“Di fronte ai dati forniti dall’esame esterno sul cadavere di Nino Martoglio, dovremmo escludere la caduta e pensare immediatamente a un colpo alla testa di natura contundente”, però siccome la descrizione del corpo è carente, “non mi sento di privilegiare qualsiasi ipotesi. Quello che mi sento di dire è che va fatto un esame medico legale serio”. È preciso il professor Cristoforo Pomara, docente di Medicina legale all’Università di Catania, che ha studiato – dal punto di vista scientifico – il caso del grande commediografo siciliano attraverso le carte dell’epoca, specie quelle relative all’esame esterno sul cadavere eseguito all’epoca dal dott. Giuseppe Riccioli, un medico scelto dai vertici dell’ospedale Vittorio Emanuele di Catania, dove il 15 settembre 1921 Nino Martoglio morì.

Giovanni grasso nel film “Sperduti nel buio”, con la regia di Nino Martoglio, girato all’inizio del ‘900. Sopra: un’immagine di Nino Martoglio

“Ovviamente – dice Pomara – ci muoviamo nel campo delle ipotesi. Bisogna vedere quella scientificamente compatibile. Questo caso, tuttavia, ha un grosso limite: dispone di poche informazioni per far valere una tesi in modo preponderante rispetto ad altre”.

Con poche parole, Pomara dice due cose di fondamentale importanza: 1) La descrizione del cadavere fatta nel 1921 dal dottor Riccioli è assolutamente incompleta; 2) Se dovessimo basarci sulle poche informazioni trasmesse dallo stesso Riccioli (“Alla bozza frontale mediana estesa contusione con ferita lacero-contusa irregolare e con notevole infossamento dell’osso frontale perché fratturato”), dovremmo pensare più a un omicidio, che a un decesso avvenuto per una caduta accidentale, come la tesi ufficiale sancì.

Però siccome il professor Pomara si basa esclusivamente sulla scienza e sulla letteratura medico-legale, spiega che per risolvere definitivamente il caso è necessaria la riesumazione del cadavere ed effettuare una Tac, una ricostruzione cinematica in 3 dimensioni, una simulazione, e tanto altro.

Professor Pomara, lei ha studiato il fascicolo sulla morte di Nino Martoglio, archiviata come “morte accidentale di un commediografo fin troppo distratto”. Cosa l’ha colpita di questa vicenda?

“I casi non mi colpiscono mai: li studio con occhio distante, con raziocinio scientifico e con metodologia medico-legale”.

A parte la descrizione assolutamente carente del cadavere, ci sono altre anomalie in questa storia?

“Sì. Ce n’è una eclatante, che gli investigatori non approfondirono: l’epoca di morte”.

Riepiloghiamo: la sera del 15 settembre 1921 Martoglio scompare. Il giorno dopo il direttore sanitario del “Vittorio Emanuele”, il dott. Gaetano Salemi, denuncia all’Autorità giudiziaria il ritrovamento di un cadavere. Il quale, badiamo bene, secondo Salemi, non appartiene a Martoglio, ma a un ex cocchiere malato di sifilide ed affetto da manie di suicidio, ricoverato in quell’ospedale da circa tre anni. Il direttore sanitario dice testualmente all’Autorità giudiziaria che il medico che aveva visto il cadavere lo descrisse già rigido”.

“Quindi è acclarato – spiega Pomara – che il 16 settembre c’è la testimonianza di un direttore sanitario che con terminologia competente parla di cadavere già rigido”.

Alle 11,30 del 17 settembre il dott. Giuseppe Riccioli prende in mano la situazione, poiché gli è stato conferito l’incarico ufficiale di eseguire l’esame esterno sul cadavere, nel frattempo identificato – in circostanze misteriose e grottesche – con Nino Martoglio. E cosa scrive?

“Testualmente che ‘la rigidità è mancante agli arti e alla mandibola’. Quindi Riccioli aggiunge che la morte è avvenuta circa 18 ore prima”.

Giovanni Grasso e Virginia Balistrieri in una scena di “Sperduti nel buio”

Quindi?

“Quindi le cose non quadrano. Se andiamo a 18 ore prima c’è qualcosa che non convince, perché è certo che il 16 settembre ci viene descritto un cadavere rigido”.

Cosa ci dice un cadavere rigido?

“Che si stanno sviluppando i primi tre segnali tipici: le ipostasi, le rigidità e l’abbassamento della temperatura. Le ipostasi e la temperatura, in questo caso, non vengono descritte. L’unico dato che abbiamo è la rigidità”.

Quando inizia la rigidità su un cadavere?

“Due-tre ore dopo la morte. E raggiunge il suo apice intorno alla dodicesima. Poi comincia a declinare . Il Riccioli descrive la rigidità secondo il teorema ottocentesco di Ninsten, cioè attraverso la mandibola e i muscoletti più piccoli”.

Infatti parla di “rigidità mancante agli arti e alla mandibola”.

“Usa questa parola, mancante, che ci lascia un altro dubbio. Cosa vuol dire mancante? Letteralmente che ‘non c’è’. Ma non c’è perché si è rilassata o perché ancora non si è formata? Se manca perché ancora non si è formata, non può essere quella di un uomo morto diciotto ore prima, ma quella di un cadavere ancora ‘caldo’, deceduto due o tre ore prima. Se invece manca perché si è dissolta, siamo abbondantemente oltre le diciotto ore (fra le 18 e le 24)”.

Quali sono i tempi che corrispondono?

“Nessuno dei due. Se retrodatiamo ipoteticamente di 24 ore, saremmo alle 11,30 del giorno prima, cioè del 16 settembre. Ma il Martoglio sappiamo che è stato visto l’ultima volta intorno alle 21 del 15 settembre. Nella prima mezza giornata del 16 settembre, anche se scambiato con un altro, è stato trovato già rigido. Questo è sfuggito agli inquirenti. È un dato sospeso, non indagato”.

Oggi questa discrepanza sull’orario della morte che reazione avrebbe creato fra gli inquirenti?

“Avrebbe creato sicuramente scompiglio”.

Cosa intendiamo per “lesività”?

“Riccioli circoscrive la lesività esclusivamente alle regione frontale, fra le due bozze, escludendone altre su tutto il cadavere. Poi venne risentito e riconfermò: ‘All’infuori delle lesioni descritte, il cadavere del Martoglio non presentava alcunché di anomalo, ragion per cui ritenni e ritengo che la sola causa di morte sia stata il violento trauma”.

Professore, lei dice questo col senno di oggi, ma molti sono portati a dire: “Erano altri tempi”, significando che una volta l’approccio con questo tipo di indagini fosse superficiale.

“C’è una circolare risalente al 1910 – undici anni prima dell’esame esterno sul cadavere di Martoglio – emanata dall’allora ministro della Giustizia, Cesare Fani, e mai modificata fino ad oggi, che prevede le foto del cadavere nudo o, in sostituzione, il disegno; ed inoltre era obbligatorio fare la descrizione dettagliata delle lesività, delle dimensioni di queste, dell’altezza del cadavere, delle tracce sul cadavere, del contesto della scena”.

La bolognese Marinella Bragaglia (nata casualmente, come ben ricostruito dallo scrittore Filippo Ferrara,nello specchio di mare prospiciente Palma di Montechiaro, nell’agrigentino, durante una tournée artistica del nonno Ulisse), una delle più grandi attrici del teatro siciliano diretto da Nino Martoglio

In questo caso cosa manca?

“Tutto”.

 

Le ecchimosi sono state descritte?

“Riccioli non solo non le descrive, ma le esclude.  E però, nel caso di caduta, il primo sospetto che deve avere il Medico legale è che potrebbe trattarsi di una simulazione per nascondere un altro reato. Questo lo dice, per esempio, il professor Francesco Pucinotti nel 1858”.

Riccioli descrive anche delle abrasioni sul dorso delle mani di Martoglio.

“Dice così: ‘Abrasioni cutanee estese al dorso delle dita di entrambe le mani”.

Lei nella sua relazione scrive che in caso di aggressione con oggetto contundente, la statistica dice che questa venga spesso accompagnata da abrasioni alle mani.

“Potrebbero essere tanto segno di una difesa, quanto di aggressione”.

Una autopsia andava eseguita?

“Naturalmente. Perché al di là di ogni statistica, il cadavere ‘parla’, quindi se non avessi trovato alcun tipo di lesività, come in questo caso, non avrei mai pensato a una caduta”.

Come avrebbe eseguito l’autopsia se fosse stato un Medico legale di quell’epoca?

“Allora si facevano anche meglio di oggi: si eseguivano strato per strato. Avrei studiato tutta la composizione del corpo, fino ad arrivare alle ossa per descrivere eventuali anomalie”.

Può essere che le abrasioni alle mani siano state causate da strisciamento con le pareti?

“Può anche starci questa ipotesi. Il problema è che non è stato neanche scritto quanto era alto Martoglio: ricordiamoci che il luogo è piccolo e descrivere l’altezza sarebbe stato importante. Non sappiamo assolutamente nulla della condizione degli abiti: se sono sporchi di sangue, integri o puliti”.

Martoglio morì all’istante?

“Riccioli disse che la morte fu quasi istantanea. Io ho qualche dubbio. Trattandosi di lesione frontale è possibile che il commediografo sia rimasto vivo per un po’ di tempo”.

Cosa si può stabilire oggi?

“Bisogna studiare approfonditamente l’incavo della fronte per capire se è infossato o meno. Poi capire se è l’unica lesione a livello cranico, oppure se esistono delle rime di frattura che si dipartono eccentricamente e concentricamente dalla stessa sede. Dopodiché è fondamentale capire se vi sono altre fratture per comprendere se c’è stata una caduta o se il corpo è stato adagiato”.

E allora?

“Le ipotesi sono varie, non è da escludere nulla. Però in presenza di una caduta di quel genere (a prescindere se accidentale o meno) la prima cosa che impatta è il naso. Se non impatto il naso, vuol dire che il soggetto è caduto di vertice e si è adagiato di spalle. Se così è stato, il Martoglio era talmente vivo che ha avuto la forza di rialzarsi o di rigirarsi e di posizionarsi nel modo in cui è stato descritto (a pancia in giù)”.

Potrebbe essere caduto di piedi o di schiena?

“Potrebbe, ma le statistiche, in caso di caduta da un’altezza di tre metri e mezzo (come in questo caso) sono ridotte. Di solito ci dicono che da un’altezza di quel tipo il corpo si gira e cade di testa. Ma mettiamo che è caduto di piedi o di schiena ci saremmo trovati di fronte a un certo tipo di fratture. Che nel referto vengono escluse”.

Luciano Mirone

4^ puntata. Continua