A San Vito lo Capo non tutti sono convinti che la società Marina bay di Trapani abbia davvero deposto le armi ritirando (“per rispetto dei cittadini”) il progetto della maxi cementificazione della spiaggia, del mare e del porto, come i suoi rappresentanti hanno dichiarato nella conferenza stampa dello scorso 22 maggio.

È come se una strana sensazione stesse avvolgendo questo paese di quattromila abitanti in provincia di Trapani, che due anni addietro si oppose con duemila firme all’opera faraonica.Una sensazione che ti pone fra apparenza e realtà, categorie che oggi rischiano di confondersi e di confondere la testa di molti.

Tante cose stanno succedendo in questo centro della Costa Gaia tra Trapani e Palermo, cose indefinibili, impalpabili, invisibili, eppure vere, tangibili, avvolte dallo scirocco, dalla quotidianità e dalla bellezza. L’impressione è di essere in un momento delicatissimo per la storia di questo simbolo del “turismo sostenibile”, un momento che potrebbe segnare la fine di un’epoca e l’inizio di qualcos’altro.

L’apparenza e la realtà.

Marina bay. Da un lato un capitale sociale di appena diecimila Euro, dall’altro un investimento di circa cinquanta milioni per una mega colata di cemento che prevede di “tombare” la sabbia e lo specchio d’acqua prospiciente il porto, perché qualcuno si è messo in testa di costruire resort, centri commerciali, mega alberghi e di concentrarli in un fazzoletto di natura incontaminata. Marina bay. Che da un lato dice che ritira il progetto, e dall’altro che vuol farlo conoscere alla gente, in modo che questa esprima un giudizio.

Il sindaco Giuseppe Peraino. Che alla vigilia delle elezioni sfila con gli ambientalisti per dire un “no secco” all’opera, poi (diventato, anzi ri-diventato primo cittadino dopo il decennio 1998-2008) “dialoga” con Marina bay e dice ni, nel senso che lui è sempre contro, ci mancherebbe altro, ma-vediamo-questi-che-dicono, se creano sviluppo per i cittadini, perché-no?; poi sospende la conferenza dei servizi (14 agosto scorso) che avrebbe potuto mettere la parola fine su questa vicenda; poi in diretta streaming dichiara trionfalisticamente di avere estromesso definitivamente Marina bay per presentazione fuori tempo massimo del nuovo progetto (peccato che questo “tempo massimo” non risulta che sia mai stato fissato, e infatti nelle stesse ore la società trapanese si reca al protocollo del Comune, deposita il nuovo master plan e spiega garbatamente di essere stata impossibilitata a registrarlo prima a causa del coronavirus); poi si rifiuta di rispondere alle domande che gli rivolgiamo per iscritto; quindi nomina un legale per sbrogliare una matassa che appare sempre più ingarbugliata; infine impedisce per settimane la produzione in copia del progetto agli esponenti dell’opposizione che lo richiedono. Fine delle trasmissioni?

Manco per sogno!, dice il giornalista trapanese Aldo Virzì, una carriera all’insegna della verità su tante cose, dalla lotta alla mafia ai poteri forti, fino ai delitti eccellenti di Vito Lipari, di Ciaccio Montalto e di Mauro Rostagno. E nel sito online Tvio.it spiega che “Marina bay non ha definitivamente chiuso con San Vito lo Capo, ma vuole ribaltare la decisione dell’amministrazione comunale rivolgendosi alla popolazione per il giudizio finale”. In pratica, secondo Virzì, la società trapanese “attende il formarsi di un ‘movimento popolare’ che imponga il consenso al progetto all’amministrazione comunale”. In parole povere, Marina bay sta giocando di fino, dichiarando di avere abbandonato l’idea, ma lavorando da dietro le quinte per realizzarla. 

E’ così? O potrebbe esserci anche altro? E questo “altro” passa dal nuovo Piano regolatore generale (Prg)? Anche in questo caso non comprendiamo dove finisce l’apparenza e dove inizia la realtà. Dall’intervista che recentemente abbiamo realizzato all’esponente dell’opposizione Gaspare Scola, abbiamo appreso due particolari interessanti. Il primo: lo strumento urbanistico, dopo essere stato approvato dal commissario ad acta, da qualche anno si trovava alla Regione siciliana in attesa del definitivo nulla osta. Dopo l’insediamento dell’amministrazione Peraino (2018), il Comune trapanese ha chiesto a Palermo la restituzione: evidentemente ritiene di modificarlo ulteriormente. Il secondo: il nuovo progetto di Marina bay prevede il ridimensionamento delle opere da realizzare nelle aree comunali, concentrandole su quelle (prospicienti) del demanio regionale. Un escamotage – secondo Scola –per dirottare le competenze dal Comune alla Regione, vero deus ex machina di questa opera faraonica, secondo molti. “Affinché l’operazione vada a buon fine – dice l’opposizione – è necessario modificare il Prg, che attualmente definisce quelle superfici come ‘zone verdi’. Se è vero che quelle aree sono di proprietà del demanio, è anche vero che si trovano in territorio di San Vito, quindi sarà San Vito a programmarne la destinazione”.

Ecco perché adesso la lotta si sposta sulla revisione del Piano regolatore. Che, ricordiamo, fu stilato all’inizio degli anni Novanta – allora c’era la Giunta di sinistra di Carlo Barbera – da uno dei più grandi urbanisti d’Europa, il professor Pierluigi Cervellati, il quale disse a chiare lettere: “Se volete che questo paese progredisca socialmente ed economicamente dovete limitare l’uso del cemento e valorizzare le risorse naturali”.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: turisti da ogni parte del mondo (prima venivano solo da Trapani e da Palermo), con alberghi, ristoranti, camping, b&b ed esercizi commerciali pieni da aprile a novembre. Un boom durato una trentina d’anni. Adesso Marina bay ritiene (legittimamente) di invertire la rotta progettando strutture incompatibili con quel tipo di cultura.

Solo quando la revisione del Prg – affidata qualche anno fa all’urbanista palermitano Ignazio Trombino – arriverà nell’aula consiliare sapremo se davvero “tutta” la politica locale, al di là dei proclami, è d’accordo con la svolta di Cervellati, oppure se nel frattempo è cambiato tutto.

Nella foto: il porto di San Vito lo Capo (Trapani)

Luciano Mirone