Lo sviluppo e la crescita di Belpasso dopo il terremoto del 1693 si deve grazie alla lungimiranza di Lorenzo Bufali che applicò “avant lettre” alcuni principi che furono applicati anche da Giorgio La Pira  per la ricostruzione di Firenze dopo gli eventi della II guerra mondiale.

Oggi questi principi fanno riferimento al DISTRIBUTISMO (una filosofia economica formulata da alcuni pensatori quali Gilbert Keith Chesterton, padre Vincent McNabb e Hilaire Belloc per applicare quei principi di dottrina sociale della Chiesa cattolica che affondano le proprie radici nell’esperienza benedettina (ora et labora) ed espressi modernamente nella dottrina di papa Leone XIII contenuta nell’enciclica Rerum Novarum e ulteriormente sviluppati da papa Pio XI nell’enciclica Quadragesimo Anno), Questa dottrina  si distingue per la sua idea di distribuzione dei beni e dei mezzi di sostentamento, prima fra tutti la proprietà della casa. Il distributismo sostiene che, mentre il socialismo non permette alle persone di possedere proprietà (che sono sotto il controllo dello stato o del comune), e il capitalismo permette a pochi di possederla e (come inevitabile risultato di competizione meritocratica), il distributismo cerca di consentire che la maggior parte delle persone diventino i proprietari dei mezzi di produzione e della propria casa. Come Hilaire Belloc stabilì, lo “stato distributivo” (lo stato che ha attuato il distributismo) contiene “un agglomerato di famiglie di diversa ricchezza, ma di gran lunga il maggior numero di proprietari dei mezzi di produzione”.( Hilaire Belloc,The Servile State, 1913) Questa più ampia distribuzione non si estende a tutti i beni, ma solo a mezzi di produzione e di lavoro, la proprietà che produce ricchezza, cioè, le cose necessarie per l’uomo per sopravvivere. Esso include terra, strumenti, ecc. Ma anche la casa, fondamentale per la vita stessa dell’uomo e della famiglia.

Il distributismo è stato spesso descritto come una terza via alternativa a socialismo e capitalismo. Tuttavia, alcuni l’hanno visto più come un’aspirazione, visto che è stato realizzato con successo solo a breve termine e localmente a favore dei principi di sussidiarietà e solidarietà (questi raggiunti in cooperative locali finanziariamente indipendenti). Essi sostengono che in futuro il lavoro salariato sarà visto così come oggi viene visto lo schiavismo.

Sul distributismo sono stati rilevati anche influssi della dottrina politica di Giuseppe Mazzini:

« Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna aprire la via perché i molti possano acquistarla. »

LA RICOSTRUZIONE DI BELPASSO

La rilocalizzazione dopo il terremoto del 1693 di Fenicia Moncada, accanto al vecchio sito di Malpasso col nuovo nome di Belpasso, decisa dal signore e dall’assemblea popolare, ebbe felice esito e portò  ad un massiccio ritorno dei vecchi residenti ed ad una discreta immigrazione di nuovi abitanti, Infatti Il principe, per la ricostruzione, anticipò a Lorenzo somme e affidò le terre che dovevano essere distribuite nel modo seguente:

–        Mutuo da assegnare ad ogni famiglia trasferita:
onze 02.00.00
–        Un terreno nel nuovo centro urbano per costruirvi una casa:
tumuli 1
–        Un appezzamento di terra per famiglia nelle contrade Jannuzzo, Conca Soprana e Conca Sottana:[1]

–        esenzione al pagamento di censi ed imposte ai nuovi abitanti per qualche tempo. tumuli 4

La lungimiranza politica e culturale di Lorenzo Bufali ha consentito per un verso il mantenimento delle peculiarità dei singoli quartieri preesistenti all’eruzione e nello stesso tempo ha creato le premesse per la nascita e lo sviluppo di una classe di imprenditori (agricoltori, artigiani, etc) che hanno costituito la struttura portante della nascente comunità di Belpasso.

La grande eruzione del 1669 che seppellì Catania e anche l’antica Belpasso, allora denominata Malpasso

In effetti lo statuto del Club Progressista Costituzionale elaborato ed approvato tra il 1890 ed il 1892 riflette l’impostazione culturale e la consapevolezza di essere in grado di possedere la cultura, l’intelligenza, l’autonomia, e la capacità economica di gestire una struttura societaria con locali e capitali propri. E’questa una risposta anche politica di dimostrazione autorevole di non dipendere da casate nobiliari che possedevano i locali che davano in affitto o in comodato ad altre associazioni del tempo. Infatti nello statuto originario per l’elezione degli organi direttivi si stabilisce che: il presidente ed il consiglio direttivo dovranno essere scelti dalle diverse classi da cui è composta l’associazione, CIOÈ: TRE DEI CIVILI, TRE DEGLI OPERAI E TRE DEGLI ARBITRANTI.

GIORGIO LA PIRA A FIRENZE

Giorgio La Pira condivise e promosse le idee di Keynes, applicate da Roosevelt col New Deal per assorbire la sovrapproduzione e la disoccupazione attraverso lo sviluppo dei consumi, ma lo fece nella prospettiva di una politica economica al servizio della dignità umana, che in quel momento non poteva essere protetta senza evitare la chiusura delle fabbriche esistenti.

Giorgio La Pira, ex sindaco di Firenze, simbolo del cattolicesimo democratico. 

Quando poi questa concezione del lavoro come salario ha monopolizzato l’occupazione, ostacolando pesantemente per legge la trasmissione alle giovani generazioni del lavoro autonomo dei piccoli artigiani e dei contadini, si è sviluppata la degenerazione sociale del paese. Infatti il lavoro artigiano e contadino costituiscono l’identità profonda, la radice della lingua, della cultura, del saper fare che per millenni ha formato tutto ciò che rende l’Italia uno dei grandi attrattoti del mondo. Il divieto di fatto e per legge di questo tipo di lavoro manuale qualificato nelle nostre città e campagne, la fine della libertà di lavoro con l’imposizione monopolistica dell’imprenditore e del salariato ha prodotto il taglio delle radici del nostro paese che gli impedisce oggi di svolgere il suo compito storico nel mondo.

La Pira lo aveva affermato già nel 1954: L’integrazione fondamentale per ridare volto cristiano ed umano a tutto l’edifìcio civile… è la bottega artigiana, cantiere dove si edifica con più completezza la persona umana e la città umana; dove la persona umana acquista più intima consapevolezza  delle proprie capacità creative… Vedere rifiorire le famiglie, le città, le libertà, la cultura, la vita religiosa? Lo strumento essenziale di questa generale rifioritura: la bottega artigiana!… Centinaia di migliaia di giovani disoccupati e disorientati aspettano che le porte delle botteghe artigiane siano loro aperte per edificare saldamente in esse la loro persona, la loro famiglia, la loro vita1,( 2 “Firenze e il lavoro artigiano”, 24 aprile 1954, in La Pira autobiografico. Sei, Torino 1994, p. 85.

L’economia dei consumi derivata dalla gabbia industriale sull’Italia dopo gli anni ’60 ha fatto diventare anche noi, sulla scia dell’America, dei soldati in guerra contro la natura in tempo di pace, non solo riciclando le sostanze chimiche belliche in diserbanti e anticrittogamici, ma riempiendo il mondo di ogni forma d’inquinamento e spazzatura.

L’occupazione è diminuita come dimostra l’altissima percentuale di disoccupati, sotto occupati, sotto educati oggi, ma le porte delle botteghe artigiane restano chiuse ai giovani italiani.

La radicalità creativa del cristiano La Pira domina incontrastata e puntuale sui fatti che incontra da cittadino, da sindaco, e infine come cittadino del mondo. E’ questa che commuove e suscita in chi legge il profumo della carità cristiana e il bisogno di praticarla.

In La Pira c’è un senso forte dell’etica di governo per il bene comune in qualsiasi ruolo pubblico, che continua una tradizione millenaria praticata con determinazione nel medioevo e nel rinascimento, come dimostra a Firenze Orsanmichele, il granaio della repubblica fiorentina, che serviva allo stato per calmierare i prezzi intervenendo direttamente sul mercato in difesa dei più poveri e quindi della semplicità della vita per tutti. È una difesa morale contro l’immoralità dello speculare sulle persone in difficoltà, ma è anche un modo per mantenere alta la qualità della comunità. Infatti la libertà di vivere semplicemente tutela l’essenza del pluralismo con conseguenze positive in tutti i campi.

Oggi più che mai occorre piegare alla dignità umana l’iniziativa pubblica, anche attraverso una reinterpretazione di Keynes in armonia con le idee dei distribuisti, della Rerum Novarum e della decrescita dello spreco. Aumentare il debito per investire in un cambiamento dell’economia, uno sviluppo delle attività economiche primarie cioè capaci di rispondere ai bisogni fondamentali fuori dal mercato e nei mercati locali.

Riaprire i cantieri di lavoro per dare in concessione e riportare alla coltivazione le terre pubbliche e attraverso queste incentivare la ricostruzione delle campagne. Occorre il proibizionismo per le attività e i profitti dei grandi gruppi finanziari sovranazionali e la liberalizzazione massima per le piccole attività artigiane e contadine. A questo scopo saranno importanti anche zone franche per i mercati a chilometri zero e le attività finalizzate alla sovranità alimentare.

Togliere i privilegi alla manipolazione industriale degli alimenti ridurrebbe probabilmente anche la spesa sanitaria e moltiplicherebbe i posti di lavoro autonomi facendo rinascere in nuove forme le tradizioni locali.

La presenza dei giovani in età scolastica nelle botteghe artigiane individuali vecchie e nuove, deve essere assicurata e coperta dallo stato, dalle regioni e dai comuni come attività interna all’obbligo scolastico.

Occorre una politica del genere per rispondere ai milioni di giovani senza lavoro, ai pensionati che non possono insegnare quello che sanno, al bisogno di rinascita di arti millenarie vietate da assurde regole igieniche senza nessuna prova scientifica sulla loro necessità.

Il senso alto, caritatevole, ma anche serio e preciso, del ruolo pubblico che ha avuto La Pira deve essere assunto da chiunque a qualsiasi livello esercita un’attività che risponde a interessi comuni e, vista la situazione delle strutture pubbliche, occorre incentivare al massimo gli interessi pubblici in atti privati. È così che si rifà l’Italia.

[1] Contrade situate in prevalenza, lungo il fianco est ed ovest del centro abitato, dove vi sono anche  diverse tenute della famiglia Bufali.

Lorenzo Laudani