“Approvare un Codice etico destinato ai partiti e ai movimenti che hanno il dovere di presentare liste pulite, tenendo conto dei carichi pendenti e dei certificati penali. Insegnare l’antimafia nelle scuole e lavorare al fianco di chi svolge un lavoro serio sul territorio. Regolamentare i contributi regionali per le associazioni  antiracket e antiusura, attenzionando chi, sotto mentite spoglie, specula sui soldi pubblici. Eliminare il voto di scambio mediante provvedimenti legislativi efficaci. Rimuovere le tendine dalle cabine elettorali per evitare di fotografare le schede o di fare entrare schede ‘ballerine’. Accorpare i seggi piccoli per rendere più difficile il riconoscimento del voto. Istituire degli sportelli nei Comuni per dare delle agevolazioni fiscali a chi denuncia il pizzo, le estorsioni e l’usura”.

A tre settimane dal voto in Sicilia, il Movimento 5 Stelle presenta il suo progetto antimafia che, a prescindere dall’impatto che può avere sull’opinione pubblica, conferma la centralità della lotta a Cosa nostra in una campagna elettorale “mai prima d’ora caratterizzata dal voto di scambio e dalla presenza di personaggi impresentabili in varie liste”.

Mentre alla prefettura di Palermo la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi passa al vaglio le candidature sospette, a Catania, nella sede di rappresentanza dell’Ars, il M5S informa i cittadini e le associazioni sull’attività degli ultimi cinque anni e sui programmi che intende presentare per la prossima legislatura. Oggetto: “Contrasto e superamento del sistema deviato di potere politico-massonico-mafioso”.

Gianina Ciancio, deputata regionale del M5S

Ecco allora che durante l’incontro vengono snocciolate le proposte per la prossima legislatura, proposte che “non sono state considerate minimamente nel corso di quella che sta per concludersi”.

Ad illustrare le idee Gianina Ciancio, deputata regionale del movimento e componente della Commissione Ambiente e territorio, che prosegue: “Destinare contributi pubblici ai soggetti che denunciano. Tutelare i dipendenti pubblici e privati che segnalano all’autorità giudiziaria le irregolarità negli enti e nelle aziende presso cui lavorano. Investire sulla formazione dei dirigenti regionali per formare una nuova classe burocratica”.

E se è vero, come dice la stessa Ciancio, che “l’Assemblea regionale siciliana non ha competenza legislativa in materia di repressione penale della criminalità organizzata e della corruzione (compito che spetta al Parlamento nazionale)”, è anche vero “che ha la possibilità di incidere sulla prevenzione di tali fenomeni e sulla cultura delle persone”.

Alla presenza di diversi simpatizzanti ed esponenti del movimento e di alcune associazioni antiracket della provincia, il senatore Mario Giarrusso (membro della Commissione parlamentare antimafia), la senatrice Nunzia Catalfo, la deputata nazionale Giulia Grillo e il candidato Giuseppe Scarcella (che ha collaborato alla stesura del progetto), oltre alla stessa Ciancio, spiegano come intendono portare avanti la lotta contro le mafie all’interno del parlamento siciliano: “Da una parte si mira all’eliminazione dei legami tra criminalità organizzata, politica, amministrazione pubblica e imprenditoria privata, dall’altra si intende tutelare chi denuncia il sistema mafioso e le collusioni”.

Tanti i punti affrontati e tante le denunce.

“I partiti del centrodestra e del centrosinistra si sono uniti da tempo a portare avanti un legame perverso con un sistema inquinato. Oggi quel fronte si è unito contro di noi e alla Regione va da Cuffaro a Lombardo, da Dell’Utri a Berlusconi con la complicità del centrosinistra”.

Il sen. Giarrusso lancia le sue stilettate contro i candidati del centrodestra Nello Musumeci e della sinistra Claudio Fava: “Musumeci deve spiegare cosa ci faceva in veste di presidente della Commissione regionale antimafia nella sua città, Militello in Val di Catania, in occasione dell’anniversario della strage di Capaci, assieme al nipote del re dell’eolico Mario Scinardo (destinatario di una confisca di 250 milioni di Euro), ritenuto vicino al boss di Mistretta (Me), Pietro Rampulla, considerato l’artificiere della strage di Capaci”. Non solo, incalza Giarrusso, “ma deve anche spiegare perché non prende le distanze dal candidato di Forza Italia, Riccardo Pellegrino (fratello di un personaggio organico alle cosche) il quale nei giorni scorsi, durante un comizio, ha inneggiato al figlio del boss del quartiere di San Cristoforo, Nuccio Mazzei”. E ancora: “Musumeci deve dire anche che ci fa, sempre in Forza Italia, Mario Genovese, giovanissimo figlio dell’ex deputato messinese Francantonio Genovese, condannato a 11 anni in primo grado nel processo “corsi d’oro” per la formazione professionale, con l’accusa di associazione per delinquere, truffa, riciclaggio, frode fiscale e peculato” .

Il senatore Mario Michele Giarrusso, componente ella Commissione parlamentare antimafia

E Fava? “Beh, anche lui deve spiegare. Perché ha votato il 416 ter, frutto dell’accordo fra Berlusconi e Renzi (una legge molto criticata dai magistrati antimafia come Nino Di Matteo, che fra l’altro prevede la riduzione della pena per i politici accusati di voto mafioso, ndr.) attaccando il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che implorava il Parlamento di non votare quella legge. Deve spiegare perché ha pubblicato i suoi libri con la Mondadori di Berlusconi e perché ha scritto la sceneggiatura de ‘Il capo dei capi’, che sembra l’apologia di Totò Riina”.

“Miii ‘Il capo dei capi’…”, commenta qualcuno in sala, “il cd più venduto alla fiera”. Si ride.

Dalla descrizione della campagna elettorale alla situazione “allarmante” che si registra in alcuni comuni siciliani il passo è breve. “A Niscemi – spiega Giarrusso – malgrado certi rapporti fra politici e mafiosi, sul piano giudiziario non è stato fatto nulla per reprimere il fenomeno, e oggi la situazione si è acuita a dismisura”, mentre “ad Avola i politici più votati sono stati sponsorizzati dalle Famiglie mafiose locali che, come contropartita, hanno ottenuto il controllo del territorio”.

Poi la discussione si sposta nuovamente sul piano generale: “Il volume di affari portato avanti dalle mafie”, spiega Giuseppe Scarcella, “si aggira sui 28 miliardi di Euro, circa il 12 per cento del prodotto interno lordo dell’Italia. La percentuale più alta riguarda il traffico di droga, seguita dalla prostituzione e dalla tratta degli immigrati. A questo va aggiunto il dato che l’Italia è una delle Nazioni più corrotte del mondo e terza in Europa dopo Bulgaria e Grecia. Ecco perché bisogna spiegare nelle scuole il nesso fra il mancato sviluppo e le responsabilità della mafia, della politica e dei poteri occulti”.

Luciano Mirone