanozzi, siciliano e socialista come lui. Poi lo ritroviamo ad Avola. Insomma una vita incredibile”.
Come si svolgono questi duelli?
“Lo sfidante mandava il ‘padrino’ come ambasciatore presso la persona che, secondo lui, gli aveva mancato di rispetto. Si usavano spade vere, appuntite e affilate, finivano col sangue, ma non con la morte. Vinceva chi ‘toccava’, disarmava o feriva l’avversario”.
Martoglio muove i suoi primi passi cinematografici a Catania.
“All’inizio del Novecento il commediografo si dedica al cinema. Quando in Francia i fratelli Lumiere inventano le ‘immagini animate’ (1895), Catania si fa trovare pronta e diventa una città di grande avanguardia. Martoglio ne è il grande animatore”.
Chi porta il cinema a Catania?
“Un industriale dello zolfo, certo Alonso, che fonda la Etna film, seguita da Morgana film (creata da Martoglio) e poi la Jonio film, la Katana film, la Sicula film. La cosa strabiliante è che contemporaneamente in città sorgono una miriade di sale cinematografiche. Il D’Artagnan è uno dei primi giornali italiani a sollecitare i lettori ad andare al cinema. Martoglio, al contrario di molti intellettuali dell’epoca, intuisce le potenzialità del grande schermo e le capacità di propaganda sulle masse”.

La pubblicità del primo cinema a Catania. Siamo alla fine dell’800
Che succede quando Martoglio si trasferisce a Roma?
“Trova Capuana, Pirandello, Ugo Fleres e tantissimi altri artisti, frequenta i caffè letterari e ogni domenica mattina partecipa alle riunioni nelle case di questi grandi intellettuali (soprattutto Pirandello) per leggere le opere che ognuno ha scritto durante la settimana. È amico del presidente del Consiglio, Vittorio Emanuele Orlando”.
Qual è il momento migliore di Martoglio dal punto di vista cinematografico?
“Il 1914. Il grande successo arriva con la trilogia formata da Capitan Blanco (tratto dalla sua omonima commedia teatrale), Teresa Raquin (dal romanzo di Emile Zola) e soprattutto Sperduti nel buio (Roberto Bracco)”.
Dal suo carteggio si evince una contrapposizione fra Martoglio e le Case cinematografiche catanesi?
“Negli anni ‘romani’ esce un articolo anonimo sul Messaggero, molto critico nei confronti delle Case di produzione catanesi. Qualcuno presume che l’ispiratore sia lo stesso Martoglio. Poi c’è una confessione che il poeta fa a Verga in una lettera: ‘L’avverto che Morgana Films (di Roma ndr.) non ha nulla in comune con la società che, per mia iniziativa, sorge in Catania, a Cibali, e che ho dovuto abbandonare”.
“Ho dovuto”, dice proprio così. Un altro indizio significativo che si collega con quanto detto in una puntata precedente dallo storico Giuseppe Barone, secondo cui un’ipotesi sul presunto assassinio (se di assassinio si tratta) potrebbe essere ricercata nel contesto della guerra fra Case cinematografiche catanesi che riesplode dopo il primo conflitto bellico.
“Nel ’21, quando nuore, Martoglio è ispettore della Società degli autori che reclamano i diritti sulle loro opere. Ed è responsabile per la Sicilia”.
Come è considerato il cinema italiano quando esce “Sperduti nel buio”?
“E’ leader nel mondo. Il cinema americano supera il nostro dopo, a causa della Grande guerra, che sconvolge gli equilibri precedenti. Ma fino al ’14 il cinema di Martoglio era il migliore in assoluto”.
Dal carteggio che avete esaminato emerge, da parte di Martoglio, un disagio per il fascismo che nel ’21 fa la sua apparizione in Parlamento?
“Non risulta. La corrispondenza cui si dedica dopo il trasferimento a Roma è di carattere culturale”.

Una dedica di Martoglio a De Roberto
Negli anni in cui si trova nella Capitale, Martoglio continua a fare politica?
“La sua esigenza di dar voce al popolo, nella seconda fase della sua vita, la manifesta attraverso il cinema. A Sperduti nel buio va data anche una lettura sociale e politica: in quella storia c’è il contrasto fra l’ambiente povero e l’ambiente ricco. È una storia contro la sopraffazione, un film straordinario di cui parlano entusiasticamente tutti i critici del tempo, compreso Antonio Gramsci che scrive un articolo bellissimo”.

Giovanni Grasso in Sperduti nel buio
È un film di marca verista cui i grandi fondatori del neorealismo come Visconti, De Sica e Rossellini si ispireranno dopo la Seconda guerra mondiale?
“Questo film è stato oggetto di studio al Centro sperimentale di cinematografia di Roma. Tutti i grandi rimangono colpiti dalla cura con la quale Martoglio aveva impresso i tratti del realismo, confluito poi nel neorealismo. Quando il film esce nelle sale, dicono i critici, è come se il profumo della ricchezza e il dramma della povertà si percepissero perfino in sala. Martoglio è un antesignano anche nel montaggio, poiché imprime ritmo, crea il contrasto fra ambiente ricco e ambiente povero mostrati in parallelo. Questo verrà ripreso due anni dopo da un grande regista americano, Griffith. La sua tecnica verrà utilizzata dai russi nella Corazzata Potemkin, una delle più alte espressioni della storia del cinema”.
Come si perde Sperduti nel buio?
“Questo film, assieme ad altre quaranta pellicole, era depositato nella Cineteca nazionale di Roma. Un grande patrimonio del muto (di cui l’opera di Martoglio è la più alta espressione) che si smarrisce dopo la II guerra mondiale. Perché? Ci sono due piste: o le pellicole sono state razziate dall’esercito tedesco, oppure sono finite in Russia. Sono state fatte delle ricerche perfino su richiesta dell’ex ministro degli Esteri Giulio Andreotti. Sia la Germania che la Russia hanno negato di avere le pellicole”.
La vita di Martoglio è come un’opera interrotta al primo atto. Come immaginate il secondo?
“Si sarebbe dedicato al cinema e sarebbe stato uno dei più grandi registi del mondo”.
Che temperamento emerge dal carteggio letterario?
“Di una persona perbene, onesta, leale e generosa, con i suoi difetti, ma con un amore per la Sicilia fuori dal comune”.
Luciano Mirone
9^ puntata. Continua
Lascia un commento...