Quando nello scorso dicembre, in questo sito, spiegai le ragioni della mia candidatura a Sindaco di Belpasso, usai una parola che a mio avviso sintetizzava meglio di qualsiasi discorso le motivazioni profonde di quella scelta: “Amore”.

Ero consapevole che questo termine – specie in campagna elettorale – è assai inflazionato dai politici di professione, ma utilizzai ugualmente questa parola perché il cuore mi diceva di farlo, anche a costo di apparire retorico e di essere messo alla stregua di chi “usa” questo sostantivo per fini non propriamente nobili.

Però siccome sono convinto che i cittadini siano in grado di separare “il gran dal loglio”, quel termine lo uso con più forza oggi, a distanza di tre mesi, perché è giusto che tutti conoscano i fatti e i retroscena che nel frattempo sono intervenuti: l’ultimo in ordine di tempo, l’alleanza con le forze progressiste.

Questa “avventura” esiste nel cuore e nelle teste di molti da parecchio tempo, credo addirittura da anni, ma essa si è concretizzata in un garage, col freddo pungente di dicembre.

Fin dai primi giorni la cosa che mi ha colpito enormemente è stato l’entusiasmo, la voglia di cambiare, il desiderio di futuro di tanti uomini, ma soprattutto di tante donne, aumentati di volta in volta, ognuno con un’idea, con una domanda, con un progetto, con un sorriso, con una torta da offrire agli altri.

Scusate l’immodestia, ma questa cosa meravigliosa che sta succedendo da noi si chiama integrazione, il sogno che diventa realtà, l’utopia che diventa politica.

Una cosa mai vista, almeno a Belpasso, che esprime un nuovo modo di intendere il futuro, dopo lo sfascio che speriamo di esserci messi definitivamente alle spalle. Una politica non imposta dall’alto, ma decisa dai cittadini attraverso il dialogo, il dibattito, le parole semplici e chiare.

Qualcuno mi ha spiegato che tutto ciò si chiama “democrazia partecipata”. Si sperimentò per la prima volta nelle “polis” greche oltre duemila anni fa, quando il mondo ellenico era un modello di civiltà per tutti.

Oggi anche noi cerchiamo di applicare quel modello, anche i “Comuni virtuosi” che operano nel territorio nazionale. Ecco, sia la nuova Belpasso (alla quale, modestamente, ci onoriamo di appartenere), sia i “Comuni virtuosi”, stanno scrivendo una bellissima pagina di storia.

Puntiamo sul turismo, sull’agricoltura d’eccellenza, sul cibo genuino, sull’artigianato, sul paesaggio, sull’Etna, sulla cultura, sulla Scuola, sui giovani, sullo sport, sull’arte, sulle intelligenze locali, sulla trasparenza, sull’acqua pubblica, sulla raccolta differenziata, sulle energie alternative.

Sembra una cosa da niente ma è la rivoluzione, perché in un posto dove da decenni si fa il contrario, parlare di tutto questo è semplicemente rivoluzionario.

Da sempre parliamo questo linguaggio, ma da tre mesi, a Belpasso, queste idee camminano sulle gambe degli uomini. Sono “voci di dentro” sentite da tanta gente che non ha mai potuto esprimerle perché oppressa dalla cultura aberrante di un potere che ci ha inculcato frasi terribili come con-la-mafia-bisogna-convivere, la-politica-è-merce-di-scambio, i-soldi-sono-l’unica-cosa-che-conta.

Poi è cambiata qualcosa. Nel 2010-2011 ci sono state le “Primavere arabe”, tiranni che da decenni opprimevano i loro popoli sono stati spazzati via dal nuovo vento della democrazia che donne e uomini – anche lì, che cosa stupenda l’integrazione! – hanno seguito mediante il web e portato nelle piazze.

Poco dopo nel nostro Paese – con una crisi economica galoppante – c’è stata la vittoria dei sindaci progressisti di Napoli, di Palermo, di Milano, di Parma, di Bari, di Barcellona Pozzo di Gotto e di tanti altri piccoli e grandi Comuni italiani.

Nello stesso anno è caduto Silvio Berlusconi ma – come gli succede spesso – in parte si è rialzato, limitando notevolmente il cambiamento. Sembrava spacciato, gli è bastata una delle sue promesse bizzarre (in questo caso la restituzione dell’Imu) per recuperare in fretta una parte dei consensi e rendere il Paese ingovernabile.

A Belpasso un altro personaggio che sembrava eterno ha perso la leadership, non sappiamo “se”, “come” ed eventualmente “quando” si rialzerà, sappiamo che al momento (politicamente parlando) pare parecchio provato.

Alle elezioni nazionali del febbraio 2013 il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo ha raggiunto una percentuale inimmaginabile: il 25 per cento. A Belpasso addirittura il 35.

La mia candidatura arriva in un momento come questo. Da un lato la crisi dei partiti tradizionali, dall’altro l’exploit del M5S.

All’interno del nostro gruppo, nel frattempo, succedevano tante cose. A un certo punto l’assemblea – fra una ventina di proposte – ha votato a maggioranza il nome del Movimento, “La direzione giusta”.

Stefania (architetto, laureatasi brillantemente alla “Sapienza” di Roma) ha fatto un bellissimo logo che raffigura “a strata ‘ritta”, simbolo di Belpasso, e ai lati delle forme geometriche di vari colori che attraggono immediatamente l’attenzione. Dopo una discussione animata, qua-ci-va-il-giallo-No-ci-va-il-rosso, alla fine anche il logo è stato approvato.

Intanto si organizza la presentazione ufficiale del candidato, quindi i dibattiti sulle problematiche che affliggono la città: in entrambi i casi, assieme ad esperti e docenti universitari, c’è un sacco di gente che vuole parlare e vuole “disegnare” la città del futuro. Sì, perché alla “Direzione giusta” il programma mica si cala dall’alto, si scrive assieme ai cittadini.

Dunque, dicevo, da un lato i partiti tradizionali, dall’altro il Movimento di Grillo. A proposito di 5 Stelle, devo raccontare un retroscena. Anche la formazione del comico genovese – o meglio: alcuni personaggi di punta – mi ha proposto di candidarmi a Sindaco di Belpasso. Ho risposto così: aggreghiamoci e mandiamo a casa un centrodestra che da decenni fa il bello e il cattivo tempo. “Niente da fare”. E perché? “Perché Grillo ci ha vietato di fare alleanze”. Vi ha vietato di farle con i partiti, noi siamo un Movimento. “No, ci ha proibito di andare anche con i Movimenti di Società civile”. Ah. “Se vuoi fare qualcosa con noi, devi iscriverti al 5 Stelle”. No grazie, le imposizioni non fanno per me, preferisco la libertà, un saluto garbato e ognuno per la sua strada.

Intanto “La direzione giusta” proseguiva il suo cammino. Le adesioni aumentava

no, la sede diventava sempre più stretta e proprio per questo qualcuno – malgrado il freddo polare – proponeva di fare i dibattiti in piazza.

Intanto dall’altra parte, i partiti alternativi al sistema, benché in perenne rapporto di amore-odio con il sottoscritto per alcune “singole” contraddizioni che ho regolarmente denunciato, facevano capire che il dialogo con noi era possibile, un dialogo basato non sullo scambio di poltrone, ma sui valori, sui programmi, sulla trasparenza.

Dopo un lunghissimo travaglio interno durato circa tre mesi, il Partito democratico, la lista “Megafono” del governatore della Sicilia Rosario Crocetta (che nei prossimi giorni dovrebbe ufficializzare la decisione), un raggruppamento di Socialisti e di appartenenti all’area cattolica, hanno chiesto di convergere “senza porre condizioni” sulla mia persona e di allearsi con “La direzione giusta”. Il fatto straordinario è che tutto questo è avvenuto negli stessi giorni in cui al Senato veniva eletto l’ex procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, e alla Camera la Portavoce dell’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’Onu, Laura Boldrini. Un segnale significativo per chi crede ai segnali.

All’interno del Movimento è nato un dibattito vivace, intenso, bello anche. Le varie posizioni, alla fine, hanno preso un’unica strada, e, chissà perché, ogni tanto guardavo “a strata ritta” del nostro logo.

Si va avanti, conservando la nostra identità e i nostri principi, con la consapevolezza che la nostra presenza deve servire al rinnovamento della politica e non alla cronicizzazione dei vecchi vizi di essa.

Continuiamo con la nostra insuperabile voglia di dialogare, ma anche con la nostra intransigenza. Organizziamo dibattiti, parliamo con la gente, “contaminiamo” gli altri del nostro entusiasmo, delle nostre prospettive, dei nostri orizzonti, ma allo stesso tempo cerchiamo di avere la consapevolezza che nella sinistra e nel mondo cattolico esiste un patrimonio di gente perbene con le quali si può costruire una nuova politica.

Siamo una forza alternativa al “sistema”, ma contemporaneamente siamo una forza responsabile che – in un momento di crisi come questo – vuole dare un’Amministrazione stabile ed efficiente alla nostra città, un’Amministrazione che metta al primo punto del suo programma lo Sviluppo economico. Per questo – pur essendo alleati dei partiti della sinistra e con una parte del mondo cattolico, con cui condividiamo gli stessi valori – continuiamo a dire che vogliamo andare oltre le categorie della destra e della sinistra. Il nostro partito si chiama Belpasso, si chiama Sicilia, si chiama Italia.