Abbiamo letto il curriculum di Mara Carfagna, e, a parte l’origine salernitana, non abbiamo trovato alcuna traccia che giustifichi il provvedimento deciso ieri dal presidente del Consiglio in pectore Mario Draghi di nominarla ministro per il Sud.

Abbiamo visto che in gioventù è stata miss qualcosa, che è stata valletta in alcuni programmi televisivi, che da tanti anni fa parte dell’equipe più affidabile del Cavaliere, che si è laureata in giurisprudenza con 110 e lode, che da quando è in parlamento (ormai da molti anni) si è battuta contro lo stalking e l’omofobia (in tal caso, avremmo capito un ministero appropriato), ma un impegno finalizzato a risollevare le sorti di un Meridione sempre più sottosviluppato, non lo abbiamo mai visto, o forse non ce ne siamo accorti.

Mara Carfagna sa come si vive nelle periferie del Sud, è mai stata a Librino, a Trappeto Nord, allo Zen, al Cep, a Scampia, a San Cristoforo, nelle baracche di Messina (costruite dopo il terremoto del 1908 e ancora in piedi, a centinaia, che ospitano esseri umani), sa come vivono i bambini di quei rioni, conosce Giuseppe Fava, Joe Marrazzo, Giustino Fortunato, Franchetti e Sonnino, Carlo Levi, Matilde Serao, che hanno scritto tanto sulle tragedie del sud; è mai stata in una città del Mezzogiorno devastata dalle raffinerie di petrolio; è mai stata a Gela o a Gioia Tauro, dove il cemento ha divorato ogni speranza; sa cosa sono le mafie, sa che la sua responsabilità  di ministro le impone di conoscere tutto questo e di essere consapevole che un dovere del genere non può prescindere da una lotta contro qualsiasi forma di criminalità organizzata e di corruzione con cui il leader e il fondatore del suo partito, rispettivamente Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri, sono antitetici?

D’accordo sulla competenza economica di Draghi, d’accordo sul fatto che non possiamo andare ad elezioni in questo momento di pandemia, d’accordo su un governo istituzionale, ma a condizione che il Sud, la lotta alla mafia e alla corruzione vengano messi al centro dell’agenda politico-programmatica del nuovo governo.  

Se Draghi pensa di liquidare queste questioni enormi – causa principale del mancato allineamento del nostro Paese alle Nazioni più progredite – con il manuale Cencelli o solo con una strategia di carattere economico, sbaglia di grosso.

La politica non è solo questo. E’ cuore, cervello, impegno, indignazione, umanità, lotta, etica, e come diceva un grande ministro della Prima Repubblica come Beniamino Andreatta, anche “sangue e merda”. La storia italiana non l’hanno fatta i tecnocrati, ma i Pertini, i Berlinguer, i Moro, i don Milani, i don Sturzo, i Giuseppe Fava.

La nomina di Mara Carfagna al ministero del Sud non corrisponde al concetto di politica al quale credono e hanno creduto molti che si sono battuti e si battono per una società migliore. Presidente Draghi, se proprio deve scegliere i ministri col pallottoliere, dirotti tutt’al più l’ex miss qualcosa al ministero delle Pari opportunità, ma per il Sud ne scelga uno buono: in giro ce ne sono, basta guardarsi intorno.

Nella foto: il nuovo ministro per il Sud, Mara Carfagna

Luciano Mirone