Con questo libro, (1943, la “Reconquista” dell’Europa), Alfonso Lo Cascio conferma la sua tempra di “intellettuale puro” e si proietta in un contesto che supera ampiamente i confini della Sicilia, dove da decenni porta avanti un impegno straordinario – ricordiamo la sua collaborazione quotidiana con il compianto archeologo Sebastiano Tusa, le sue iniziative nell’intera regione con l’associazione Bcsicilia (da lui fondata), e con il giornale Espero, diventato un saldo punto di riferimento nel comprensorio delle Madonie – per la crescita civile e sociale della sua Terra. Un libro che parte “dalla Conferenza di Casablanca” (donde il sottotitolo) tra Roosevelt e Churchill (negli incontri successivi si sarebbe aggiunto Stalin), che pianificano “la strategia di attacco” contro l’esercito più sanguinario della storia; passa dallo “sbarco in Sicilia” (“l’operazione Husky”), attuato dall’esercito anglo americano per liberare l’Europa dall’Asse nazi-fascista e si sofferma sulle implicazioni politiche derivate dalla “resa incondizionata” di Hitler e Mussolini proposta dal presidente degli Stati Uniti. Molte pagine sono dedicate ai rapporti fra gli Alleati e Cosa nostra, quest’ultima impegnata a disporre appoggi logistici  e di “intelligence” all’esercito liberatore, e ai rapporti fra inglesi e americani con gli aristocratici e gli alti esponenti della chiesa dell’isola. Un volume di 183 pagine, edito da Giambra, agile e ricco di notizie storiche, che va letto e portato nelle scuole affinché i ragazzi possano conoscere il passato per comprendere il presente (luciano mirone).

Lo scrittore Alfonso Lo Cascio. Sopra: la copertina del libro

Questo un capitolo del libro (“Operazione Husky: si organizza l’invasione della Sicilia”):

“Costringere, o indurre, l’Italia a deporre le armi è l’unico obiettivo nel settore mediterraneo che giustifichi la campagna già iniziata e l’entità delle forze alleate disponibili in questo settore. L’occupazione della Sicilia costituisce la premessa indispensabile, mentre l’invasione della penisola italiana e la conquista di Roma sono, evidentemente, le mosse successive. In tal modo si potrà recare il massimo contributo alla causa alleata e al progresso generale della guerra, sia in questo settore sia in quello della Manica”. E’ il primo ministro Winston Churchill che ad Algeri spiega, il 29 maggio 1943, agli Alleati le ragioni politiche dell’operazione Husky.

A seguito della Conferenza di Casablanca, al generale Dwight D. Eisenhower, l’alto ufficiale americano già al comando delle forze Alleate in Nordafrica, e destinato a una brillante carriera politica, viene affidata la guida dell’operazione, come suo vice e comandante delle forze di terra fu scelto il generale britannico Harold Alexander, al Maresciallo dell’aria Arthur Tedder furono assegnate quelle aeree, mentre alla guida delle forze navali fu posto l’ammiraglio Andrew B. Cunningham.

Alla fine di gennaio, in un albergo ad Algeri, si tiene il primo incontro dell’equipe strategica chiamata a preparare lo sbarco Alleato in Sicilia. Lo staff composto da quindici persone prende il nome di “Task Force 141”, (“141” è il numero della stanza dove si riunisce per la prima volta). Il gruppo di programmazione crea al suo interno due unità operative che avrebbero dovuto agire autonomamente: una per la parte occidentale dell’isola, a cui fu dato il nome di “Force 343” composta da americani, l’altra unità si sarebbe occupata invece della parte orientale  della Sicilia, chiamata “Force 545” e composta da inglesi e canadesi.

Al generale Eisenhower spettava il compito di scegliere i comandanti di settore. A capo della settima armata americana verrà chiamato George Patton, un ufficiale impulsivo e roccioso che sarebbe stato soprannominato “generale d’acciaio”, a dirigere invece l’ottava armata inglese, reduce dai brillanti successi in Nordafrica, sarà il generale Bernard Montgomery. Mentre per quanto concerne il comando navale e dell’aviazione, per l’unità occidentale il compito sarà affidato al vice ammiraglio Hewitt e al generale House, mentre quella orientale all’ammiraglio Ramsay e al vice Maresciallo dell’aria Broadhurst.

La copertina intera del libro di Lo Cascio

Le prime stesure del piano di invasione elaborato dall’unità strategica “Task Force 141” fu oggetto di critiche prima dagli inglesi e poi dagli americani. Il primo prevedeva contemporanei atterraggi condotti da due unità operative: quella orientale composta da inglesi che dovevano conquistare l’area tra Gela e Catania e quella occidentale con forze statunitensi chiamati ad occupare l’ampia zona tra Palermo e Sciacca. Quando si tenne il primo incontro, sia Alexander che Montgomery sostennero che così si disperdevano le forze in un area troppo ampia, mentre loro proponevano, anche alla luce delle ultime notizie fornite dai servizi segreti che avvertivano di una forte resistenza da parte delle forze dell’Asse, un attacco più concentrato.

Il piano alternativo, elaborato dal gruppo strategico sollevò stavolta le proteste americane in particolare quelle del generale Patton che riteneva che il progetto lo avrebbe privato dei fondamentali campi di volo e reso più arduo l’avanzata delle sue truppe.

Su posizioni inconciliabili le discussioni continuarono per tutto il mese di marzo e aprile e ebbero termine solamente il 2 maggio, quando Eisenhower convocò un incontro con i comandanti dell’operazione Husky. Fu solamente in quel momento che venne abbandonata l’idea di assalire anche Palermo e di spostare le due divisioni nel golfo di Gela, all’immediata sinistra dell’unità operativa orientale, assicurando così unità di azione e concentrando le forze contro un’eventuale accanita difesa delle truppe dell’Asse.

La decisione divenne quindi definitiva: l’invasione della Sicilia sarebbe avvenuta presso la costa sudorientale dell’isola. L’operazione prevedeva il lancio di due divisioni aviotrasportate e lo sbarco simultaneo di sette divisioni.

Sabato 10 luglio 1943 le forze Alleate avrebbero occupato un fronte complessivo di circa 160 km.

L’VIII armata inglese guidata da Montgomery, con quattro divisioni, avrebbe assalito il lungo tratto di costa tra Pozzallo e Siracusa e, avanzando verso Nord, conquistato i porti di Augusta e di Catania e i campi di aviazione di Gerbini, e raggiunto infine Messina con l’obiettivo di impedire la ritirata verso la penisola dell’esercito italo tedesco.

La VII armata americana del generale Patton, con tre divisioni, sarebbe invece sbarcata nell’area del golfo di Gela, attaccando Gela, Scoglitti e Licata. I principali obiettivi delle truppe americane erano il porto di Licata e i campi di aviazione di Comiso e Biscari, e successivamente muoversi verso Palermo occupando la parte occidentale dell’isola.

Prima dello sbarco delle truppe angloamericane erano previsti atterraggi di forze aviotrasportate con l’obiettivo di intralciare i movimenti delle truppe nemiche, interrompere le comunicazioni e occupare punti strategici. A sostenere gli sbarchi l’operazione di terra navale, con un continuo cannoneggiamento delle posizioni nemiche sulla costa. L’imponente flotta di 3.200 navi riunite per l’operazione Husky fu la più gigantesca che si fosse finora mai vista”.