Carissimo Senatore Mario Michele Giarrusso, ieri, a proposito di un nostro articolo in cui abbiamo stigmatizzato ironicamente l’attacco di ben sette parlamentari siciliani nei confronti del giornalista antimafia Paolo Borrometi, attualmente sotto scorta, ci hai tirati in ballo con la seguente frase: “Di Fava non parli però. Fava ha subito dato seguito alla lettera di Gennuso per attaccare Borrometi, come se non sapesse chi erano i ceffi che l’avevano firmata…”.

A beneficio dei lettori che non conoscono i retroscena, spieghiamo che i sette deputati regionali (tutti del centrodestra) Pippo Gennuso, Luigi Genovese, Gaetano Galvagno, Tony Rizzotto, Riccardo Gallo, Riccardo Savona e Michele Mancuso (gli ultimi tre successivamente hanno ritirato la loro firma) hanno inviato un esporto al presidente della Commissione antimafia regionale Claudio Fava chiedendogli di indagare sui motivi che hanno indotto le autorità competenti a dotare di una scorta il giornalista ragusano Paolo Borrometi. Fava – come i tuoi stessi colleghi di partito hanno scritto in un comunicato, senza peraltro neanche citare il nome del presidente dell’Antimafia regionale – “ha deciso di inoltrare la missiva alle tre procure di Siracusa, Ragusa e Catania, con la richiesta di verificare se esistano o meno presupposti per la scorta”.

Il giornalista Paolo Borrometi

Nel nostro pezzo ci siamo mossi esattamente come gli autori del comunicato 5S: ci siamo concentrati sulla luna (metaforicamente i sette firmatari del documento che attaccano un giornalista antimafia), lasciando perdere il dito che la indica (cioè Fava) per evitare di fuorviare i lettori con argomenti che a noi – così come ai tuoi colleghi pentastellati – appaiano francamente secondari, per non dire inesistenti. Del resto, cosa avrebbe dovuto fare il presidente della Commissione regionale antimafia? Nei tuoi interventi sui Social non lo spieghi (o forse non ce ne siamo accorti).

Per cercare di capire meglio, abbiamo consultato la tua pagina fb, dove abbiamo trovato cose davvero incredibili per una persona che ricopre una carica istituzionale importante come la tua.

Si legge: “Il vile attacco portato a Paolo Borrometi per mascariarlo, infanga solo chi lo ha architettato”. E fin qui riteniamo corretto l’assunto. Ma è sul resto che rimaniamo letteralmente basiti.

“Ancor più grave è la posizione del Presidente della commissione antimafia regionale Fava, che ha subito dato seguito alla lettera di Gennuso, Genovese e soci, chiedendo a tre procure informazioni”.

Con l’ansia e la curiosità di chi si aspetta una spiegazione pacata, ragionata e competente, ci aspettiamo di capire quale sarebbe l’errore commesso dal presidente dell’Antimafia regionale. Ma restiamo annichiliti di fronte al resto del post.

All’inizio ti contieni, scrivendo una frase che non comprendiamo assolutamente, ma che almeno non offende nessuno (“Fava avrebbe dovuto chiedere alle Procure notizie sugli estensori della infame lettera e sicuramente ne avrebbe avute di interessanti”), dopodiché assumi un atteggiamento che a nostro avviso non fa onore alla carica istituzionale che ricopri. Scrivi: Fava “ne ha invece approfittato per usare il suo ufficio per colpire un valoroso collega”.

E poi: “Un nome importante per la storia siciliana come quello di Fava, non meritava di finire così nel fango associato ai vari Gennuso e Genovese”.

Addirittura nel “fango”, e addirittura associato al nome di Gennuso e di Genovese: il primo “pregiudicato”, come scrivono i tuoi colleghi pentastellati, nonché “condannato e arrestato negli ultimi due anni per ben due volte”; il secondo, come abbiamo scritto ieri, figlio di Francantonio Genovese (condannato in primo grado a 4 anni e 2 mesi per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, nell’ambito di un procedimento sui rapporti fra politica e criminalità), grazie al quale alle ultime regionali ha ottenuto oltre diciassettemila voti nel collegio di Messina.

Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia della Regione Sicilia

Ti rendi conto di quello che scrivi, specie nella veste di Senatore della Repubblica, o dobbiamo ricordarti che un attacco così furibondo rischia di indebolire e di isolare una persona che secondo un pentito attendibile come Maurizio Avola è sfuggito per miracolo a un attentato del clan Santapaola? Ti rendi conto che le tue parole rischiano di vanificare anni e anni di un tuo impegno antimafia, con l’associazione Antonino Caponnetto prima e col M5S dopo?

Ma la tua invettiva contro il figlio di Giuseppe Fava, giornalista ucciso dalla mafia nell’84, non si ferma qui: “Fava dopo lo sconsiderato attacco ad Antoci (ex presidente del Parco dei Nebrodi, vittima di un attentato fallito, ndr.) adesso ci ritenta con Borrometi”.

Mario perdonaci, ma appare inaudito quello che scrivi, oltre che falso, perché Fava non ha mai attaccato Antoci. Semmai Fava ha detto che l’ex presidente del Parco dei Nebrodi potrebbe essere stato “strumento inconsapevole di una messa in scena”. E ha chiesto alla magistratura di chiarire queste “domande senza risposta” o queste “contraddizioni emerse e non risolte”, con un riferimento palese a chi aveva svolto, in un primo momento, le indagini sul fallito attentato (“su questa vicenda l’auspicio è che si torni ad indagare per un debito di verità che va onorato, qualunque sia la verità”,) e a chi aveva il compito di tutelare l’incolumità dell’ex presidente del Parco dei Nebrodi. Se non è vero quello che scriviamo smentiscilo, ma con carte alla mano, non con gli insulti.

Quindi il finale: Fava “si dovrebbe dimettere subito e vergognarsi, ma siamo sicuri che non lo farà. Rimarrà al suo posto come nuovo idolo dei Gennuso, dei Genovese, dei Cuffaro. Che tristezza”.

Ci chiediamo Mario (perdonaci il “tu” che usiamo anche in veste ufficiale, ma ci conosciamo da tanti anni ed è inutile fare gli ipocriti) se questo è il modo di fare politica, se privilegiare la pancia al posto della ragione sia l’unico sistema per fare antimafia, se attaccare in modo così sconsiderato un simbolo dell’antimafia come Claudio Fava – che i tuoi stessi colleghi di partito si guardano bene dal fare – faccia bene a questo Paese.

Anche a noi capita di non essere d’accordo con il presidente dell’antimafia regionale, e di non comprenderne certi atteggiamenti. E lo scriviamo. Ma in modo rispettoso. Perché – piaccia o no – riteniamo Claudio Fava, per il suo passato ed anche per il suo presente, una persona degna di rispetto, pur con gli errori che ogni tanto commette.

Ecco perché nel non capire i motivi per i quali in questa polemica hai tirato dentro anche questo giornale, non comprendiamo i toni e i contenuti della stessa polemica, che ci sembra più finalizzata a colpire Fava che a difendere Borrometi.

Luciano Mirone