Un documento raccapricciante, quello desecretato dall’attuale Commissione parlamentare antimafia presieduta da Nicola Morra e diffuso in queste ore: l’audizione di Paolo Borsellino nel 1984, quando i quattro magistrati del pool di Palermo (fra cui lui stesso e Giovanni Falcone) istruivano il maxi processo.

Raccapricciante perché Borsellino denuncia la mancanza addirittura di dattilografi e di segretari, di un computer (già in uso in altri uffici giudiziari) nel quale inserire una banca dati, tenuto conto che i faldoni di quel processo sono talmente tanti “che riempiono una stanza”, perfino di una scorta che faccia con regolarità il suo servizio, considerato che l’unica macchina blindata in dotazione all’ufficio viene usata solo di mattina, mentre il pomeriggio un magistrato viene esposto al rischio di essere ucciso.

È un Borsellino determinato e ironico, quello audito dall’Antimafia nel maggio dell’84, un Borsellino che dà per scontata la totale insensibilità della politica di fronte a dei magistrati che in quel momenti corrono rischi tremendi per quel processo che segnerà una svolta nella lotta contro la mafia, perché da quel momento si scatenerà una lunghissima scia di sangue che ha come prologo il delitto Lima, prosegue con la stragi e ha come epilogo la Trattativa Stato-mafia, per la quale, in via D’Amelio, verrà trucidato lo stesso Borsellino assieme agli agenti della sua scorta.

Siamo due anni dopo il delitto dalla Chiesa, un anno dopo il delitto Chinnici. La mafia ha già ucciso magistrati come Costa, Terranova e Ciaccio Montalto, oltre ad ufficiali dei carabinieri e a funzionari di polizia come Basile, D’Aleo, Boris Giuliano, Lenin Mancuso e tanti altri.  Tre mesi prima era stato ammazzato a Catania il giornalista Pippo Fava, mentre un mese prima a Trapani c’era stata la strage di Pizzolungo – destinata al giudice Carlo Palermo – in cui avevano perso la vita la signora Barbara Rizzo Asta e i figlioletti di sei anni Giuseppe e Salvatore. Otto anni dopo la mafia avrebbe assassinato anche lui e Giovanni Falcone.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sopra: Borsellino in una foto di quegli anni

Questa l’audizione integrale di Paolo Borsellino alla Commissione antimafia:

“Vorrei sottolineare la gravità dei problemi soprattutto di natura pratica che noi dobbiamo continuare ogni giorno ad affrontare sottolineando soprattutto… la gestione che in questo momento stiamo vivendo di processi di mole incredibile, perché un solo processo è composto da centinaia di volumi e riempie intere stanze… è diventato indispensabile oltre l’uso di attrezzature più moderne che non le nostre semplici rubriche e i nostri appunti… questo computer è finalmente arrivato, ma purtroppo non sarà operativo se non fra qualche tempo, perché i problemi di installazione sono estremamente gravi, non capisco perché e non riesco a saperlo: so che è arrivato ed è stato messo in un camerino e stiamo aspettando… E’ un computer che deve servire per la gestione soprattutto in questo momento di questo enorme processo che noi in questo momento stiamo… solo per l’ufficio… E comunque è diventato indispensabile, perché la mole dei dati che sono contenuti in un solo processo che attualmente impegna quattro magistrati, è tale che non è più possibile continuare a utilizzare i sistemi tradizionali e artigianali delle rubrichette. E inoltre è diventato assolutamente indispensabile l’ausilio del personale ausiliario, cioè segretari, dattilografi… La situazione è diventata estremamente carente soprattutto perché questi, per ragioni legislative o governative, questi signori non fanno straordinario o lo fanno in maniera estremamente ridotta, cosicché i giudici siamo costretti a lavorare sedici, diciotto ore al giorno e per buona parte della giornata siamo soli con noi stessi… “

Qualcuno della Commissione antimafia lo interrompe. “Siccome il computer è una realizzazione in altri uffici giudiziari, in ultimo è stato realizzato a Savona e a Napoli è in corso di realizzazione, da chi vengono sollevate queste difficoltà?”.

Borsellino: “No, non vengono sollevate difficoltà, sono delle cose che procedono in modo estremamente lento, l’ha seguito dio più il collega Falcone, sta di fatto che è arrivato da un mese e ancora non sono venuti a collaudarcelo… Fatto sta che ci avevano detto che sarebbero venuti a caricarcelo a marco e invece siamo a maggio inoltrato… E con riferimento al personale ausiliario volevo… che non si tratta soltanto dei dattilografi e dei segretari dei quali noi dovremmo aver garantita la presenza per tutto l’arco della giornata, non soltanto per la mattinata, perché non lavoriamo soltanto di mattina, lo stesso vale per gli autisti giudiziari, perché buona parte di noi, il pomeriggio, nonostante la mattina, con strombazzamento di sirene, viene accompagnato in ufficio  dalle scorte e dalle macchine blindate, il pomeriggio non può farlo perché macchina blindata ce n’è una soltanto che evidentemente non può andare a raccogliere quattro colleghi, cosicché io sistematicamente vado in ufficio con la mia macchina ed esco fuori alle nove o alle dieci di sera e me ne torno a casa”.

Un componente della Commissione fa allusione alla libertà di movimento.

Borsellino: “Va beh, la libertà la riacquisto con la mia macchina, però non vedo che senso abbia perdere la libertà di mattina per poi essere libero di essere ucciso la sera”.

Luciano Mirone