“Gent.mo Signor Presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania, con il cuore in mano Le chiedo di valutare altre MILLE possibilità prima di strappare i figli ad una Madre”. È la lettera accorata che una madre, la signora V.T. (queste le iniziali), scrive al presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania, chiedendogli di lasciare a lei i suoi tre bambini per evitarne il ricovero in una comunità; una lettera partita da Librino, quartiere pieno di disagi e di sofferenze, e nei giorni scorsi recapitata sia al presidente del Tribunale sia –  tramite mail – a questa redazione.

Abbiamo riflettuto parecchio prima di pubblicarla, poiché rispettiamo sia il ruolo del magistrato chiamato a decidere, sia quello delle assistenti sociali che hanno redatto una relazione in base a dei fatti che evidentemente hanno ritenuto fondati.

Ma al tempo stesso abbiamo cercato di conoscere meglio questa storia e abbiamo capito che la lettera andava resa pubblica per due ragioni: innanzitutto perché abbiamo creduto di intervenire urgentemente – così come ci hanno dichiarato alcune fonti attendibili – per evitare situazioni incontrollate, e poi perché riteniamo che questa lettera rappresenti uno stato di disagio molto diffuso. Librino – come San Cristoforo, come Monte Po, come il Villaggio Sant’Agata – non è un  quartiere come tanti: in mezzo a tanta gente perbene, ci sono bambini che spacciano a otto anni e si prostituiscono a dodici, con altre situazioni incredibili di cui nessuno parla. Spiegarne le cause sociali è un esercizio difficilissimo, quel che è certo è che fra le maglie del bisogno, della miseria e del degrado filtrano situazioni come queste, assolutamente inimmaginabili nei quartieri benestanti. Ecco perché  abbiamo deciso di pubblicare le parole di V.T.

Il ragionamento della signora è il seguente: “Quando dei bambini sono contenti di essere allontanati da una madre, allora un giudice AVREBBE RAGIONE. Bambini che considerano un INCUBO essere allontanati dalla loro mamma, di certo non considerano un incubo vivere con la stessa”. “Sarebbe una totale ingiustizia – aggiunge – “allontanare dei bambini dal GENITORE che ha avuto la capacità di trasmettere loro SICUREZZA”.

Quindi l’appello: “Signor Presidente, lei sa che non sono un pedofilo, non sono una persona violenta, non sono una madre che lascia i propri figli per andare in discoteca la notte o che va a fare la poco di buono in giro. Non sono una tossica, non sono una alcolizzata, non prendo psicofarmaci,NON SOFFRO DI PATOLOGIA ALCUNA CHE POSSA ESSERE DI PREGIUDIZIO PER LA CRESCITA DEI MIEI TRE ADORATI FIGLI”.

“Sono soltanto la signora V.T., una donna e soprattutto una MAMMA che chiede e spera in una GIUSTIZIA” e che non consente “di strappare e rinchiudere i propri bambini da un’altra parte per motivi alquanto DISCUTIBILI”.

“Sì lo so – seguita V.T. – , sono una donna come tante di Librino. che ama i suoi figli. E’ forse questa la mia colpa? Quella di essere una persona qualunque, di un quartiere in cui tutti siamo esposti ad essere ‘qualunque’. L’amore non ha etichette, non può essere di periferia o di centro. L’amore materno è uguale da qualunque quartiere o città provenga. Quello di cui io le vorrei parlare è l’amore materno, che mi ha cambiato la vita per sempre dal momento del parto, da quando ho stretto al mio seno i miei tre figli, uno ad uno, promettendo loro che li avrei sempre protetti, amati, curati. L’amore di cui le parlo è lo stupore di vedere la bellezza dei miei bimbi. Signor Presidente, chieda ai miei figli se sono contenti di essere tolti alla loro MADRE. Quale sarebbe la mia colpa? Di aver mantenuto la promessa di prendermi cura di loro, di cercare di trovare dai medici una risposta quando mio figlio ha iniziato a stare male”.

E poi: “Perché mi si accusa di essere iper-curativa quando il bambino è davvero ammalato, di una malattia certificata? E ora mi si vorrebbe togliere un figlio perché non mi sono mai arresa, in questi anni, finchè non è stata diagnosticata e curata la malattia di mio figlio? E ora si vorrebbe ALLONTANARE UN BIMBO MALATO DALLA SUA MAMMA SOLO PERCHE’ HA VOLUTO INTRAPRENDERE VIAGGI DELLA SPERANZA a costo di enormi sacrifici pur di trovare una cura ad una malattia certificata, non inventata!”

“Mi si vuole togliere mio figlio – si legge – perché sarei una madre colpevole di essersi sacrificata lavorando giorno e notte,  una madre colpevole di lottare con coraggio nel nome dell’AMORE che provo ogni benedetto giorno per i miei figli”.

“Signor Presidente, la supplico di far fede al parere di persone che mi seguono nella vita DI TUTTI I GIORNI, persone che mi conoscono da SEMPRE. La supplico di vedermi non come un foglio scritto al computer, ma come una madre che ama i suoi figli più di qualunque altra cosa o bene al mondo, l’amore materno umile, sincero, vero”.

Luciano Mirone