“Non riesco a comprendere cosa vogliono dalla nostra vita. Ci hanno tolto un figlio; sono stati graziati da istituzioni che hanno preferito crocifiggere Attilio; eppure, nonostante ciò, continuano a rendere difficile ogni giorno della nostra vita già tanto provata”.

Un appello accorato, quasi disperato, quello che Angela Manca fa tramite facebook per segnalare che ancora una volta il giardino della casa di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), dove la signora vive col marito Gino, “dopo un periodo di tregua è di nuovo sotto attacco”. Stavolta calce vive è presente su tutte le piante, che stanno morendo”.

Non ha esitazioni la madre dell’urologo Attilio Manca, trovato morto nella sua casa di Viterbo (dove da due anni lavorava nel locale ospedale) la mattina del 12 Febbraio 2004, con due buchi al braccio sinistro e la presenza di due siringhe in cucina e nel bagno.

“Tutto questo – seguita Angela – influisce anche sulle condizioni fisiche mie e di Gino”. Una situazione incresciosa – denuncia la signora – “in quanto non possiamo stare neanche in casa, senza tenere occhiali scuri e gli occhi e le vie respiratorie sempre più compromessi”.
E poi: “Vorrei chiedere a questi miserabili delinquenti assassini : perché volete farci ancora del male, non siete sazi del sangue di Attilio ? O forse la nostra presenza in questa casa vi fa ricordare l’atrocità di quanto commesso?”.

È da diversi anni che i genitori del giovane e brillante medico barcellonese – che secondo ben quattro pentiti non è morto di eroina, come sostenuto dai magistrati di Viterbo, ma è stato ucciso per aver avuto un ruolo nell’operazione di cancro alla prostata del super boss di Cosa nostra Bernardo Provenzano, avvenuta a Marsiglia nell’autunno del 2003 – denunciano di essere vittime di questi fenomeni. Mentre in precedenza è stata segnalata la presenza di sostanze venefiche che, dal giardino si infiltravano nell’appartamento con conseguenze fortemente nocive per l’organismo dei due anziani genitori (da controlli medici, secondo quanto denunciato da loro stessi, sono state rinvenute tracce di metalli pesanti nel fegato) adesso viene evidenziata la presenza di “calce viva sulle piante che stanno morendo”, con effetti deleteri “agli occhi e alle vie respiratorie”.

Un’azione che si ripete nel tempo, alla quale – malgrado le denunce presentate da Angela e Gino – le Forze dell’ordine non sono mai riuscite a trovare un esecutore. Per la morte del figlio, i genitori hanno sempre puntato il dito contro la mafia barcellonese e i servizi segreti deviati: “Attilio non era un tossicodipendente, chi ha ordinato il delitto sapeva che il nostro ragazzo, suo malgrado, era diventato il depositario dei segreti inconfessabile di Bernardo Provenzano, specialmente quelli che riguardano la latitanza del boss a Barcellona Pozzo di Gotto, dove il capomafia è stato protetto da una fitta rete di complicità di altissimo livello”.

Nell’appartamento viterbese dell’urologo – dopo la sua morte – è stata rinvenuta un’impronta palmare del cugino Ugo Manca, condannato in primo grado a quasi dieci anni al processo Mare nostrum per traffico di droga, ma assolto in secondo. Il cugino ha sempre dichiarato di essere stato in quell’appartamento ma circa due mesi prima, ospite di Attilio, per un intervento di varicocele al quale si è sottoposto nell’ospedale laziale. Un ruolo, quello di Ugo, probabilmente sottovalutato dai magistrati di Viterbo, ha sempre dichiarato la famiglia, ma messo in evidenza di recente da un pentito. Ugo circola tranquillamente a Barcellona, rispettato ed ossequiato da tutti. Spesso si reca a far visita alla madre, nella casa che da sempre confina con quella dei genitori di Attilio Manca.

Nella foto: Angela Manca

Luciano Mirone