A Messina succede che un sindaco onesto, anomalo e “irregolare” come Renato Accorinti, sicuramente inesperto, sicuramente trasgressivo, sicuramente poco “strategico” perfino con alcuni dei suoi (con cui da tempo è in guerra aperta) rischi di essere mandato a casa non dai cittadini che nel 2013 lo hanno eletto, ma da diversi consiglieri comunali che si stanno organizzando con una mozione di sfiducia. Un istituto che sarà pure previsto dalla legge, quello della “sfiducia”, ma che non coincide certamente con il rispetto della volontà  popolare liberamente espressa.

Non sappiamo se il disegno riuscirà. Quel che è certo è che le firme per “sfiduciarlo” sono arrivate a diciassette, una in più del minimo richiesto dalla normativa per portare la mozione in Consiglio comunale, dove, se ventisette componenti dovessero votarla, Accorinti sloggerebbe da Palazzo Zanca (sede del municipio).

Non conosciamo a menadito le deficienze e gli errori amministrativi di Renato Accorinti (che magari ci sono), ma non a caso abbiamo iniziato questo articolo con l’aggettivo “onesto”. Se si parla di una città normale, una parola come questa rischia di essere retorica. Ma se si parla di una città devastata come Messina, questa parola va presa in considerazione, malgrado l’obiezione sacrosanta che “solo” con l’onestà non puoi governare, ci vogliono competenza, esperienza, capacità di mediare. Certo…

A parte il fatto che Accorinti non avrà grande esperienza, ma in quanto a capacità crediamo che sia giusto fargli completare i cinque anni per esprimere un giudizio, ci chiediamo perché, visti i disastri combinati dai sindaci degli ultimi decenni, questa mobilitazione in grande stile è scattata nei confronti di un sindaco che quattro anni fa – dopo le memorabili lotte contro il Ponte sullo Stretto, la mafia, la cementificazione selvaggia, la guerra, la corruzione e tanto altro – si è candidato da solo contro quel sistema che ha trasformato una delle città più belle e vivaci della Sicilia (fino agli anni Settanta) in una città dormitorio, buona solo come “passaggio obbligato” per il turista che si reca in Continente o nelle altre località siciliane.

Basta recarsi in riva allo Stretto per capire. Basta vedere le colline e le montagne riempite di mostruosi palazzoni che si allargano a macchia d’olio perfino all’interno dei numerosi torrenti asciutti. Basta fare una passeggiata attorno al delizioso lago di Ganzirri (da alcuni anni Riserva naturale protetta) per toccare con mano un incredibile paradosso: cartelli di divieti su qualsiasi cosa (balneazione, pesca, prelievo di sabbia, cementificazione, coltivazione di cozze…). Solo lungo il lago però. Nelle collinette limitrofe è consentito di tutto: dallo sventramento alla cementificazione selvaggia. Basta recarsi in uno dei tanti quartieri dove ancora si vive nelle baracche costruite dopo il terremoto del 1908, per capire che i mali di Messina provengono da lontano, compreso lo scandaloso dissesto finanziario che Accorinti ha ereditato. Oppure…

Oppure basta recarsi al Palazzo di giustizia per osservare che il “sistema” che ha governato negli ultimi quarant’anni – compresi diversi consiglieri comunali che oggi si agitano per far saltare la testa di Accorinti – sia sotto processo per una serie di presunti reati commessi nell’esercizio della funzione pubblica. Un’immagine ottimamente riassunta dal giornalista messinese Enrico Di Giacomo nel suo giornale online stampalibera: “Mentre si chiede la sfiducia della giunta Accorinti, una intera classe politica è indagata, sotto processo o già condannata”.

Il processo più clamoroso? Quello al ras della politica messinese Francantonio Genovese. Il quale, dopo una sentenza sfavorevole da parte della Commissione tributaria regionale che gli ha imposto di restituire al fisco 16 milioni di euro portati in Svizzera, rischia una condanna a undici anni per associazione per delinquere, riciclaggio, peculato, frode fiscale e truffa, per la scandalosa vicenda sulla formazione professionale.

E allora, ci chiediamo, perché una mobilitazione generale contro Accorinti, che al massimo può essere accusato di scelte discutibili (come denuncia il giornalista pacifista Antonio Mazzeo, suo ex sostenitore), ma mai di situazioni così scabrose da indurre a chiedere la “sfiducia”?

Per comprendere il “caso Messina” bisogna comprendere il disastro che Accorinti ha ereditato e dal quale è partito. Se si guardano solo gli errori, magari assolutizzandoli, senza valutare il resto, questa storia, secondo noi, non può essere compresa fino in fondo.

Bisogna leggere le accuse (una ventina) che i promotori della sfiducia gli muovono, dalla carenza di acqua (una carenza causata da una frana che tempo fa ha danneggiato la condotta Fiumefreddo-Messina) al mancato risanamento delle periferie, dal problema dei rifiuti a quello dei traghetti, eccetera eccetera eccetera, per capire se sono problemi che Accorinti ha ereditato o ha creato.

Accorinti, Orlando e De Magistris durante una manifestazione a Palermo, con Linda Grasso, componente del movimento Scorta civica. Sopra: Renato Accorinti

Ci si chiede perché un sistema sotto processo voglia processare un sindaco perbene. Per amore della città o perché è consapevole che se fallisce la mozione di sfiducia, si va dritti alle urne e da lì potrebbe uscire di tutto, come è accaduto nel 2013, quando Accorinti sconvolse i pronostici e vinse? Non solo: Renato, come detto, è un sindaco fuori dagli schemi, un cane sciolto, un senza-partiti, come Luigi De Magistris e Leoluca Orlando, primi cittadini rispettivamente di Napoli e di Palermo, che parlano da tempo di un movimento alternativo al centrodestra, al centrosinistra e al M5S, che parta dalle esperienze delle città per arrivare al governo del Paese. Non è che – fra errori, scarsa esperienza e consigli di persone affidabili rimasti inascoltati – forse quel che Accorinti ha recentemente dichiarato comincia a far paura? Ovvero: “E’ il tempo di continuare a lavorare sereni per Messina dopo le macerie e le clientele del passato. Invece c’è chi pensa che il tempo che resta vada bruciato e seguendo indicazioni di burattinai distratti da giudici e avvocati, vogliono che la città resti senza guida, senza che si possa vigilare sull’arrivo degli investimenti, senza inaugurare il cantiere del nuovo porto, firmare il protocollo per il secondo Palazzo di giustizia, salire sul centesimo autobus nuovo appena comprato o stringere la mano all’ultimo dei precari che viene stabilizzato”.

E questo è tutto. Da Messina, Italia.

Luciano Mirone