Adesso che le elezioni comunali si sono concluse da un pezzo, adesso che Belpasso finalmente ha un sindaco di centrodestra, posso parlare.

Anche questa volta racconto una storia paesana, che in un certo senso contiene i vizi e le virtù della politica nazionale.

Recentemente mi sono candidato a sindaco di Belpasso, arrivando terzo su sette, a ridosso di due “carri armati” del centrodestra dati per favoriti fin dall’inizio. Considerati i mezzi economici di cui il volontariato dispone (cioè niente), è stato un buon risultato, per alcuni addirittura ottimo, ma comunque… non è di questo che voglio parlare.

Il primo dei “carri armati” del centrodestra, Santo Pulvirenti del Pdl, era sponsorizzato da due Pezzi da Novanta della politica locale: l’ex sindaco Alfio Papale, “primus inter pares” del paese da circa trent’anni, e il senatore Pino Firrarello, sindaco di Bronte.

Il secondo, Carlo Caputo – quello che ha vinto – (Mpa), ex vicesindaco di Papale, si è presentato con tre liste civiche, malgrado i referenti Raffaele Lombardo e Lino Leanza, con i quali si è guardato bene dal farsi vedere in campagna elettorale.

Nel bel mezzo di questa vicenda si inseriscono tre figure; due personaggi “storici” della Prima Repubblica, e un giovane della Seconda.

Il primo è, ancora una volta, l’immancabile Alfio Papale, Pdl marca Dc. Il secondo Saro Spina, Pd meno “l”. Il terzo Giuseppe Aiello il Virgulto, giovane di belle speranze, che farà sicuramente parlare di sé.

Papale diversi mesi fa ha mollato la poltrona di primo cittadino per tentare (invano) la scalata all’Assemblea regionale siciliana e a Montecitorio, Spina aveva cercato, alcuni anni fa, di rimettersi in gioco, candidandosi ancora a sindaco, e poi al Consiglio comunale, ma non c’è stato niente da fare anche per lui.

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“Ho una paura fottuta che quello possa diventare sindaco”, confidava Papale agli amici fidati nei giorni della campagna per le amministrative, laddove per “quello” intendeva il sottoscritto. Non perché “quello” fosse meglio degli altri, ma perché in questi decenni, “quello”, è stato uno dei pochi a dargli fastidio, su tante cose, specie in tema di legalità.

Quando, a un certo punto, il Pd decide di appoggiare ufficialmente la mia candidatura, la paura di Papale diventa incubo. Fonti del suo entourage raccontano di telefonate alle cinque del mattino: “Carusi, dobbiamo unire il fronte, non possiamo far vincere quello”.

Appuntamento in un ristorante dell’Etna per concordare la strategia. All’ultimo momento niente cena, per telefono arriva il contrordine. “Tutto a posto. Si candida Saro Spina”.

A questo punto entra in gioco quest’altro personaggio paracadutato dal passato: Rosario Spina detto “Saro”, dal 1993 al 2002 sindaco di Belpasso, quasi un decennio in cui ha fatto cose buone e cose assolutamente pessime.

Ebbene: Saro Spina, malgrado i dieci anni di sindacatura, e malgrado i recenti flop elettorali, è stato irremovibile: “Mi candido per la quinta volta”. “Ma cerca di capire, hai superato i sessant’anni, vieni da due sconfitte di seguito, dai spazio a quelli più giovani…”. Niente da fare. Spina raccoglie una ventina di persone, molte delle quali legate all’ex assessore lombardiano Daniele Capuana (appoggiato da Saro alle ultime regionali), fa una lista civica e si presenta, consapevole di non potere andare da nessuna parte, ma altrettanto consapevole di farmi perdere e, di conseguenza, di far vincere uno dei candidati dell’ancien regime.

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La storia della mia candidatura nasce nell’autunno del 2012, quando diversi cittadini di culture eterogenee (dall’area di sinistra all’area cattolica), mi propongono di scommettermi per la prima volta ad una elezione a sindaco. Dopo settimane di riunioni, di discussioni, di avanzamenti e di retromarce, accetto la proposta, si costituisce il Movimento “La Direzione Giusta” e si ufficializza la decisione il 27 gennaio, nel corso di un incontro pubblico molto affollato.

Qualche mese dopo – come detto – il Pd sceglie il sottoscritto, scartando la candidatura Spina, che di quel partito ha sempre fatto parte, mentre il “Megafono” del presidente della Regione Rosario Crocetta, è indeciso se optare per me o per il candidato di Raffaele Lombardo. Che importanza può avere se Lombardo è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, e se io sto da tutt’altra parte? Siccome fra il destrorso Caputo e il sinistrorso Virgulto c’è un feeling fortissimo, siccome alla Regione, Lombardo e Leanza inciuciano alla grande con Crocetta, il Megafono è tormentato dal dubbio.

Intanto Spina, vistosi scartato dal suo stesso partito, dichiara: “Faccio tre passi indietro, rispetto la volontà del partito e non mi candido”, salvo a cambiare idea qualche ora dopo quando, alle sei del mattino, prende il telefono e sveglia un componente del Movimento di cui faccio parte: “Se Luciano non mi nomina vice sindaco, faccio una lista e mi candido lo stesso”. Cos’è? Un delirio di onnipotenza, un avvertimento, cos’altro? Dato che non sono abituato a raccogliere questo genere di cose, faccio finta di non capire e vado avanti.

Poi il buon Saro cambia di nuovo idea: “Facciamo le primarie della sinistra. Chi vince fa il sindaco, chi perde il vice sindaco”. Peccato che le primarie è impossibile farle per almeno tre motivi.

Primo motivo. Se il Pd non ha ritenuto di candidarlo, le primarie fra chi si fanno, fra Spina e il suo stesso partito, che ha deciso di appoggiare me.

Secondo motivo. Se avessi partecipato alle primarie, avrei ammesso indirettamente di essere di “parte”. E siccome non mi riconosco in nessuno degli schieramenti attuali (pur sposando culturalmente i valori della sinistra), decido di dire no. Giusto, sbagliato?, non lo so, ma sono convinto che il terreno di entrambi gli schieramenti, oggi, sia impraticabile. L’unica cosa da fare – penso in quei frangenti, ma in verità anche ora – è tentare un rinnovamento attraverso il coinvolgimento della parte migliore della Società civile. O la va o la spacca. E’ un tentativo difficilissimo, quasi impossibile: la Società civile vive una crisi di valori senza precedenti (troppo opportunismo, troppo individualismo, troppo settarismo), ma i partiti sono combinati peggio: troppo incancreniti per potere sperare in un loro cambiamento. Qualcuno obietta: devi entrare nei partiti per cambiare il sistema. Non la penso così. Se avessi visto un minimo di praticabilità, forse ci sarei entrato da un pezzo in un partito, ma entrare in un partito vuol dire farsi stritolare dalle logiche dei numeri, delle correnti, dei tesseramenti fasulli, delle convenienze, e poi qualcuno mi sa dire se nelle agende di un partito come il Pd o il Pdl si leggono parole come giustizia sociale, lavoro, istruzione, cultura, solidarietà, legalità, ambiente, lotta alle mafie, riassetto del territorio?

Un Umanesimo moderno non può prescindere dalla gente perbene che si trova fuori dai partiti. La grande scommessa è quella di mettere insieme tutta questa gente, e magari portarla a dialogare con la gente perbene che si trova dentro i partiti, non da una posizione di subalternità. Credo cioè che il dialogo fra gente onesta e illuminata possa portare un vento nuovo e fresco sia nella politica che nella società. Questo è stato lo spirito col quale mi sono candidato, e questo è lo spirito che mi anima anche adesso.

Illuso? Può darsi, ma credo che sia l’unica strada. È un sogno che altri inseguono da tempo: don Luigi Ciotti, Gino Strada, Salvatore Borsellino, Rita Borsellino, Renato Accorinti, le associazioni per la tutela dell’ambiente, i non violenti dei No global, dei No Tav, dei No Muos, Greenpeace, l’area cattolica più progressista, i Movimenti per la legalità, per la pace, eccetera.

Terzo motivo. Novembre 2012. Primarie per la segreteria nazionale del Pd (ricordate la sfida fra Renzi e Bersani?). A Belpasso quelle primarie sono state inquinate. Da chi? Da chi – contravvenendo alle regole imposte dallo Statuto del partito – non ha trovato di meglio che portare al seggio i suoi amici di destra (fra cui l’allora vice sindaco, oggi sindaco Carlo Caputo) per far vincere Renzi, così da accreditarsi come il referente a Belpasso del primo cittadino di Firenze. Chi? Giuseppe Aiello il Virgulto, che farà parlare di sé. A quel punto non potevo permettere che la palude inghiottisse anche me con altre primarie-farsa.

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Spina non si dà per vinto e cambia idea un’altra volta: “Se non si fanno le primarie, facciamo un sorteggio”. Un sorteggio? “Per cosa?”.

È la domanda che gli pongo mentre, seduti al bar, Spina Rosario detto “Saro” se ne esce con questa battuta. “Si faccia un sorteggio: chi vince fa il sindaco, chi perde il vice sindaco”. “Dai Saro, non scherzare”. “Non sto scherzando, il sorteggio è un metodo democratico”.

Vorrei ordinare un doppio whisky, ubriacarmi, prorompere in una risata oscena davanti a tutti, illudermi che il mio interlocutore stia scherzando, ma resto con quella tazza di cioccolata fra le mani, e in quel momento, osservando il suo volto serio, ho la certezza che il buon Saro stia parlando seriamente. Già, perché non affidare i destini dei nostri figli a un sorteggio?

Visto che anche quest’altra proposta si rivela un ulteriore buco nell’acqua, l’ex sindaco cambia strategia anche stavolta e riesuma l’idea della vice sindacatura. “O le primarie o il sorteggio. Oppure la vice sindacatura”, mi dice.

Riunisco il Movimento e alla fine si decide a maggioranza: “Ok. Vice sindacatura a Spina”.

Altro incontro con Spina, al quale comunico la decisione. Niente da fare anche stavolta: “Faccio il vice sindaco, ma ad una condizione: che ogni tua decisione debba passare da me”. “Scusa Saro, che vuol dire?”. E lui: “Quello che hai capito: qualsiasi decisione del sindaco deve passare dal vice sindaco”. Faccio una pausa, mi do un pizzicotto, capisco che non sto sognando, e comincio seriamente a preoccuparmi. Mi chiedo: “Ma quando un allenatore decide la formazione, deve passare dal vice allenatore?”. Gli faccio questo paragone, e lui serafico: “Questa è la mia proposta: se accetti andiamo insieme, se no andiamo separati, non c’è problema”.

Lunga pausa, altra tentazione del doppio whisky, poi opto per cinque pizzicotti e ho la tragica conferma che sono sveglio.

Spina non vuole la vice sindacatura, ma la co-sindacatura. “Scusa Saro, ma quando hai fatto il sindaco, qualcuno ti ha mai imposto una cosa del genere? Sono d’accordo che sindaco e vice sindaco debbano collaborare, ma in modo spontaneo e leale, senza obblighi”.

Perentoria stretta di mano: “La proposta è questa, fammi sapere!”.

Sempre più basito dico: “Dammi un paio di giorni”.

Trascorro due giorni da incubo: non so cosa rispondere: “Se accetto – dico fra me – sarò un sindaco dimezzato, se non accetto, questo signore sarà capace di riconsegnare la città al vecchio sistema”.

Sono paralizzato, non riesco a dare una risposta. Quel che mi tormenta non è tanto il dilemma, quanto una proposta che ha sempre più il sapore dell’aut aut, e non solo.

Passano i due giorni. Non riesco a prendere il telefono. Mi comporto da cafone, da maleducato, avevo dato la parola che l’avrei chiamato, ma sono paralizzato. Prendo il cellulare, cerco di comporre il numero, ma lo poso immediatamente. Come vogliamo definire il messaggio di Spina? La parola l’ho trovata, ma non la scrivo per decenza. A quel punto mando a quel paese l’educazione, la buona creanza, il galateo, ma Saro Spina non lo chiamo manco morto. Perdo, vinco? Chissenefrega! Se il prezzo da pagare è questo, meglio perdere, ma la faccia non la perdo! Che chiami lui! Lui ovviamente non chiama e allo scadere del terzo giorno comunica quel che si sapeva da tempo: “Vado da solo. In caso di ballottaggio faremo un accordo”. Certo, in caso di ballottaggio… Ma al ballottaggio bisogna arrivarci.

Il Megafono intanto, dopo riunioni infuocate, scioglie la riserva: fra me e Raffaele Lombardo, appoggia me. A decidere è la base che minaccia di andarsene.

Si fanno le elezioni, Spina prende 1000 voti. Io quasi il doppio. Tutto secondo copione: i voti di Spina sono quelli che mi mancano per andare al ballottaggio. E al ballottaggio – giurano tutti – avrei vinto. Al ballottaggio, invece, ci vanno i due candidati del centrodestra. Tutto come previsto.

Si apre il mercato delle vacche: i candidati che hanno superato il primo turno – in vista del secondo – offrono vice sindacature ed assessorati a chi ha perso. Dichiaro ufficialmente che non appoggerò ne l’uno né l’altro: se mi sono dichiarato alternativo in campagna elettorale, devo essere coerente fino in fondo. Silenzio da parte di tutti. Il silenzio di Spina, poi, è quello più assordante.

Vince il “giovane” candidato di Raffaele Lombardo, quello che alle primarie aveva votato Renzi.

Passa qualche giorno e il coordinatore provinciale del Movimento di Crocetta dichiara alla stampa: “A Belpasso il ‘Megafono’ avrà un assessorato’. La rete di facebook si indigna con il Megafono di belpasso, il nuovo sindaco deve smentire: “Solo una collaborazione gratuita”.

Morale della favola: Spina fa perdere me e fa vincere il candidato di destra; il Megafono, con un solo consigliere comunale, ottiene il massimo: la vice presidenza del Consiglio comunale e la collaborazione “gratuita” con l’assessorato allo Sport. Intanto a Catania Lombardo, Leanza, e perfino il “comunista” Orazio Licandro festeggiano la vittoria di Bianco, con la benedizione dello stesso Crocetta. Il reddito pro capite si abbassa, la disoccupazione aumenta, il debito pubblico è una voragine, i Senza casa scendono in piazza, le scuole cadono a pezzi, un pentito di camorra dice che fra vent’anni le popolazioni della Campania saranno decimate a causa dei rifiuti tossici sotterrati dalla camorra che si è “appattata” con la politica, il Pd è costretto ad annullare i congressi nelle città italiane a causa del tesseramento gonfiato, insomma un disastro.

Nel nostro piccolo, Saro Spina e Giuseppe Aiello il Virgulto – dopo l’inquinamento delle primarie, premiato con un posto nella direzione provinciale del Pd, e con una probabile candidatura alle prossime elezioni nazionali – si sono alleati, e dichiarano solennemente che stanno lavorando per “una grande sinistra anche a Belpasso”. Il “rinnovamento” è iniziato.