A proposito di primarie! Vorrei raccontare un piccolo aneddoto che si è verificato al mio paese, unico centro della provincia di Catania, assieme a Paternò, dove Renzi ha vinto con il 51 per cento. Direte: che c’entra Belpasso con le primarie del centrosinistra? Beh, forse c’entra o forse no.

Se è vera la frase di Tolstoj, “descrivi il tuo villaggio e diventerai universale”, questa storia coglie le contraddizioni di un evento elettorale che, seppur esaltante soprattutto nei primi anni, oggi comincia a mostrare dei limiti.

Perché, vedete, l’Italia non è l’America, dove i conservatori stanno da una parte e i progressisti dall’altra, e neanche la Francia, l’Inghilterra, la Germania, i Paesi del Nord Europa, dove chi vince governa e chi perde fa opposizione: due mandati e a casa, al lavoro di sempre.

Nel nostro Paese c’è il partito dei “professionisti della politica”, il partito di quelli che “vincono sempre e non perdono mai”, il partito dei Gattopardi, dei trasformisti, i quali, al pari dei rinviati a giudizio e dei condannati, sono il vero cancro della nostra democrazia.

Le primarie del centrosinistra saranno una bella espressione di democrazia, ma senza delle regole e degli uomini che facciano da deterrente al trasformismo, rischiano di sfasciare i tentativi di buona politica, e di diventare una colossale presa in giro per chi crede nella partecipazione.

Risulta dunque da fonti del Pd di Belpasso – quindi da fonti ufficiali – che in occasione delle ultime primarie siano andati a votare il vice sindaco e alcuni assessori dell’Amministrazione di centrodestra. Giovani speranze perfettamente in sintonia con qualche virgulto del Pd che in Consiglio comunale, dai banchi dell’opposizione, ibìn talune occasioni ha brillato per aver favorito la cementificazione del territorio, squassando un partito (il suo), che a quel disegno si opponeva.

Il 19 ottobre 2012 il Collegio dei garanti del Partito democratico, nell’approvare il regolamento delle primarie, era stato inflessibile: “Non sono ammessi al voto coloro che svolgono attività politica in contrasto con la Coalizione di centro sinistra”.

Prima domanda: se un’infiltrazione del genere si è verificata con persone del centrodestra ampiamente conosciute, chi ci vieta di pensare che le maglie delle primarie non si siano allargate per i consiglieri comunali o per i semplici iscritti della coalizione avversaria?

La situazione si aggrava notevolmente se si considera che il vice sindaco e gli assessori in questione, per anni, sono stati in Giunta con un sindaco che – per interessi personali – ha devastato il territorio con una colossale colata di cemento. Una doppia anomalia, in contrasto con la cultura di sinistra.

Seconda domanda: se un fatto del genere è successo a Belpasso, chi ci vieta di pensare che non sia successo altrove?

Stesso fenomeno – seppure su scala molto più ampia – si è verificato appena sei mesi fa a Palermo, in occasione delle primarie del centrosinistra, dove fra Rita Borsellino e il “giovane” Fabrizio Ferrandelli, si sarebbe dovuto eleggere il candidato a sindaco da contrapporre all’esponente del centrodestra.

Il Comitato dei garanti del centrosinistra palermitano ha sancito che, almeno nella sezione dello Zen (ma non ha escluso casi analoghi in altri quartieri), si è verificato un inquinamento del voto: è stato documentato che molti elettori dell’altro schieramento hanno votato per Ferrandelli. Il quale, alla fine, aggiudicandosi le primarie, ha eliminato la Borsellino.

Un fatto analogo era successo l’anno precedente a Napoli: per neutralizzare un personaggio scomodo come il magistrato antimafia Luigi de Magistris, si erano verificati brogli di enorme gravità.

Vicende isolate o collegate da un filo invisibile? Non lo sappiamo. Sappiamo però che a Palermo come a Napoli pezzi del centrosinistra hanno “inciuciato” alla grande con pezzi del centrodestra, trovando nella Regione il punto di convergenza.

L’inciucio tra Raffaele Lombardo, l’Udc e il Pd siciliano ne è la dimostrazione lampante. Poteva quest’asse consentire a Rita Borsellino di rompere quel sistema se fosse diventata sindaco di Palermo? Poteva consentire alla sorella del magistrato assassinato in via D’Amelio di assurgere a una posizione che l’avrebbe portata a condizionare i giochi per le elezioni regionali e nazionali?

Ricordiamoci le primarie dei primi tempi, quando c’era Romano Prodi: i furbi non avevano ancora sgamato il gioco: il popolo del centrosinistra votava ed eleggeva democraticamente il candidato. “Solo” il popolo del centrosinistra.

Perché è bene che si comprenda una cosa: le primarie non sono come le elezioni, non sono (non possono essere) aperte a tutti: infatti si chiamano “primarie di partito” (se si svolgono tra esponenti di una sola forza politica), o “primarie di coalizione” (se si svolgono tra esponenti di uno schieramento). La filosofia che le ispira è la scelta del candidato da parte della “base”. Se questo avviene, vince il candidato più autorevole. Se si verificano “contaminazioni” esterne, c’è il rischio – come è successo a Palermo – che il candidato più autorevole venga eliminato.

Quindi le primarie – se gestite male – possono rappresentare il “cavallo di Troia” di un potere trasversale che si serve delle dinamiche di democrazia interna per scardinare un progetto di buona politica.

Contrariamente ad altre volte, in questa occasione non sono andato alle primarie. Non per snobismo, ma perché non mi appassionano come un tempo. E non mi appassiono perché credo di aver capito il gioco. Avrei votato Vendola per la sua profondità di pensiero, per la sua cultura, per la sua sensibilità, ma da quando il presidente della Puglia ha deciso – col suo Sel – di omologarsi al Partito democratico, non mi riscalda il cuore.

Matteo Renzi sarà pure un giovane in gamba, sarà pure simpatico, dirà pure delle cose giuste, specie quando denuncia lo scandalo di alcuni esponenti del Pd che siedono in Parlamento da un quarto di secolo. Ma temo che, con il pretesto della rottamazione, voglia sfasciare un sistema per crearne uno speculare, piazzandosi al vertice di esso.

Mi sbaglierò, ma qualcuno deve spiegarmi perché, mentre ancora Berlusconi era presidente del Consiglio, il sindaco di Firenze (ricordiamolo: iscritto al Pd, non al Pdl) andò a trovarlo nella sua residenza di Arcore. Non è cosa da poco. O la visita è stata istituzionale, oppure è stata privata. Se è stata istituzionale, doveva avvenire nella sua sede naturale, ovvero a Palazzo Chigi; se è stata privata, beh… non mi sembra una cosa molto ortodossa. Sì, certo, magari non c’è niente di male, ma è un gesto anomalo. È strano che due cariche istituzionali – per giunta di schieramenti opposti – si incontrino riservatamente in una abitazione. Per dirsi cosa?

Osserviamo i fatti: perché il Cavaliere fa frequentemente delle dichiarazioni a favore di Renzi? Chi è stato l’uomo immagine del sindaco di Firenze? (si chiama Giorgio Gori, fino a poco tempo fa, l’uomo immagine di Mediaset). Chi gli ha tirato la volata per le primarie se non “il Giornale” (di proprietà della famiglia Berlusconi) e “Libero”, quotidiano vicino all’ex presidente del Consiglio?

Da un lato le chiacchiere, le scaramucce e il “gioco della parti” tra Renzi che critica Berlusconi e quest’ultimo che lo elogia; dall’altro i fatti.

I fatti… Come quelli di Napoli e di Palermo. E come quelli di un piccolo paese del profondo Sud. Dove certi giovanotti dell’uno e dell’altro schieramento stanno cavalcando il successo di Renzi. Per un altro “inciucio”? Ma no, solo un’alleanza “democratica”. Ovviamente per il bene del paese.