Credo che sia arrivato il momento, alla luce dei volgari insulti quotidiani che ricevo su facebook, di spiegare cosa sta succedendo e perché sta succedendo.

Sta succedendo che qualcuno non perde occasione per cercare di delegittimarmi con palate di fango, puntualmente rimestate da altri che rilanciano, con il solo fine di colpirmi. Chi sono costoro? Qualche componente del Movimento “La Direzione Giusta”, qualche personaggio rancoroso, e i nuovi esponenti del potere locale – non solo quelli annidati nel Palazzo della politica – che da poco tempo hanno sostituito i vecchi.

Per mesi e mesi ho pensato di non rispondere, ma siccome noto che il buon senso e la prudenza vengono scambiati per debolezza, e magari nel frattempo qualche cittadino comincia a nutrire dei dubbi sulla mia integrità morale, per rispetto di costoro e delle persone intellettualmente oneste, sento il dovere di dire la mia.

Dalla fine dell’ultima campagna elettorale (giugno) ad oggi subisco insulti pubblici e privati inauditi, soprattutto da qualche aderente al mio ex Movimento “La Direzione Giusta” (Movimento di cui sono stato tra i fondatori ed attivisti, e che nelle ultime elezioni amministrative mi ha dato l’onore di candidarmi a sindaco).

Costoro, per giorni e giorni, non trovano di meglio che apostrofarmi pubblicamente con un florilegio di parole degne di un delinquente: “Vergogna, vergogna, vergogna, sei penoso, non sei un galantuomo, non hai dignità, vanesio, zavorra, borghese” o frasi come “soffri di allucinazioni, dovrei presentarti il conto del lavoro speso per te in campagna elettorale, non sei onesto, hai approfittato di noi”, e tanto altro.

Tutto questo si protrae da sei mesi, anzi no, tutto questo si è intensificato negli ultimi sei mesi, ma è iniziato nel corso dell’ultima campagna elettorale. Di cosa mi sono macchiato? Beh, se avete voglia e tempo, leggete il resto, che ovviamente è frutto di una ricostruzione del tutto personale, e quindi opinabile, e quindi, in quanto opinabile, giudicabile solo da voi.

Qualcuno potrebbe obiettare: possibile che l’unico buono sei tu? Non sta a me dirlo, ma delle due l’una: o sbaglio ad essere intransigente (e allora il cattivo sono io), oppure in questa Italia c’è qualcosa di profondamente malato.

Una cosa è certa: essere intransigenti costa. E pure tanto. Una cosa è certa: per essere intransigenti con gli altri bisogna essere, prima di tutto, intransigenti con se stessi. E quindi non cercare raccomandazioni, rifiutare facili carriere, rifiutare privilegi di qualsiasi tipo, mettere al centro i valori e non il danaro, stringere la cinghia alla fine del mese, farcela con le proprie forze, uscire dai settarismi e dalle appartenenze, aprirsi a quanto di positivo esiste nella società per tentare di costruirne una nuova.

Soltanto quando sai stato intransigente con te stesso, potrai permetterti – anzi “devi” permetterti – di esserlo con gli altri. Non in modo fanatico e ideologico, ma in modo aperto, vivace e dialogante; non perché l’intransigenza sia una moda, ma perché – in una società che va a rotoli – è indispensabile.

Questo discorso non sempre è compreso. Però penso che vada fatto, cioè penso che vent’anni di berlusconismo, vent’anni di craxismo, trent’anni di consociativismo e di inciucismo a sinistra, ma anche di bigotto settarismo; cinquant’anni di andreottismo, vent’anni di fascismo, aggiunti al ruolo nefasto di una parte del mondo clericale, abbiano corrotto molte coscienze, al punto da portare l’Italia al disastro. Quindi è fondamentale proporre altri modelli culturali che possano sostituire questi.

Forse per questo, nel novembre del 2012, un gruppo di cittadini appartenenti a varie anime della Società civile (dalla “sinistra radicale” fino al mondo cattolico), mi invita a candidarmi a sindaco di Belpasso, una esperienza che non avevo mai fatto e che in quel periodo, visto il momento particolarmente felice del mio lavoro, mi ha suscitato uno stato d’animo particolarmente travagliato: da un lato, se avessi vinto, avrei dovuto accantonare per cinque anni le cose alle quali tenevo tantissimo (in primis il lavoro), ma dall’altro avrei finalmente cercato di dare un contributo al cambiamento del mio paese.

Una proposta che per diverso tempo mi ha creato una lacerazione e una sofferenza interiore inimmaginabile. Basta rileggere gli articoli scritti in questo sito per capirlo.

Perché sono stato cercato? Evidentemente perché queste persone mi ritenevano portatore di valori nei quali si riconoscevano. Ma non mi conoscevano a fondo, sennò non mi avrebbero candidato; così come io non conoscevo a fondo alcuni di loro, sennò non avrei mai accettato di candidarmi.

Alla fine accetto, ma prima piantiamo insieme dei paletti: 1) Il Movimento, pur rifacendosi ai valori della sinistra, deve aprirsi a tutte le diversità culturali progressiste; 2) gli assessori li nomina autonomamente il candidato sindaco, senza ingerenze da parte di alcuno; 3) il sindaco, da solo o con una delegazione del Movimento da formare a rotazione, porta avanti il dialogo con i partiti del centrosinistra che volessero allearsi, ma tutte le decisioni (tutte!) devono essere prese democraticamente in Assemblea, senza correnti interne, senza decisioni imposte a colpi di maggioranza, senza riunioni segrete; 4) massimo rispetto per le diversità culturali presenti nel Movimento.

Si accetta e si va avanti con entusiasmo.

La mia, dunque, è una candidatura richiesta, non imposta dall’alto e, soprattutto, non imposta a nessuno. Chi vuole viene spontaneamente con spirito volontaristico. In poche parole, è una candidatura nata “dal basso”, cioè è espressione autentica della Società civile, e di questo, ora come allora, vado orgoglioso.

Una partecipazione popolare bellissima, spontanea, perché al Movimento comincia ad avvicinarsi gente delusa dai partiti, gente che non aveva mai fatto politica, casalinghe, studenti, professionisti, laureati, laureandi, operai, agricoltori, disoccupati, che vedevano in questa esperienza una Cosa assolutamente nuova in quanto espressione di tante battaglie condotte in nome della coerenza, dell’etica, dei diritti civili e della giustizia sociale.

Momenti esaltanti, perché è esaltante vedere la mescolanza di culture diverse che dialogano democraticamente ed entusiasticamente per il futuro di una comunità. Ognuno con un’idea, con un progetto, con un sorriso. E poi le donne…

Non me ne vogliano gli uomini (che pure hanno dato un contributo straordinario), ma le donne del Movimento sono state la parte più deliziosa di quei mesi di campagna elettorale. Una cosa mai vista! Donne che con grande dignità hanno sacrificato le loro famiglie, a volte il loro lavoro, per dire “ci sono!”, “cosa c’è da fare?”. Ecco, queste donne hanno dimostrato che in un paese del profondo Sud l’emancipazione femminile non è un’utopia.

E poi le Assemblee, le discussioni, il programma da redigere, il volantinaggio nei Villaggi, il Muos, il megafonaggio, i comizi, la spazzatura, il randagismo, l’8 marzo, le energie alternative, lo sviluppo sostenibile, la lotta alla mafia, la legalità, il lavoro, l’incontro con Rita Borsellino, con Leoluca Orlando, con Antonio Mazzeo, con Gianluca Manca, con Luciano Armeli. Una cosa indescrivibile.

A coordinare le Assemblee ero sempre io. Un privilegio che gli amici e “compagni” del Movimento (a proposito della parola “compagni”, poi vorrei raccontare una cosa) mi hanno voluto dare, forse perché il candidato necessitava di visibilità… o forse per rispetto dell’età. Scherzi a parte, le Assemblee le coordinavo tenendo presente il “paletto” piantato all’inizio: nessuna “corrente” interna, nessun accordo sotterraneo, massimo rispetto per “tutte” le culture presenti, discussione aperta sui punti all’Ordine del giorno, decisione finale presa a maggioranza.

In questo modo si decide il nome da dare al Movimento, “La Direzione Giusta”, al quale l’Assemblea all’unanimità – bontà sua! – decide di aggiungere in bella evidenza, al centro del logo, “Luciano Mirone Sindaco”. Quindi se l’Assemblea ha voluto inserire il mio nome, un motivo c’è: sia in termini di identità fra me e “La Direzione Giusta”, sia in termini di modello politico e culturale nuovo, sia in termini di consensi da ottenere. Non tocca a me dire se sia stata un’intuizione giusta, So solo che successivamente si sono accostati a questa esperienza, sposandone il progetto, il Pd, il Megafono e, seppure a livello simbolico Sel. Quindi, forse, in quella filosofia ispirata dal sottoscritto e racchiusa in quelle tre parole, “Luciano Mirone Sindaco”, associata ad altre quattro parole “Movimento La Direzione Giusta”, qualcosa di buono doveva esserci.

Passano i mesi. L’intesa è straordinaria. Ogni tanto qualche polemica, qualche scazzo, qualche incazzatura ma, chiarito tutto, tornava l’armonia e si continuava a respirare quel profumo bello di democrazia.

Poi succede qualcosa. Si cominciano ad avvertire i primi scricchiolii di qualcosa che comincia a cedere. Scricchiolii che, fino a quando sono isolati, fanno parte della fisiologia di una esperienza, ma quando si ripetono, possono dar luogo ad una patologia che può portare all’implosione della stessa.

Ora, direte voi: come mai si passa dall’armonia agli scricchiolii? Leggete…

Primo scricchiolio. Quando scelgo gli assessori. Lo faccio in base alle regole stabilite in precedenza. La scelta doveva scaturire da una decisione “insindacabile” (così si era detto) del candidato.

Quindi io – che anche per comprare anche una spilla convoco l’Assemblea – stavolta non la convoco. Ho avuto un improvviso rigurgito di antidemocrazia? No! Le regole che ci eravamo dati non prevedevano la convocazione di un’Assemblea per la scelta degli assessori: i nomi designati sarebbero finiti nel tritacarne e sarebbero stati motivo di polemiche interminabili che avrebbero destabilizzato gli equilibri interni. L’atmosfera ostile riservata da una parte del gruppo alle due donne prescelte (due stimate professioniste, senza tessera di partito, che pure facevano parte del Movimento) lo dimostra pienamente. Perché-loro? Perché-quella? Perché-non-quell’altra? Perché-perché-perché… Una sfilza di domande alle quali ho sempre cercato di dare civolmente delle risposte, anche se i patti erano diversi.

Dalle nostre parti, purtroppo, l’assessorato è ancora un feticcio, al quale tutti danno un’importanza quasi sacrale, e per il quale tutti mandano a quel paese tutti, col risultato di mandare a quel paese un progetto. Possibile che non si capisca che l’assessorato è una carica tecnica che comporta più oneri che onori?

Secondo scricchiolio. Uno dei candidati a sindaco, Gregorio Guzzetta, ci propone un’alleanza già dal primo turno. Convoco l’Assemblea mettendo questo punto all’Ordine del giorno. Apriti cielo! Come-ti-permetti-di-convocare-un’Assemblea-per-discutere-di-un’alleanza-con-Guzzetta? Ma scusate, conoscete un metodo diverso per decidere democraticamente? Qualcuno della “sinistra radicale” afferma addirittura che avrei dovuto dire direttamente di no, senza neanche convocare l’Assemblea. Con quale diritto? Boohh!

Terzo scricchiolio. Gli insulti gravissimi e gratuiti verso il Club progressista che un nostro aderente fa pubblicamente dal suo profilo (dove in alto campeggia l’immagine del sottoscritto con la dicitura “Luciano Mirone Sindaco”) ai 500 soci, dando la sensazione a chi legge che dietro a tali insulti ci sia io. Perché succede questo? Durante un dibattito fra candidati, organizzato da quel sodalizio, un signore non appartenente a quel circolo, Bastiano, si era “permesso” di sedersi su una delle “preziose” poltrone del Club (ovviamente lo dico in senso ironico), pur non essendo socio. L’incivile di turno (non riesco a trovare altra definizione) lo invita ad uscire. Bastiano esce borbottando, incontra un nostro aderente e gli racconta il fatto. Pochi minuti dopo su facebook si scatena il finimondo: una crociata contro l’intero sodalizio.

L’autore di tali invettive è un giovane intelligente e sensibile, il quale, invece di stigmatizzare l’operato di un troglodita che si permette di infierire su una persona debole, estende (sicuramente in buona fede, e sicuramente mosso da forti ideali di giustizia sociale) il suo dissenso all’intero circolo. La situazione scappa di mano. Diverse persone che covano un atavico odio verso il Club, non si fanno sfuggire l’occasione per sfogare i propri istinti. Dalla giusta rivendicazione promossa per difendere una causa sacrosanta, si passa alla “lotta di classe” contro la “borghesia”, contro “le signore impellicciate che si fanno l’acconciatura dal parrucchiere dei vip”, contro l’”elite dei parassiti annidata in quel postaccio” (parole utilizzate da chi oggi, all’interno del Movimento, ricopre perfino cariche istituzionali).

È vero, quel “postaccio”, in un passato ormai lontano – come tutti i circoli di paese –, si caratterizzava davvero per le posizioni conservatrici della stragrande maggioranza dei soci, ma oggi annovera persone di cultura politica eterogenea che… devo dirlo? Lo dico! Che prima avevano manifestato – magari non tutti, ma una parte – una certa simpatia per il sottoscritto e dopo questa sparata, beh… fate voi.

Al Club ho presentato due fra i libri più impegnati che ho scritto finora, facendo i nomi di Andreotti, di Berlusconi, di Dell’Utri e strappando sempre applausi molto calorosi. Questo per dire che il tempo passa anche nei circoli conservatori.

A quel punto decido di prendere una posizione: non mi sembra giusto che sotto la mia faccia, un intero sodalizio debba essere delegittimato. E scrivo come la penso. Altro finimondo. Su facebook, nel Gruppo interno del Movimento, si scatenano degli insulti inauditi contro il sottoscritto, ai quali decido di non rispondere.

Poi qualcuno si chiede perché si sono perse le elezioni! La domanda è semmai un’altra: come sono riuscito a tenere la posizione e ad arrivare terzo!

Quarto scricchiolio. Comizio nella piazzetta di San Giuseppe. Mentre le persone entrano in Chiesa, qualcuno della “sinistra radicale” del Movimento, pensando evidentemente di essere nella profonda Emilia, non trova di meglio che mettere in stereofonia “Bandiera rossa”. Sommessamente dico: “Ragazzi, per favore, così la gente non ci segue più!”. È lo stesso tono che uso in sede quando, a coloro i quali iniziano le discussioni con l’appellativo di “compagni”, dico sempre: “La Direzione Giusta è trasversale, ci possono essere persone che non gradiscono tale appellativo, evitate se potete, sennò fate come volete”. Proteste vibranti perché non sono “sufficientemente di sinistra”.

Ora una cosa va chiarita: se qualcuno crede che il sottoscritto abbia avversione per dei partiti dalle nobili tradizioni come il Partito comunista italiano e il Partito socialista italiano (che hanno dato un contributo determinante alla lotta di liberazione e alla lotta alla mafia), si sbaglia di grosso. Ho sempre apprezzato il Pci fino a Berlinguer, e il Psi fino a Pertini per le battaglie di civiltà che hanno intrapreso soprattutto per il lavoro, per la questione morale, per lo stato sociale, per il rifiuto dei missili atomici in Sicilia. Ho sempre ammirato e stimato personalità come Berlinguer, come Pertini, come Gramsci, come Amendola, come Treves, come Lussu, come Ingrao, come Pajetta, come Nilde Jotti, come Pio La Torre, ma mi si può consentire di non essere comunista, pur sentendomi progressista? Così come, pur ammirando e stimando personalità come Sturzo, De Gasperi, Moro, Dossetti, La Pira, e Mattarella, mi si può consentire di non sentirmi democristiano, pur sentendomi democratico e cristiano? Perché vedete, c’è differenza fra essere comunista ed essere progressista, fra essere democristiano ed essere democratico e cristiano. E se qualcuno mi chiede: chi scegli fra Pertini e De Gasperi, fra Moro e Berlinguer?, io rispondo: tutti, perché tutti sono portatori di valori sani. Posso dirlo o qualcuno comincia ad agitarsi?

Mettere “Bandiera rossa”, a prescindere dal contesto che ti circonda, vuol dire non avere rispetto per le persone che, dentro e fuori il Movimento, non si identificano con quell’inno. (Fra parentesi, le elezioni si svolgevano in uno dei centri più conservatori d’Italia che, al referendum del ’74, votò contro il divorzio, in controtendenza col resto della Nazione).

Ora, io penso che in un paese ultra conservatore, il linguaggio sia importante. Qui non si tratta di “vergognarsi” di essere di sinistra, come ha scritto qualcuno, ma di avere rispetto per gli altri, di capire che non è con “Bandiera rossa” o con gli insulti al Club Progressista che si affermano le proprie idee. Cioè credo che le vere rivoluzioni si facciano con il messaggio democratico che mandi all’esterno, e soprattutto con l’esempio, perché in un Paese come l’Italia, mandare dei messaggio democratici o dare degli esempi di coerenza, rappresenti un segnale di grande trasgressione.

Quando in sede, parlando di un grande imprenditore belpassese, qualcuno lo apostrofa come “capitalista di merda”, mi chiedo: perché hanno candidato proprio me? Cioè io sono convinto che un imprenditore – così come qualsiasi essere umano – vada messo al bando se è disonesto, non perché è “capitalista”. Se è onesto la politica ha il dovere di valorizzarlo.

Il mio atteggiamento in campagna elettorale non è mai stato diverso dal mio modo di essere: ho sempre attaccato Berlusconi, ma al tempo stesso ho sempre attaccato i dogmi e le contraddizioni della sinistra. Ho scritto un libro sui giornalisti uccisi dalla mafia, ma ne ho scritto uno sulla “dolce vita” taorminese. Ho scritto un libro sul generale Dalla Chiesa, ma ne ho scritto uno sulla Belpassese. Partecipo agli incontri sulla legalità, ma per carnevale vado a ballare al Club Progressista. Critico aspramente certe sovrastrutture della Chiesa, ma mi piace don Pino Puglisi, il cardinale Martini, Biagio Conte, don Gallo e Papa Francesco. Posso dirlo?

E sapete perché? Perché amo la vita, perché sono una persona libera, perché mi piace dialogare con tutti, perché non ho preconcetti o ideologie, e anzi, beddu, chiaru, vi dico fino in fondo quello che penso: fra uno di sinistra intellettualmente disonesto e uno di destra intellettualmente onesto, preferisco avere a che fare col secondo. E ho sempre fatto l’esempio dello storico Venerando Bruno, col quale ho condiviso parecchie esperienze.

Posso nominare Dio o mi è precluso anche questo? E’ successo durante un comizio, quando, parlando della cementificazione selvaggia che si sta progressivamente espandendo nel territorio di Belpasso, ho detto che per me la natura è la proiezione dell’anima di Dio, e quell’anima nessuno ha il diritto di profanarla. Che vi devo dire? Ho dovuto dare spiegazioni anche su questo.

Vuoi-metterti-dentro-quelli-di-destra!Dimentichi-di-essere-il-candidato-della-sinistra.

Voglio dialogare con le persone perbene: la discriminante non è la destra o la sinistra, ma i valori. Non mi piace incapsularmi dentro le appartenenze.

Ma-tu-sei-sostenuto-da-partiti-di-sinistra.

Embè? Le rivoluzioni così iniziano, non irreggimentandosi dietro a partiti che a volte dimenticano quali sono i valori di riferimento. Diamo dei segnali nuovi, rompiamo gli schemi, iniziamo così, iniziamo da Belpasso. Tempo perso.

Quarto scricchiolio. Si fanno le elezioni, arrivo terzo su sette, dietro a due colossi della partitocrazia. Eppure all’interno del Movimento, la “sinistra radicale” brinda. Per cosa? Per avere ottenuto un consigliere comunale di ”area”. Con quali voti? Con quelli del Movimento “La Direzione Giusta”, che si chiama pure “Luciano Mirone Sindaco”. Quindi, che piaccia o no, quei voti sono anche miei. Non-sia-mai-Come-ti-permetti!

Ora, è bello brindare per l’affermazione di un candidato, ma quando si ignora che si è stati eletti grazie ad un Movimento che propone un modello culturale nuovo, quando si ignora che il Movimento viene identificato con un nome preciso, vuol dire che la stella polare che ha segnato fin dall’inizio un cammino, è stata coperta dalle strane nubi del settarismo.

Quinto scricchiolio. Vanno al ballottaggio Caputo e Pulvirenti. Pubblicamente dichiaro che non voterò né per l’uno né per l’altro. Se in campagna elettorale mi sono dichiarato alternativo, coerenza vuole che lo sia anche dopo. La legge però prevede che in caso di vittoria di Caputo, al Movimento “La Direzione Giusta” potrebbe scattare un altro seggio. Alcuni della “sinistra radicale” (a cominciare dall’attuale “coordinatore”, nonché dalla neo eletta consigliera comunale e da qualche Professionista della diffamazione) propongono di “votare e di fare votare Caputo”. Ma come? Se fino a ieri di Caputo dicevate tutto il male possibile, adesso volete invitare la gente a votarlo? Alla fine la maggioranza si oppone e il Movimento dichiara ufficialmente di non stare “né con Caputo né con Pulvirenti”.

Sesto scricchiolio. Vince Caputo. Scatta il secondo consigliere. La “sinistra radicale” brinda ancora, convinta che i 1000 voti ottenuti dal Movimento siano tutti suoi. Brindano anche i neo eletti consiglieri comunali, anche loro convinti che l’affermazione sia solo farina del loro sacco.

Che fa la “sinistra radicale”? Infischiandosene del fatto che “La Direzione Giusta” è formata anche da persone di estrazione culturale diversa, organizza una riunione segreta (una sola?) in separata sede, per consolidare ed imporre il pensiero unico.

Bisogna-convocare-un’Assemblea-urgente-per-eleggere-il-nuovo-coordinatore. Urgente? Ur-gen-tis-si-ma. Bisogna-trattare-con-i-partiti. Ci-vuole-una-persona-che-sappia-condurre-le-trattative.

Le trattative? Ma per far cosa? Il nuovo coordinatore, ovviamente, deve essere della “sinistra radicale”.

Ovviamente alla “riunione segreta” partecipano anche i neo consiglieri comunali, anche loro di quella corrente, che non solo hanno dimenticato in fretta da dove proviene la farina che riempie il loro sacco, ma hanno dimenticato che, ricoprendo una carica istituzionale, hanno il dovere di essere al di sopra delle parti e di lavorare per l’unità e non per la disgregazione del Movimento.

Ora, cari signori, giratela come volete, smentite, mistificate, ma questa brillante strategia non è compatibile con i principi di un Movimento. Il sottoscritto non si era mai permesso di organizzare riunioni segrete per imporre delle decisioni a colpi di maggioranza. Ha dialogato con chi gli ha chiesto di discutere (assieme ai delegati) di possibili alleanze o di tanto altro, ma rapportando tutto all’Assemblea, senza infingimenti e senza accordi sottobanco.

Adesso, una parte del Movimento, si riunisce per discriminare e mortificare l’altra parte, e per renderla subalterna.

Il gruppetto si conta, calcola che potrebbe avere i numeri in Assemblea, crea una lista di coloro che potranno votare, inserendo delle persone che agli incontri hanno partecipato una o due volte al massimo, impone il “suo” coordinatore. Esattamente come avviene nei partiti.

Potrei organizzarmi anch’io, fare una corrente, raccogliere un bel po’ di gente, andare alla conta e magari vincere, ma che senso ha? Snaturerei il motivo per il quale mi trovo lì.

Preferisco non scendere a quel livello e tento le ultime carte per non far morire il Movimento. Cerco di spiegare che questo non è un metodo democratico. Scoppia la bagarre. Non-accetti-la-maggioranza.

È proprio vero che la vittoria ha cento padri e la sconfitta è orfana.

Nei giorni successivi aspetto dei segnali per una ricomposizione in extremis, niente da fare, il dado è tratto, hanno prevalso i pasdaran. Prendo atto e dico: “Se il gioco è questo, me ne vado”. Lo faccio una settimana prima dell’Assemblea che deciderà il nuovo coordinatore.

In compenso comincia un assordante tam tam fatto di altri insulti violenti che continuo ad ignorare.

In quel momento interessa imporre una linea, magari eliminando chi si è messo di traverso alla geniale proposta di “votare e di fare votare Caputo”.

Si apre il processo sulla “sconfitta”: qualcuno della sinistra estrema arriva addirittura a dire che i 2000 voti che ho ottenuto, siano inferiori a quelli presi dalla coalizione, escludendo evidentemente che i 1000 voti acquisiti dal Movimento non abbiano nulla a che fare con me. Per capire quanto sia “fondata” questa analisi, basta vedere i risultati da prefisso telefonico conseguiti della sinistra estrema a Belpasso negli anni passati.

I voti persi, semmai, derivano da ben altro: dal devastante forfait di Crocetta (annunciato, atteso in piazza da centinaia di persone, e misteriosamente sparito), dai 1000 voti di Saro Spina, dai circa 1000 voti complessivi ottenuti da almeno tre consiglieri comunali che, nel giro di pochi anni, sono passati dalla sinistra al centrodestra, e dagli oltre 300 voti del M5S, che per tanti elettori è stato visto speculare a me.

Insomma, c’è stato un fronte progressista che si è presentato spappolato per precise responsabilità di qualcuno e ha perso. Se si fosse presentato compatto, forse le cose sarebbero andate diversamente. Ma è inutile piangere sul latte versato. Si è perso, stop!

Prima dell’Assemblea – alla quale non mi presento – scrivo una lettera in cui dichiaro ufficialmente che abbandono il Movimento. Viene eletto coordinatore, l’unico candidato presente.

Pochi giorni dopo, altre ventuno persone decidono di abbandonare “La Direzione Giusta”, in netto dissenso con la “nuova” linea. Si sono sentite usate, se ne sono andate e, detto fra noi, hanno fatto bene. Accuse anche per loro. Non-accettano-il-metodo-democratico. Quale metodo democratico? Quello delle riunioni segrete?

Uno o due scricchiolii possono anche capitare, ma sei (calcolati per difetto) portano alla dissoluzione. Nei miei confronti si scatena l’inferno. Vergogna-buffone-profittatore. Addirittura “fascista”.

Perché poi? Perché ho avuto l’ardire di ribellarmi ad un metodo palesemente antidemocratico. “La Direzione Giusta” redige i suoi comunicati stampa, dove scrive che sono andato via perché non ho accettato il voto “democratico” dell’Assemblea. Peccato che a quell’Assemblea non ho mai partecipato perché avevo capito per tempo l’inganno. In ogni caso, di “democratico”, quell’Assemblea, non aveva neanche la parvenza.

Dopo quegli insulti tolgo l’amicizia da fb e dalla vita agli ideatori della “grande strategia” e ai Professionisti della diffamazione. Altri insulti.

L’amicizia è un valore sacro, eterno: se c’è rispetto c’è amicizia fra gli esseri umani, se non c’è rispetto meglio lasciar perdere. Credo che oggi la politica (come la società) sia malata per questo. Alcuni mi accusano di essere un idealista: “La politica è altra cosa rispetto alla vita”, dicono. Non sono d’accordo. Sia nella vita che in politica è necessario il grande senso della coerenza. In Italia siamo ridotti così perché abbiamo perso il senso etico della coerenza.

Si insedia il nuovo Consiglio comunale. Voci interne al Pdl parlano di strani accordi per l’elezione del Presidente e del Vice Presidente. Al momento dell’elezione, il Pdl (oggi all’opposizione) fa convergere i suoi voti sulla neo consigliera de “La Direzione Giusta”. Una coincidenza, sicuramente!

La cosa comica sapete qual è? Che mi è finita come quella moglie che scopre il marito a letto con l’amante e lo pianta. Il marito, invece di chiedere scusa, invece di tenere un rispettoso silenzio, che fa? Accusa la moglie di avere sfasciato la famiglia, e per mesi la bracca, la “stolckizza”, la riempie di ulteriori insulti. Hai-utilizzato-il-Movimento-per-farti-campagna-elettorale-Ci-hai-tolto-l’amicizia-perché-non-accetti-le-critiche-Sei-come-Mussolini. La parola “fascista” ormai è frequente. Ma ho una grande soddisfazione: fra le decine di persone che mi esprimono solidarietà, c’è anche l’Associazione nazionale partigiani.

Addirittura si arriva pubblicamente ad insultare la mia famiglia, senza che io mi permetta di accennare una sola sillaba di risposta.

Ecco cosa sta succedendo. Ecco come siamo ridotti.

Ora però basta. Basta, perché il tentativo di delegittimazione non solo si allarga a chi ha interesse a strumentalizzarlo, ma anche alle persone in buonafede.

E allora, gentili Professionisti della calunnia, spett.le Movimento “La Direzione Giusta” (i cui componenti, evidentemente, non hanno mai sentito il dovere di intervenire per prendere le distanze dal fango vomitato da qualche esponente), gentili consiglieri comunali di quel Movimento che partecipate a questo gioco al massacro, vorrei ripetere quello che ho detto a giugno: il nostro cammino è stato bello, ma si è interrotto. Mi sarebbe piaciuto continuare, ma non è stato possibile. Bisogna prendere atto della separazione. Col tempo, forse, avremo modo di ragionare sulle nostre reciproche responsabilità, e di confrontarci. Ma ancora è troppo presto. Da parte mia non c’è mai stato e non ci sarà mai un insulto personale, semmai, se ce ne dovesse essere occasione, solo critiche rispettose e civili di natura politica.

Non mi interessa imporre le mie ragioni, ma desidero essere lasciato in pace. Posso avere questo diritto?