Uno scenario da incubo. Peggio di come ci era stata descritto dai cronisti e dagli abitanti di Malta dopo l’attentato che il 16 ottobre ha fatto a pezzi con un’auto imbottita di tritolo la vita della giornalista Daphne Caruana Galizia, colpevole di aver denunciato gli scandali in cui da tempo sarebbero coinvolti i più alti rappresentanti istituzionali dell’Isola in presunti collegamenti con la mafia e la politica di mezzo mondo. Uno scenario che mezz’ora prima di essere uccisa era stato descritto così dalla stessa Caruana Galizia: “Ci sono criminali ovunque si guardi adesso, la situazione è disperata”.

Daphne Caruana Galizia

Sulle prime – lo confessiamo – quelle parole ci erano sembrate esagerate, ma adesso, a un mese e mezzo da quel terribile attentato i fatti stanno dando ragione a Daphne. Gli arresti dei dieci “sospettati”, fra cui tre ritenuti gli autori materiali del delitto (George Degiorgio, Alfred e Vincent Muscat), sono solo la punta di un immenso iceberg sommerso da un mare di bugie e di omissioni.

Che la situazione disperata lo sia davvero lo confermano i sette europarlamentari in missione a Malta, tornati “seriamente preoccupati” a Bruxelles per aver avuto “la percezione dell’impunità” (secondo quanto hanno dichiarato al Guardian). La percezione… Troppo poco, se si pensa che per indagare sull’omicidio della giornalista si è scomodata addirittura l’Fbi, col supporto delle polizie olandesi e finlandesi: evidentemente gli investigatori maltesi non vengono ritenuti all’altezza, non solo per una manifesta incompetenza, ma soprattutto per delle incompatibilità grosse quanto una casa, il cui elenco sarebbe lunghissimo da redigere.

Incompatibilità di alcuni settori della magistratura e della polizia legati a doppio filo col governo maltese destinatario delle denunce di Caruana Galizia. Attualmente Malta è al centro di interessi colossali per tangenti, rapporti con la mafia, riciclaggio di danaro sporco, mega appalti come il gasdotto Tap (con diramazioni italiane), commercio clandestino di petrolio con la Libia (con il coinvolgimento del clan catanese Santapaola-Ercolano). E anche se l’inchiesta per la morte della cronista  – come spiegano Carlo Bonini e Giuliano Foschini di Repubblica – ci consegna i tre presunti attentatori e sette “sospettati”, non convince per niente perché non ci consegna i mandanti. A meno che non si voglia credere che dietro a un delitto del genere – per il personaggio ucciso e per la dirompenza di un atto dimostrativo come questo – non ci siano “menti” in grado di dare ordini ad un braccio armato che sa usare e gestire il tritolo.

L’auto carbonizzata della giornalista Daphne Caruana Galizia

“Per togliere di mezzo Caruana Galizia – scrive Giuseppe Pipitone sul Fatto quotidiano – gli assassini hanno trasformato in autobomba il veicolo che la giornalista aveva preso a noleggio. Una strage compiuta in pieno giorno che somiglia da vicino agli eccidi targati Cosa nostra degli anni ’80 e ’90”.

“Per ammazzare la giornalista maltese – seguita il giornalista – è stato utilizzato un particolare tipo di esplosivo al plastico, il Semtex, molto difficile da reperire a Malta: in passato è stato usato in una delle stragi più oscure della storia italiana, quella di via d’Amelio, a Palermo, dove il 19 luglio del 1992 venne ucciso il giudice Paolo Borsellino”.

Per questa ragione quello contro Daphne Caruana Galizia non è un attentato come tanti. L’Europa e il mondo hanno due doveri fondamentali: svolgere delle indagini parallele a quelle della polizia maltese per fare emergere quel gigantesco iceberg ancora sommerso dalle acque limacciose degli interessi sporchi; imporre a Malta – componente dell’Unione europea – il rispetto dello stato di diritto, condizione che in tante occasioni è stata mortificata da una classe politica che sconosce il significato del concetto di “questione morale”.

Luciano Mirone