Dopo il rifiuto di Nino Caleca e di Vincenzo Morgante di sfidare l’attuale sindaco di Palermo Leoluca Orlando alle comunali di primavera, il Pd cerca un modo per non restare fuori dai giochi di Palazzo delle Aquile. Come? Cercando un accordo con Orlando stesso. Il partito di Renzi non può permettersi di perdere ancora una volta uno dei comuni più importanti d’Italia, per presentarsi indebolito alle regionali che si svolgeranno poco tempo dopo.

Ecco perché, dopo una forte pressione della “base”, la direzione provinciale del Pd ha deciso di convergere su Orlando per le prossime amministrative, cercando di ricompattare un centro sinistra che, a livello palermitano, appare veramente alla frutta.

Basti pensare che alle ultime elezioni Orlando ha stravinto presentandosi con un cartello di liste autonome, nelle quali l’unica significativa componente di sinistra era quella di Rifondazione comunista di Giusto Catania. Per il resto, quasi tutte le forze alternative alla coalizione uscente del centrodestra, avevano trovato un’ampia convergenza sull’enfant prodige Fabrizio Ferrandelli vincitore delle primarie su Rita Borsellino, e oggi in rottura col suo partito (si candiderà da solo). Sfidando le critiche, Orlando nel 2012 vinse e sparigliò le carte del vecchio centrosinistra e da quel momento viaggia col vento in poppa per la strada tracciata.

Adesso la situazione è capovolta rispetto al 2012: il pallino del gioco è suo. E anche se a Palermo c’è gente che mugugna per la Ztl (la Zona a traffico limitato) dalla quale soprattutto i commercianti ritengono di essere stati penalizzati, o per altri provvedimenti che ovviamente non possono soddisfare tutti, Orlando in quattro anni e mezzo è riuscito a rianimare e a ravvivare una città considerata morta dopo il decennio di sindacatura Cammarata. E questo non è poco.

A prescindere dalle singole iniziative, ciò che si nota, forse a livello embrionale, è la progettualità che l’ex leader della Rete è riuscito a imprimere in poco tempo, riprendendo il lavoro svolto nelle quattro sindacature in cui è stato a Palazzo delle Aquile, quando ha puntato sulla riqualificazione del centro storico (uno dei più belli al mondo) e delle periferie.

Vedendo oggi Palermo bisogna dire che la città sembra sulla buona strada, ma c’è ancora tanto da

fare, specie nei rioni più degradati. Oggi Orlando è nelle condizioni di presentare agli elettori un consuntivo sul periodo 2012-2017. Un buon consuntivo, non sufficiente per andare “oltre” Palermo.

Lui stesso probabilmente è cosciente che solo i suoi concittadini, al momento, hanno percezione, forse, dei cambiamenti che stanno attraversando la città. Altrove questa percezione non c’è.

Ecco perché Orlando oggi preferisce completare il lavoro da sindaco, non candidandosi alla presidenza della Regione, come in un primo tempo si sussurrava. Se riuscirà a dare davvero quel volto “europeo” alla sua città, e se soprattutto riuscirà a far passare il messaggio anche attraverso i mass media (che certamente non lo amano a causa delle sue clamorose rotture col sistema), allora potrà andare “oltre” Palermo. Quanto non sappiamo, ci sono delle situazioni che al momento non è facile prevedere.

Intanto sappiamo che il Pd vuole accordarsi con lui. E questo non è poco, conoscendo il rapporto di odio-amore (più odio che amore) fra Orlando e il partito di Renzi. Il segretario nazionale, se vuole mantenere la leadership, non può permettersi di aggravare la rottura con Palermo, dopo il definitivo allontanamento da Napoli con De Magistris, la sconfitta al referendum, i problemi con la sinistra interna, soprattutto se si pensa che esiste un progetto di costruire un “grande movimento” dei sindaci, che, nelle intenzioni degli ideatori (su tutti, proprio Orlando e De Magistris) dovrebbe costituire un’alternativa agli attuali schieramenti politici.

La proposta di accordo col Pd, da un lato porterebbe consensi al sindaco di Palermo, ma dall’altro lo metterebbe in difficoltà perché potrebbe “risucchiarlo” in quella che lui stesso definisce “la palude partitocratica”. Ecco allora che Orlando potrebbe alzare la posta: lui in questo momento partirebbe da una posizione di vantaggio rispetto al Pd.

Ma il suo ostacolo principale è costituito dal sempiterno gruppo dirigente del Pd palermitano, a cominciare dal suo leader, quel Beppe Lumia considerato l’eminenza grigia degli inciuci regionali degli ultimi decenni fra il Pd, Cuffaro e Lombardo. Che Orlando e Lumia si detestino non è cosa nuova. Il sindaco di Palermo ha sempre detto di essere alternativo al senatore di Termini Imerese. Oggi una parte della base del Pd palermitano dice di essere con lui.

Luciano Mirone