Chi è il candidato più credibile per la presidenza della Regione Siciliana?

Su dodici partecipanti, il cerchio si stringe attorno a cinque, cioè a quei rappresentanti più conosciuti e sostenuti dai partiti più forti: Rosario Crocetta (Pd e Udc), Gianfranco Micciché (Grande Sud), Nello Musumeci (Pdl), Giovanna Marano-Claudio Fava (Sel, Idv, Verdi, Federazione della sinistra), Giancarlo Cancelleri (Movimento 5 Stelle).

Partiamo da quest’ultimo. È poco conosciuto, anzi diciamo che è sconosciuto. Eppure è il candidato di uno dei partiti più forti d’Italia. Non lo conosco, quindi non posso votarlo, il criterio che mi sono dato per esprimere il mio consenso non può prescindere da tre elementi che ritengo essenziali: la coalizione che sostiene il candidato, la pericolosità degli avversari a livello sociale, la storia del candidato (dunque il suo impegno contro la mafia e la corruzione, per la legalità e per l’ambiente).

La storia del candidato grillino mi è assolutamente sconosciuta (sarà un mio limite), mentre seguo con molta attenzione i progetti del Movimento 5 Stelle. Alcuni li trovo molto interessanti, specie quelli legati al futuro modello di sviluppo, un modello basato essenzialmente sulla tutela del paesaggio, del suolo, dei beni culturali e sulle energie rinnovabili. Da questo punto di vista, il movimento di Beppe Grillo è il più moderno di tutti, quello che ha compreso più e meglio degli altri la crisi del modello novecentesco basato sull’industria pesante, sull’industria dell’auto, sulla siderurgia, sulla cementificazione selvaggia, sulla costruzione indiscriminata di capannoni. Ed ha intercettato il voto di una fetta illuminata di elettorato che ha compreso la validità della proposta politica. Gli altri partiti – al cospetto di un progetto del genere – sembrano lontani anni luce.

Però c’è un però. Anzi due però. Il primo riguarda il suo leader carismatico Beppe Grillo. Il suo linguaggio è come un fiume in piena, il suo temperamento una forza della natura, suscita spesso la risata, dice delle cose molto interessanti, ma ahimè, distrugge tutto con un “vaffanculo” che sa tanto del qualunquismo o della furbizia di chi cerca di catturare i consensi della gente incazzata. Il qualunquismo misto a furbizia si chiama demagogia. E non mi piace.

L’altro però è legato alla selezione della classe dirigente. Che in certi casi non mi pare felice. In un Paese di trasformisti come l’Italia, Dio solo sa quanto sarebbe necessario porre degli argini robusti alle infiltrazioni e agli opportunismi di ogni tipo. In questo il Movimento 5 Stelle non sembra diverso dagli altri, anche se al suo interno ha un sacco di gente perbene.

Malgrado questo, continuo a seguire con attenzione il M5S, ma per ora non mi sento di votarlo, vediamo in seguito cosa sarà capace di fare.

Passiamo all’altro candidato alla presidenza della Regione: Nello Musumeci.

Nello Musumeci è una persona perbene. È sempre stato a destra, prima con l’Msi, poi con Alleanza nazionale, quindi, dopo la rottura con Fini, è passato al movimento La destra di Francesco Storace. Troppo a destra per un moderato come lui, amante del dialogo con tutti.

Di Musumeci – cresciuto alla scuola di Almirante – piace l’eloquio, il carisma, la capacità di discutere civilmente con tutti, avversari compresi, il modo di amministrare (è stato il miglior presidente della provincia di Catania degli ultimi trent’anni), il suo decisionismo democratico che sul piano amministrativo ha dato risultati apprezzabili.

Confesso che Musumeci è una della pochissime persone della destra italiana – assieme a Fabio Granata e ad Angela Napoli – che voterei volentieri, ma ahimè, lui stesso, con le ultime scelte di campo, ha mandato un messaggio negativo: alt, sono sostenuto dal peggio del Popolo della libertà, quindi consiglio vivamente a chi crede nella “questione morale”, a chi crede alla legalità come progetto politico di non votarmi.

Giuro: se Musumeci non fosse stato con i Berlusconi, con gli Alfano, con i dell’Utri, con gli Schifani, con i Cosentino, lo avrei votato. La politica non è un dogma. Finora ho votato a sinistra per difendermi da Berlusconi e dal berlusconismo. Ho votato questa sinistra perché, per me, dopo l’esaltante e irripetibile esperienza della “Rete”, questa sinistra ha rappresentato “il meno peggio”. E perché comunque questa sinistra –pur fra tante contraddizioni – continua a parlare di diritti dei lavoratori, di legalità, di giustizia e di ambiente. Ma confesso che tra una destra moderna come quella di Musumeci, di Granata e di Angela Napoli, e una sinistra sgangherata come quella attuale, sceglierei la prima senza se e senza ma.

Ricordo alcuni anni fa, quando Musumeci, presentatosi alla presidenza della Regione contro Totò Cuffaro e Rita Borsellino, tuonò violentemente contro Alfio Papale, sindaco del mio paese, Belpasso, dilapidatore di soldi pubblici attraverso consulenze molto dubbie, dispensatore di molte promesse mai mantenute, diseducatore di un sacco di gente (soprattutto giovani) per il suo modo clientelare di intendere la politica, distruttore di un territorio fra i più belli della Sicilia mediante capannoni e case abusive costruiti con progetti suoi (fa l’ingegnere) e dei suoi amici su terreni di proprietà incerta (anzi, fin troppo certa).

Adesso Papale è candidato con Nello Musumeci, “blindato” nel listino perché sostenuto dal Pdl di cui si diceva poc’anzi. Adesso li vedi a braccetto, Musumeci e Papale, in campagna elettorale come se niente fosse. E chissà quanti altri personaggi deve abbracciare il leader de La destra per questa candidatura.

E allora, cari signori, pensatela come volete: si può essere onesti finché vogliamo, ma se ci mettiamo con gente squalificata, pecchiamo prima di tutto di incoerenza, poi confondiamo la gente e la prendiamo clamorosamente in giro, quindi non ci rendiamo conto che prima o poi pagheremo lo scotto di una Regione ingovernabile e preda dei soliti rapinatori. La Sicilia può permetterselo?

Gianfranco Miccichè. Di questo personaggio cresciuto alla corte di Publitalia prima e di Forza Italia poi, dunque alla corte di Silvio Berlusconi e di Marcello Del’Utri, ci sarebbe moltissimo da dire, ma basta questo: è un personaggio che non stimo e di cui non mi va di spendere altre parole.

Stimo invece Rosario Crocetta, parlamentare europeo del Pd, ex sindaco antimafia di Gela, gay dichiarato, persona simpatica e onesta. Giuro che se si fosse presentato in condizioni diverse, avrei votato anche per lui.

Ma anche per lui vale il discorso fatto per Musumeci: onesto lui, al di sotto, molto al di sotto di ogni sospetto, la coalizione che lo appoggia. È sufficiente la dirittura morale di Crocetta per gestire il blocco di potere Pd-Udc che alla Regione ha fatto il bello e il cattivo tempo, sostenendo Raffaele Lombardo, attualmente sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa? Non basta. Anche Crocetta, se eletto, potrebbe essere inghiottito dalla palude che in Sicilia ha inghiottito il partito nel quale milita, il Pd.

Restano Giovanna Marano e Claudio Fava. Non sono due candidature differenti. E’ un’unica candidatura sotto forma di tandem o di ticket. In che senso?

In origine il candidato di Sel, Idv, Verdi e Federazione della sinistra doveva essere Claudio Fava, poi l’ex direttore de I Siciliani si è ritirato perché escluso per un discutibilissimo vizio di forma (a tal proposito si consiglia di leggere l’esauriente articolo di Sebastiano Gulisano su www.isiciliani.it) che in uno dei Paesi più corrotti del mondo appare fin troppo grottesco.

Dopo l’esclusione di Fava, i partiti della coalizione di sinistra hanno felicemente optato per una donna, Giovanna Marano, l’unica donna candidata alla presidenza di una Regione che ha visto la politica sempre – o quasi – al maschile. Ex segretaria regionale della Fiom, irriducibile difensore dei lavoratori per mille e mille vertenze, è stata sempre presente davanti ai cancelli della Fiat di Termini Imerese in difesa degli operai.

Se la pasionaria del sindacato di Landini è la candidata di questa sinistra, Claudio Fava è il suo vice. Formalmente. Nella sostanza i due dicono che, se eletti, lavoreranno insieme, così come stanno conducendo la campagna elettorale. Quindi in questo caso – un caso più unico che raro – la presidenza sembra identificarsi in una sinergia fatta di impegno civile e di lotte per i diritti.

Anche di Fava conosciamo il percorso e l’impegno. Giornalista, scrittore e intellettuale di grande caratura, ha pagato drammaticamente le battaglie contro la mafia con la morte del padre – fondatore de I Siciliani – ucciso dalla mafia il 5 gennaio 1984. Anche lui, diversi anni fa, stava restando vittima di un attentato sventato all’ultimo momento.

Con Leoluca Orlando, Nino Caponnetto e Nando dalla Chiesa, fondatore della Rete, movimento che vent’anni fa ha anticipato in forma più colta e completa i progetti di Grillo, Claudio Fava passa per essere uno dal carattere non proprio facile. Ed è vero. Ultimamente a Catania si è visto poco. Politicamente un errore. Umanamente – dopo la tragedia che lo ha colpito – una reazione più che comprensibile.

Personalmente sono fra quelli che non ne ama il carattere, ma stima e apprezza la sua coerenza intellettuale. Una coerenza intellettuale che si integra con i partiti che lo sostengono perché sia l’uno che gli altri appaiono posizionati sulla linea della discontinuità rispetto al passato.

E in Sicilia oggi, se vogliamo uscire dalla palude, non è più tempo di compromessi, ma di rotture.