Lo scontro è duro. Da un lato il Tribunale per i minorenni di Catania che chiede l’allontanamento di una madre dai suoi tre figli (due femminucce e un maschietto, di 16, 9 e 13 anni). Dall’altro la madre e i figli che non vogliono separarsi e che ritengono ingiusto il decreto del Tribunale.

Un caso difficile, in cui la legge da un lato e l’amore dall’altro confliggono fortemente, con dei magistrati che dispongono “l’inserimento” dei minori “presso idonee famiglie disponibili ad accoglierli”, o in subordine presso “idonee case famiglie”, oppure “presso comunità di tipo familiare”, e centinaia di cittadini che, con una raccolta di firme, danno battaglia per evitare tutto questo. Promotrice della petizione, la fondazione La città invisibile di Catania, che recentemente ha insignito la signora del Premio intitolato all’ex Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Giovan Battista Scidà, “per le indiscutibili capacità genitoriali”, e perché, secondo gli organizzatori, è “persona esemplare, attiva nell’aiuto ai più poveri, esempio luminoso di solidarietà sociale e di attenzione amorevole ai bisognosi e agli ultimi”.

“La sottrazione – dicono gli esponenti de La città invisibile – a meno che non vi siano provati abusi e violenze, è essa stessa un trauma e comporta un aggravamento delle condizioni sociali delle famiglie”. E poi: “Il Comune di Catania spende circa 80 euro al giorno per ogni ragazzo ricoverato in comunità, dove spesso non si svolge un’azione educativa, bensì repressiva e dove la mancanza di reale controllo sfocia in casi di violenze ulteriori sia fisiche che psicologiche ai ragazzi stessi”.

Il Tribunale per i minorenni di Catania

Dal lato della madre c’è anche l’avvocato Rosalba Vitale, legale della signora, che ritiene “non vi siano gravi fatti e circostanze a fondamento del provvedimento”.

“La signora – sostiene l’avvocato – è una buona madre: basta vedere come si prodiga per fare tutto quello che è necessario per loro. Una signora separata dal marito, con due figli che soffrono di alcune patologie, può anche avere avuto dei problemi dovuti allo stress nel periodo che ha dovuto attraversare: separazione del coniuge, ricovero del bambino, cui ha reagito con piena disponibilità e collaborazione. Il provvedimento del Tribunale dei minori, a mio parere, è abnorme”.

Sì, proprio una situazione difficile, dove da un lato Il Tribunale rileva come “emergerebbe il perdurare di una condizione di gravissimo pregiudizio evidente particolarmente per quanto riguarda uno dei fratellini, ma anche per le altre minori”.

Avvocato Vitale, il Tribunale per i minorenni scrive tra l’altro: “Ritenuto, in particolare che, per quanto riguarda (… il maschietto, ndr.) la sua complessa situazione sanitaria non viene gestita adeguatamente dalla genitrice con evidenti segnali di aggravamento”.

“Il bambino di 12 anni è affetto da una patologia molto grave di diabete: nato nel 2005, nel 2008 il piccolo veniva sottoposto al primo intervento chirurgico, in totale tre: nel 2010 il più invasivo di dolicamegacolon, per cui l’anno successivo fu scoperta la malattia del diabete mellito. Alcuni anni fa è stato ricoverato all’ospedale di Torino (dove esiste un centro specializzato per la cura di queste malattie, ndr.) su segnalazione dell’ospedale Bambin Gesù di Roma (dove la madre, in un primo momento, lo aveva portato)”.

Perché? Cosa è accaduto in quel momento?

“Il procedimento relativo alla signora nasce proprio a Torino nel 2016 da una necessità da parte della donna (durante il ricovero del figlio) di contattare l’ex coniuge per aiutarla nel percorso ospedaliero del figlio, dato che da poco costui aveva abbandonato il tetto coniugale per andare a vivere con un’altra: allora volontariamente la signora si rivolge alle assistenti sociali del capoluogo piemontese. Queste ultime stilano delle relazioni per la Procura e per il Tribunale per i minorenni di Torino e Catania”.

Cosa scrivono?

“Viene evidenziata la capacità della donna di mettere in pratica in modo soddisfacente le informazioni ricevute sulla gestione della terapia insulinica e sul monitoraggio glicemico capillare. Il bambino è monitorato giorno e notte tramite un micro infusore, che però non basta a tenere a bada la malattia, perché il diabete sale e scende continuamente. Il bimbo questo malessere ce l’ha indifferentemente: quando è a casa, quando è a scuola, quando è al semi convitto. Sì, perché il bambino sta con la mamma solo la sera e la notte: di mattina va a scuola e il pomeriggio è obbligato a recarsi al semi convitto”.

Perché allora il Tribunale dichiara che i bambini sono in stato di abbandono?

“Non comprendo le motivazioni, dato che, come lo stesso rileva, sono regolarmente iscritti a scuola, la mamma li accompagna e li cura, li gestisce e li mantiene; ha una ottima casa, pulita, ampia, ben ammobiliata, non vi sono state segnalazioni negative. Ciò che rilevo è che vi sia una mancanza di collegamento tra la malattia del bambino e la condotta della madre, che non è causa della malattia. Il bambino, purtroppo, ha frequenti sbalzi di glicemia, sia quando dorme che quando è sveglio: un bip allarma in caso di eccessivo rialzo o ribasso del valore glicemico. La signora, ancor più dopo essere stata istruita per la gestione della malattia, è attenta e vigile, pronta ad intervenire in qualsiasi momento a tutela di suo figlio, ed ha sempre adempiuto a tutti i doveri che le sono stati imposti a tutela dei figli”.

Per quanto riguarda le altre minori?

L’avvocato Vitale squinterna il fascicolo e legge un passo della lettera che una delle figlie ha letto pubblicamente quando la madre è stata insignita del premio “Scidà”: “Per me il più grande Inferno sarebbe un posto senza mia mamma. Al di là di tutto, continuerò a far del bene e a lottare insieme a lei”. Il legale della signora cerca altre carte e poi legge ad alta voce il contenuto del provvedimento del Tribunale. Una serie di rilievi, da cui, onestamente, emerge più il lato positivo che negativo, con un paio di “ma” che probabilmente condizionano i motivi del provvedimento: “La minore ha avuto difficoltà personali… La signora presenta uno stato psichico riconducibile a un disturbo fittizio provocato ad altri”.

I magistrati parlano di “comportamento non del tutto equilibrato”. Cos’è “un disturbo fittizio provocato ad altri”?

“Cerco di spiegarlo con un esempio molto semplice – risponde l’avvocato – : quando un soggetto dice ad una persona che è affetta, ad esempio, da raffreddore e quest’ultima se ne convince, tanto da crearsi la malattia, fino a recarsi dal medico. Nel nostro caso le patologie, purtroppo, sono state diagnosticate, non dalla signora, ma dai migliori specialisti di Roma, di Torino, di Catania”.

Quali sono i casi in cui un bambino deve essere tolto dalla propria famiglia?

“Nel 2011 abbiamo avuto una importante modifica della legge già dal titolo: non più ‘affidamento dei minori’, ma ‘diritto del minore ad una famiglia’. L’articolo 1 sancisce che è diritto del minore ad avere una famiglia, o meglio la propria famiglia, quella di origine. Quindi il principio basilare è che il bambino vada tutelato all’interno della famiglia di origine, ed è quello che ha fatto la signora, chiedendo più volte gli aiuti economici ai Servizi sociali, senza mai creare problemi, interpretando pienamente lo spirito della legge, ovvero che le famiglie devono essere aiutate con il sostegno economico, con la predisposizione di tutti i servizi comunali regionali, statali, ecc. All’affidamento ad altre famiglie o addirittura in comunità si arriva come estrema ratio, quando ci sono situazioni  gravissime. Non mi sembra questo il caso”.

Luciano Mirone