Non sappiamo quali saranno le ripercussioni politiche delle denunce della deputata alla Regione Sicilia Gianina Ciancio del M5S al convegno organizzato sabato scorso a Nicolosi (Catania) sul futuro del Parco dell’Etna, e quindi sul futuro dei venti Comuni che di questo ente fanno parte e che vivono dell’economia legata al vulcano: il turismo, l’agricoltura, la pietra lavica, la cultura, e tanto altro.

Il convegno sul futuro del Parco dell’Etna organizzato a Nicolosi (Ct) dal M5S. Sopra: uno scorcio del Parco

Sappiamo però che i temi discussi sono di fondamentale importanza, quindi un merito, l’evento organizzato dai 5S, l’ha avuto: quello di gettare un sasso nello stagno di una politica regionale che non riesce ad uscire dalle secche dell’immobilismo in merito ai tre punti che la deputata pentastellata ha toccato nel corso dei lavori: “Dare al Parco dell’Etna una governance stabile, approvare il Piano territoriale e favorire la libera concorrenza negli impianti”.

Detta così, sembra una elencazione burocratica dei problemi che attanagliano l’Etna. In realtà sono punti con dei retroscena che hanno come epicentro Palermo – specificamente la Giunta regionale presieduta da Nello Musumeci – e come assi di collegamento i venti Comuni del Parco.

“Il Parco – dice Ciancio – è una ricchezza formidabile per il territorio, che resta però in stallo per via di alcuni problemi storici. Innanzitutto il Piano territoriale dell’ente, ancora fermo nei cassetti della Regione. Uno strumento che dovrebbe guidare la gestione del Parco, le aree turistiche, le infrastrutture, la viabilità, la tutela e il controllo. Non sappiamo ancora quando sarà approvato”.

Uno strumento – è stato detto – fondamentale per il futuro dei venti comuni, in quanto da esso dipende la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione dell’economia del territorio.

Basta leggere cosa prevede il Piano per farsi un’idea: “Gli obiettivi generali del Piano e del Regolamento sono quelli atti a formare uno strumento unitario di governo del territorio del Parco che sia flessibile e capace di coniugare i diversi interessi di sviluppo socio-economico e culturale delle popolazioni insediate nei comuni del Parco con i prioritari interessi di tutela naturalistica, ambientale, paesistica e dei valori culturali antropici che hanno determinato la istituzione stessa del Parco”.

Un argomento collegato con un’altra denuncia fatta dalla deputata dei 5S nel corso dei lavori: “Vorrei richiamare l’attenzione su un disegno di legge, presentato all’Ars dalla maggioranza, che riperimetra il Parco, fa ricadere tutti i nuovi confini a quota 1100 metri, riassegna i territori ai Comuni che dovrebbero far nascere strutture turistiche, riduce o elimina zone boschive. Un impatto enorme, che vedrebbe il Parco ridursi del 40 per cento. Non se ne capisce il senso”.

Un riferimento duro al disegno di legge presentato lo scorso anno alla Regione siciliana da due deputati del centrodestra, Giuseppe Zitelli (Diventerà bellissima) e Giovanni Bulla (Udc), il primo ex vice sindaco di Belpasso, residente a Piano Tavola, frazione dove negli ultimi decenni si sono registrate punte altissime di cementificazione selvaggia, il secondo ex vice sindaco di Adrano, comune fra i più abusivi della provincia di Catania.

Zitelli e Bulla scrivono nella loro proposta: “La legge del Parco non ha raggiunto il suo obiettivo. Deve essere rivista e rielaborata per evitare la completa mummificazione di un ambiente di cui l’uomo è parte integrante”. Poi un attacco, i due deputati regionali, lo riservano alla legge istitutiva dell’ente: “L’istituzione del parco ha comportato impoverimento, decremento del numero di abitanti e crisi dell’agricoltura: ai contadini non è consentito nemmeno di realizzare magazzini di stoccaggio, muretti e piccole industrie”.

“Poi – prosegue Ciancio – c’è il problema della governance dell’ente, che non può essere lasciata ancora, dopo 14 mesi, in regime commissariale, né legata ai soliti schemi politici di sottogoverno. Abbiamo presentato – seguita la deputata 5S – una mozione all’Ars chiedendo di dare l’incarico a una personalità che abbia competenze tecniche o quantomeno sia libera da logiche partitiche”.

La deputata pentastellata si riferisce al fatto che da oltre un anno – dopo che l’ex presidente dell’ente Marisa Mazzaglia è stata revocata dall’incarico dal governatore della Sicilia Nello Musumeci un mese prima della scadenza naturale del suo mandato – il Parco dell’Etna è con un commissario, senza che la Regione provveda a nominare un presidente che possa programmare il futuro. Per la cronaca, nello stesso periodo analoga sorte è toccata all’ex presidente antimafia del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, destinatario, qualche anno fa, di un grave attentato dal quale si è salvato per una serie di circostanze fortuite: Antoci addirittura è stato mandato a casa sei mesi prima della scadenza naturale del suo mandato, ma questa è un’altra storia.

Quel che appare strano è che la nomina del nuovo presidente del Parco dell’Etna sia stata congelata per non meglio precisati motivi. Il presidente Musumeci ha chiesto ai venti sindaci di fare i nomi del nuovo possibile presidente: ne sono usciti tre, ma nessuno di questi riesce a mettere d’accordo tutti. Si tratta dell’ex sindaco di Belpasso Carlo Caputo (Diventerà bellissima), e degli attuali primi cittadini di Adrano Angelo D’Agate, e di Maletto Pippo De Luca, tutti e tre, secondo i 5S, alle prese con problemi di incompatibilità.

Il più accreditato sembra Caputo (che negli anni della sua sindacatura ha avuto come suo vice proprio uno degli autori del contestato disegno di legge, Giuseppe Zitelli), ma secondo voci di corridoio l’ex sindaco di Belpasso viene considerato “divisivo” da diversi amministratori etnei.

Non si sa come finirà, si fanno nomi di persone competenti che da decenni lavorano a contatto col vulcano, sia dal punto di vista scientifico che culturale, ma ancora non è uscito un nome che possa andare a ricoprire la poltrona di presidente.

Infine un’altra questione spinosa: “Nel 2022 – dice Gianina Ciancio – scadrà la concessione degli impianti sul versante Etna Sud. Assurdo che si voglia fare turismo quando per la funivia una persona deve pagare 80 euro. Bisogna ripristinare la libera concorrenza e procedere all’esproprio dei terreni privati. Il Comune di Nicolosi ha un ruolo determinante. La Regione può intervenire nel finanziamento delle spese, e il gruppo M5S è pronto a sostenere questa battaglia”.

Una vicenda – quella della libera concorrenza per la gestione delle strutture turistiche – denunciata da tempo dall’ex presidente del Parco Marisa Mazzaglia: “La mia revoca – ha dichiarato l’ex amministratrice il 16 febbraio dello scorso anno a questo giornale – è servita per lanciare certi segnali a determinati poteri economici che ho contrastato”.

Sarà un caso, ma poco tempo dopo è finito agli arresti domiciliari il gestore della funivia dell’Etna, che per tanti anni ha avuto il monopolio sugli impianti di risalita dal vulcano. Il provvedimento è stato revocato nello scorso gennaio in quanto il giudice ha ritenuto cessate le esigenze cautelari ravvisate nell’ordinanza cautelare.

Luciano Mirone