Quando si parla di teatro siciliano è inevitabile non pensare a Enrico Guarneri. Trasferire in scena la nostra tradizione, quella dei grandi autori, è dote di pochissimi. In molte occasioni, il teatro siciliano viene mortificato e snaturato perché rappresentato da chi non sa coglierne il senso profondo e le peculiarità. Guarneri, come pochi altri, appartiene a quella categoria di attori capaci di respirare il personaggio ancor prima di recitarlo. Ciò che accade durante i suoi spettacoli è magico. Lui è capace di creare una complicità con il pubblico, che viene coinvolto pienamente nella rappresentazione. Sia che si tratti delle tensioni emotive di Gesualdo Motta (Mastro don Gesualdo) o delle peripezie di Don Pasquale Minnedda (‘U Paraninfu) gli spettatori, inevitabilmente, si commuovono o ridono senza risparmiarsi. Da qui si spiega il “tutto esaurito” ad ogni spettacolo. Complice, naturalmente, il supporto di una compagnia di alto livello.

Enrico Guarneri mentre rappresenta uno dei soi personaggi. Sopra: l’attore in camerino prima dello spettacolo

Erede naturale di Turi Ferro, è con grande intelligenza e umiltà che Enrico ha costruito la sua carriera non conformandosi alle regole canoniche della formazione teatrale ma forgiando il suo talento in palcoscenico. In principio, geometra di professione, ha esordito, per caso, in una compagnia amatoriale del suo paese.

Lo incontro in camerino mezz’ora prima dell’inizio dello spettacolo. Lui mi permette di intervistarlo. Come non avere timore reverenziale nei confronti di un artista a tutto tondo che, nonostante il successo nazionale, non si comporta da divo, anzi mantiene la semplicità tipica di chi vola basso ma che ha tanto da insegnare.

Enrico Guarneri, artisti si nasce o si diventa?

“Si nasce. E’ chiaro che la formazione teatrale serve a perfezionare il talento. E’ il caso, ad esempio, dei ritmi comici: o si hanno o non si hanno”.

Come hai capito di amare il teatro?

“Quando ho iniziato a ricevere il plauso del regista della mia compagnia che, con grande meraviglia, mi diceva che la gente, quando ero in scena, si divertiva. Col passare del tempo mi ha consigliato di insistere, nonostante le difficoltà”.

Poi, improvvisamente, la svolta. Attraverso la partecipazione al programma televisivo “Insieme”, Guarneri sperimenta il singolare personaggio di Litterio Scalisi. Uomo comune nel quale è immediato identificarsi, che ha permesso a Enrico di farsi conoscere e amare, per la sua brillante comicità, da frange di pubblico sempre più ampie.

A distanza di anni c’è ancora chi ti identifica in Litterio?

“Chi viene a teatro no. Probabilmente chi sceglie di assistere ad uno spettacolo, lo fa, inizialmente, perché incuriosito da Litterio, poi però scopre l’attore, innamorandosi del teatro.  Chi mi incontra per strada sì, perché si tratta di una fetta di pubblico che guarda solo la televisione e mantiene quindi solo l’immagine e il ricordo di quel personaggio. Litterio è un personaggio che Enrico Guarneri recita. Ed ha determinate caratteristiche. E’ un soggetto sempliciotto, genuino e birbantello. Questo diverte molto lo spettatore”.

Guarneri durante un’altra esibizione

I testi che interpreti sono prevalentemente tratti dalla letteratura siciliana. Ti calza più un personaggio verista o pirandelliano?

“Verista. Questo mio modo d’essere lo porto anche quando interpreto i personaggi pirandelliani, dei quali l’ermeticità o l’eccessiva chiusura viene resa più comprensibile. L’ermeticità è una caratteristica di Pirandello di cui una generazione di attori non è riuscita a semplificare i contenuti. Un tocco di verismo aiuta a rendere più immediata la comprensione. Questa naturalmente è la mia opinione”.

Che rapporto vivi con i tuoi personaggi?

“Tutti i personaggi che interpreto entrano dentro di me. Ovviamente le battute scritte dall’autore non sono cose che mi appartengono in maniera assoluta. Ed è forse questo il momento in cui si crea l’interscambio attore-personaggio”.

De Filippo diceva: “Il teatro è vivere sul serio quello che nella vita gli altri recitano male”. Cos’è la verità in teatro?

“Essere se stessi. E’ chiaro che un attore deve attingere anche dalla tecnica ma non può basare tutto sulla finzione, sulla tecnica e basta. E’ come un quadro perfetto tecnicamente, ma che rischia di  lasciare insensibili. Perché freddo. Invece deve essere il contrario. La tecnica deve inserirsi in un discorso di verità assoluta”.

Come ha contribuito il teatro nella tua crescita personale?

“Attraverso la cultura e la maturità nell’analizzare la psicologia delle persone vere. La vita diventa uno specchio di ciò che un attore ha già conosciuto tra le pagine di un copione o di un romanzo”.

Il pubblico cosa si aspetta da Enrico Guarneri?

“Come diceva il Maestro De Filippo, gli esami non finiscono mai”.

Come ci si approccia a un pubblico “difficile”?.

“Bisogna capire perché l’attore ritiene che un certo pubblico sia difficile. E’ tale perchè incolto, incompetente o freddo? In questi casi, occorre trovare la chiave giusta per entrare in empatia con esso. Fallito questo tentativo, non rimane che immedesimarsi completamente nell’interpretazione, come se il pubblico non ci fosse”.

C’è qualcosa a cui hai rinunciato per il teatro?

“Alla mia quotidianità in famiglia, al telegiornale, a una cena durante una partita di campionato. Poca cosa in confronto all’immenso piacere di fare teatro”.

Alessandra Vasta