L’avvocato Angelo Russo è un esperto di Diritto amministrativo che ha studiato la sentenza del Tar di Catania sulla perdita della farmacia da parte del Comune di Belpasso.

Avvocato Russo, qual è la sua idea in merito a questa sentenza?

“Il Comune di Belpasso, dopo la revoca della farmacia comunale da parte della Regione, ha proposto ricorso al Tar con data 31 Marzo 2016. In quell’occasione il Tribunale ha rigettato il ricorso evidenziando dei profili che inducono a pensare che ci sia stata quanto meno una sottovalutazione da parte dell’Amministrazione della diffida proveniente dalla Regione”.

Può spiegare meglio?

“La sentenza del Tar parla di una nota proveniente da Palermo, datata 1 agosto e pervenuta al Comune il 19 agosto, con cui si chiede al sindaco quali atti siano stati posti in essere per l’apertura della farmacia comunale. Si tenga conto anche di un fatto: che l’assegnazione della sede, da parte della Regione, risale al 7 Settembre 2009, con un  Consiglio comunale che delibera di dare impulso alla procedura il 2 Agosto 2012, quindi la Regione avrà tenuto conto verosimilmente del fatto che per circa tre anni il Comune di Belpasso non si era attivato per avviare l’iter di assegnazione della farmacia comunale”.

Dopo la nota regionale dell’1 agosto 2014 che succede?

“Stando a ciò che scrive il Tar, il Comune di Belpasso non risponde. Dopodiché c’è un’altra nota di provenienza regionale, datata 29 agosto e arrivata al Comune il 9 settembre. Con questa si preavvisa l’intendimento di procedere alla formalizzazione del provvedimento di decadenza. Anche in questo caso il Comune non risponde. Quindi ci sono due note regionali alle quali il Comune di Belpasso risponde col silenzio”.

Quindi?

“Il 30 ottobre, con decreto del direttore generale del servizio farmaceutico, il Comune di Belpasso viene dichiarato decaduto dalla titolarità della sesta sede farmaceutica. Dopo alcuni mesi il Comune fa ricorso al Tar e dopo un primo accoglimento dell’istanza cautelare, il Tribunale rigetta il ricorso, con delle argomentazioni che, al di là della condivisibilità o meno, devono ritenersi definitive perché la sentenza non risulta appellata al Consiglio di giustizia amministrativa (Cga)”.

Entriamo nel merito della sentenza.

“Il Tar dice che il Comune non solo non avrebbe riscontrato le due note di agosto, ma addirittura non avrebbe introdotto nello stesso giudizio dinnanzi al Tribunale alcun elemento volto a dimostrare il contrario”.

Cioè?

“Leggo espressamente: ‘Il Collegio ritiene che detti principi debbano trovare applicazione nel caso in esame, ove più si consideri e si ribadisce, oltre al silenzio procedimentale serbato al Comune ricorrente, che nessun elemento è stato prodotto in giudizio volto a dimostrare che tutte le asserite criticità determinative dell’arresto procedimentale siano state, o avrebbero potuto essere superate, con conseguente possibilità di esito positivo della procedura”.

In sostanza che vuol dire?

“Che il Comune avrebbe avuto l’onere, se non l’obbligo, di rispondere alle note di agosto 2014, ma comunque, anche durante il percorso processuale, avrebbe avuto la possibilità di potere comunque allegare quelle criticità che impedivano il perfezionamento dell’iter per la concessione della farmacia. Il dato incontrovertibile che si ricava da questa sentenza è che purtroppo sulla possibilità di avere una farmacia comunale si è posta la parola fine, poiché in assenza di appello la sentenza del Tar Catania è divenuta inappellabile e quindi è passata in giudicato”.

Se un dirigente regionale scrive ad un ente (in questo caso a un Comune), per questioni urgenti come questa, deve indirizzare la lettera al sindaco o al dirigente dell’ente?

“Poiché il sindaco è l’organo che rappresenta il Comune, nella corrispondenza è irrilevante scrivere all’Ill.mo Signor Sindaco del Comune di Belpasso o di Milano: l’importante è che la lettera pervenuta al Comune venga protocollata con l’indicazione che reca nella busta. Quindi il responsabile del Protocollo, o comunque la figura preposta (ciascun ente ha la sua organizzazione), riscontrato l’oggetto della corrispondenza (lavori pubblici, edilizia scolastica, randagismo, ecc.), distribuisce la lettera ai settori di competenza, quindi al dirigente del settore”.

In questo caso?

“Leggo testualmente la sentenza del Tar di Catania: ‘Il dipartimento regionale per la Pianificazione strategica serv. 7 farmaceutica, con nota 1 Agosto 2014 (prot. 61988, pervenuta in Comune il successivo 19 agosto), ha chiesto al Sindaco del Comune di conoscere quali atti siano stati posti in essere per l’apertura della farmacia”.

Quindi il Tar dice espressamente che questa lettera è stata indirizzata al sindaco. In casi del genere la prassi cosa prevede?

“Che il sindaco individui il settore che si occupa della questione: successivamente ci saranno delle trasmissioni interne tra i due organi, in modo da dare la possibilità al dirigente di giustificare l’arrivo di questa nota”.

Ovvero?

“Se la nota perviene al protocollo e poi viene portata sul tavolo della segreteria del sindaco, a questo punto il sindaco e/o il responsabile della sua segreteria, la assegna al dirigente del servizio. Il quale farà una relazione, perché è chiaro che il sindaco non può conoscere ogni questione. Quindi è verosimile che il sindaco, il protocollo o la segreteria generale abbiano trasmesso le note al dirigente del servizio, il quale, secondo la prassi, successivamente potrebbe avere scritto al sindaco e potrebbe aver prodotto una relazione”.

Quindi in questi casi c’è una collaborazione fra l’organo politico e l’organo burocratico?

“Certo”.

Il primo cittadino di Belpasso sostiene che se un dirigente della Regione scrive a un Comune, non è il sindaco che deve rispondere, ma il dirigente dello stesso Comune.

“Certo, ma la nota deve essere sottoposta prima al sindaco. A quel punto deve esserci un contatto ragionato e documentato tra i due organi e la produzione di una relazione da parte del dirigente. Il problema è che il silenzio alle due note è stato interpretato dalla Regione come un segno di disinteresse”.

In questo caso non si sa cosa sia realmente successo tra il dirigente comunale e il sindaco (o in assenza di quest’ultimo, di un suo sostituto).

“Infatti. Non sappiamo se il dirigente ha trasmesso al sindaco (o a un suo sostituto) una relazione. Non sappiamo se questa non è stata trasmessa a Palermo. Non sappiamo se il dirigente l’ha trasmessa direttamente a Palermo o se la lettera si è persa. Praticamente non sappiamo nulla”.

Che impressione trae da questa vicenda?

“E’ possibile che il Comune, conoscendo le croniche lentezze della Regione, abbia sottovalutato questa improvvisa efficienza da parte di Palermo. Ma è anche vero che l’allarme dell’Amministrazione comunale di Belpasso sarebbe dovuto scattare quando è arrivata la seconda nota, cioè quando la Regione preavvisa l’intendimento di procedere alla formalizzazione della revoca. Invece non succede niente. Dopodiché è il Tar a dare una dimostrazione plastica delle responsabilità del Comune: ‘Si sarebbero potuti indicare i motivi ostativi all’attivazione dell’iter procedimentale anche in giudizio, dimostrando che le criticità si erano risolte’. In parole povere: possono anche esserci stati errori di sottovalutazione, ma appare strano che in sede di giudizio non sia stato prodotto nulla, così come appare strano che non si sia fatto ricorso in appello”.

Luciano Mirone

 8^ Puntata. Continua.