Si riapre il giallo dell’86esima vittima della strage di Bologna. A quanto apprende l’Adnkronos, la perizia del Dna disposta nel processo all’ex Nar Gilberto Cavallini ha escluso che i resti che sono stati attribuiti a Maria Fresu appartengano effettivamente alla donna rimasta uccisa dalla bomba alla stazione. La notizia di fatto conferma la scomparsa del cadavere della Fresu e l’esistenza di un’altra vittima, che si aggiungerebbe alle 85 del bilancio ufficiale. Una vittima di cui fino a oggi nessuno ha reclamato il corpo.

L’esame del Dna è stato eseguito sui reperti organici – un osso della mano e un lembo facciale con uno scalpo – ritrovati all’interno della bara di Maria Fresu i cui resti sono stati riesumati, il 25 marzo scorso, nel cimitero di Montespertoli dai periti incaricati dalla Corte d’Assise di Bologna che sta processando l’ex terrorista Gilberto Cavallini. Il materiale organico esaminato dalla biologa genetico-forense Elena Pilli – un lembo facciale, un piccolo scalpo con una chioma nera, un frammento parziale delle dita della mano destra, e un frammento di mandibola in prossimità del mento con alcuni denti – che peraltro erano risultati appartenere a due donne diverse, non ha trovato riscontri con il Dna del fratello e della sorella della Fresu.

La perizia si è resa necessaria per tutta una serie di incongruenze e di misteri che gravano sulla fine della giovane madre sarda ‘scomparsa’, nessuno sa spiegarsi come, nella strage di Bologna, e che hanno fatto ipotizzare ad alcuni autori – che non credono alla pista fascista (per la strage sono condannati in via definitiva gli ex Nar Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini) – l’esistenza di una 86sima vittima, secondo alcuni la terrorista che trasportava l’ordigno, una valigia esplosiva.

Lo stesso perito esplosivista della Corte d’Assise di Bologna, Danilo Coppe, ha giudicato implausibile la disintegrazione del cadavere. Anche perché Maria Fresu, la figlioletta Angela e le due amiche Verdiana Bivona e Silvana Ancillotti, si trovavano lontane dal punto dell’esplosione, comunque in quell’area che non venne investita direttamente dalla detonazione.

Coppe ha escluso che l’esplosione dell’ordigno della strage di Bologna possa aver disintegrato le persone presenti, a prescindere dalla loro collocazione sulla scena. Peraltro in un’intervista esclusiva concessa all’Adnkronos il 22 maggio scorso, Silvana Ancillotti, l’unica del gruppo di amiche sopravvissuta alla strage, ha raccontato che nel momento dell’esplosione si trovavano tutte vicine e Maria Fresu era in piedi di fronte a lei, a Verdiana Bivona e alla piccola Angela, a un metro di distanza.

La richiesta della perizia sul dna, che era stata avanzata dalla difesa di Cavallini, è legata a una “disomogeneità” tra i resti attribuiti alla vittima nel 1980 e quelli campionati dopo la riesumazione. Del corpo di Maria Fresu fu ritrovato poco o nulla: una mano con 3 dita, uno scalpo con lunghi capelli neri, un osso mandibolare con tre denti, le due arcate sopraccigliari e un occhio.

Ad attribuire quei pochi resti alla Fresu fu un medico, il professor Pappalardo, che, all’epoca, per far quadrare i conti che non tornavano sul gruppo sanguigno della ragazza, parlò di ”secrezione paradossa”, una tesi che anni dopo sarà giudicata astrusa e infondata da altri ematologi. Da qui l’interrogativo, posto nel libro ‘I segreti di Bologna’ del giudice Rosario Priore e dell’avvocato Valerio Cutonilli (Chiarelettere, 2016): se quei resti non appartengono alla Fresu e nessuno dei cadaveri delle donne sfigurate aveva un gruppo sanguigno compatibile, potrebbero quei resti appartenere a una ottantaseiesima, vittima mai identificata?

“La cosa è talmente intricata, probabilmente sono avvenuti scambi di corpi o di pezzi di corpi” dice all’Adnkronos Paolo Bolognesi, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna. “Parlare di 86esima vittima penso sia un po’ azzardato. Io non sono un esperto di Dna. Vediamo cosa diranno i periti in aula e si faranno le valutazioni”.

Adnkronos