Giuseppe Condorelli, amministratore delegato dell’omonima azienda di prodotti dolciari di Belpasso (Ct) fondata nel 1933 dal padre, il cav. Francesco Condorelli, è uno dei 25 nuovi Cavalieri del lavoro nominati dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Questa la motivazione: “Alla scomparsa del padre dà un nuovo impulso all’azienda ampliando la gamma di prodotti e affermandosi come leader nella produzione del latte di mandorla. Oggi l’azienda produce oltre 160 specialità, da ricorrenza e per il consumo quotidiano, utilizzando materie prime del territorio. È presente all’estero, con una significativa rete di vendita, in Europa, Stati Uniti, Canada, Russia, Brasile, Colombia, Costa Rica, Australia, Arabia Saudita, Singapore e Corea del Nord. Occupa 50 addetti”. Questa l’intervista che abbiamo realizzato con Giuseppe Condorelli quando, nel novembre del 2015, l’ex premier Matteo Renzi si è recato presso l’industria dolciaria di Belpasso.

Il loro dell’azienda dolciaria “Condorelli”. Sopra: Giuseppe Condorelli

Mai un Presidente del Consiglio era andato a Belpasso per visitare un’azienda. Il 28 novembre scorso il premier Matteo Renzi ha infranto la regola, rivoluzionando il tour in provincia di Catania e recandosi in questa fabbrica d’eccellenza rinomata in tutto il mondo. Per la “Condorelli” (ma anche per Belpasso) è stato un avvenimento storico: da quel momento le quotazioni d’immagine per la ditta fondata nel 1933 dal Cavaliere Francesco sono salite vertiginosamente.

Ma cos’è oggi la “Condorelli”, come è cambiata dopo la dipartita (nel 2003) del suo fondatore, come viene gestita dal figlio Giuseppe (che dopo la scomparsa del padre ha dovuto affrontare le voci, non ultima quella del “Sole 24 Ore”, di una vendita a una ditta del Nord), quali sono i progetti?

Che la situazione sia in costante miglioramento lo intuisci entrando nella storica pasticceria di via Vittorio Emanuele (gestita dallo stesso Giuseppe e dalla sorella Gloria): belpassesi e turisti affollano il locale e si intrattengono davanti al bancone dove sono esposti i dolci della tradizione, ma anche una miriade di nuovi prodotti realizzati con le materie prime della Sicilia (mandorla, pistacchi e miele). Da qualche anno una nuova sala da the ha arricchito il bar, mentre il numero dei dipendenti è aumentato: 49 fissi negli stabilimenti di contrada Timpa Magna, più 15 in pasticceria, 40 stagionali, per una produzione di 150 quintali di torroncini al giorno.

Giuseppe Condorelli, 48 anni, amministratore unico, una laurea in Sociologia (indirizzo economico e organizzativo del lavoro), dice: “Ho cercato di gestire l’azienda seguendo i dettami che mio padre ha impartito molti decenni fa. Nell’imprenditoria bisogna essere dinamici. Il ciclo di vita di un prodotto ha una nascita, uno sviluppo e un declino. Bisogna essere pronti ad interpretare i bisogni e i gusti dei consumatori”.

Il cav. Francesco Condorelli, fondatore dell’omonima azienda

Tuo padre è morto da 12 anni. Cosa ti manca di lui?

“Tutto. Specie la sua vicinanza quando devo prendere una decisione importante. Puoi avere i più bravi consulenti del mondo, ma non avrai mai il consiglio sincero, autorevole ed esperto di un padre. Mi manca la sua figura paterna, il suo supporto morale e professionale, il suo esempio, i suoi insegnamenti improntati sull’etica e sul rispetto degli altri. Dall’esterno si pensa che i figli trovino sempre la strada spianata grazie alle imprese dei padri. Non sempre è così. Ci sono grandi difficoltà”.

Qual era il vostro rapporto?

“Lui era del 1912, quando nacqui io aveva oltre cinquant’anni. Data la differenza di età a volte si confliggeva, ma si arrivava sempre a un punto di equilibrio. Nel lavoro era molto esigente: anche se da ragazzo, la sera, facevo spesso le ore piccole, il giorno dopo, alle otto, dovevo essere in azienda”.

Un uomo d’altri tempi.

“Lavorava diciotto, venti ore al giorno. Malgrado fosse di un’altra generazione era molto aperto, gli piaceva programmare il futuro”.

Ogni prodotto nuovo doveva avere il suo placet dopo “l’assaggio”. È il metodo che segui anche tu?

“Certamente. Non sono un pasticciere, ma conosco tutti i segreti della pasticceria grazie a lui, Anche ora, quando realizziamo un prodotto, è di rigore ‘l’assaggio’ preliminare”.

Quando hai cominciato a lavorare in azienda?

“Da bambino. Allora frequentavo solo la pasticceria di Via Vittorio Emanuele, gli stabilimenti non erano stati costruiti. Dopo la scuola, nel pomeriggio, facevo l’aiuto banconista: ero talmente piccolo che non arrivavo neanche alla macchina del caffè. Dovevo salire sulla cassetta delle gazzose. Nei Grandi Saloni, quando si organizzavano i banchetti nuziali, mi mettevo in divisa e aiutavo i camerieri a servire ai tavoli. Nel ’73 fu aperto lo stabilimento e siccome mancavano le macchine incartatrici, collaboravo con gli operai a confezionare i torroncini”.

Molta gavetta.

“Sì. Quando mio padre si recava all’estero mi portava con sé. La prima volta, trentaquattro anni fa, a Düsseldorf per visitare una fiera di tecnologie alimentari”.

Quale fu il momento in cui il Cavaliere ti passò il testimone?

“Alla fine degli anni Novanta. Non è stato un passaggio traumatico, tutto si è svolto in modo naturale: lui ha avuto la lungimiranza di delegarmi gradualmente nella guida dell’azienda”.

Tuo padre era un pasticciere, ma anche un imprenditore.

“Negli anni Sessanta, ad eccezione delle grandi aziende dolciarie come la Ferrero, la Perugina e qualche altra, nessuno pensava all’importanza del marketing e della comunicazione. Lui si rivolse al prof. Bartocci di Roma: ‘Deve studiare un marchio per la mia azienda’. Il rombo della Condorelli nacque allora”.

Con la dicitura “Belpasso”.

“Era molto legato al suo paese. Il logo presenta anche l’Araba fenicia, simbolo del paese. Con Belpasso aveva un rapporto viscerale, di amore e odio, un po’ come me”.

Hai fama di essere un “duro” in azienda. È vero?

“Nooo… Diciamo che sono molto esigente”.

Quanto sono serviti la laurea e i master?

“Ti consentono di allargare gli orizzonti, di confrontarti, di conoscere nuove cose e di non rimanere fossilizzati nel tuo ambito”.

È la prima volta che un Presidente del Consiglio viene nella vostra azienda.

“Tutto è successo il 27 novembre mentre ero a Milano. Una telefonata: ‘Domani viene Renzi’. All’inizio pensavo a una burla. Quando ho capito che la cosa era seria, mi sono precipitato a Belpasso. Ho conosciuto un Premier dinamico, con le idee chiare, decisionista”.

I progetti?

“Essenzialmente due: la realizzazione di una rete di negozi in franchising in tutta Italia, e la creazione di un nuovo prodotto”.

Quale?

“Per ora è top secret”.

Luciano Mirone