Una strana irruzione. Uno strano furto. Una strana coincidenza. Tutto strano. Eppure tutto vero, e anche assurdo, quello che sta capitando ad Antonio Ingroia, uno dei Pubblici ministeri più esposti d’Italia per le grandi inchieste portate avanti nei confronti della mafia legata con la politica, la massoneria e i servizi segreti deviati: da un lato viene lasciato senza scorta da sette mesi, dall’altro lato è stato vittima (in questi giorni) di una singolare effrazione fatta nel suo appartamento, con particolare attenzione dello studio, dove sono contenuti i “dati sensibili” del passato, collegati con quelli del presente: il caso dell’urologo Attilio Manca, il processo alla ‘ndrangheta stragista e l’assassinio del “sindaco pescatore” di Pollica (Salerno) Angelo Vassallo.

“Per qualche giorno – dice – ero sceso in Sicilia con mia moglie, lasciando la casa di Roma. L’indomani mattina la donna di servizio ha aperto e si è accorta che erano entrati dei ‘ladri’. Gente professionista e ben attrezzata, che spiava i miei movimenti, andava a colpo sicuro, sapeva che qualche ora prima eravamo usciti con le valigie come spesso mi capita di fare. Sono entrati la notte stessa, hanno segato le inferriate del balcone, si sono calati dalla terrazza condominiale, non si sa come, dato che non c’è alcuna forzatura della porta di accesso. Sono andati direttamente nel mio studio, hanno rovistato ampiamente nei cassetti”.

Cosa manca?

“Alcune pen drive contenenti documenti informatici e un hard disk esterno portatile”.

Ci sono dati sensibili?

“Non faccio più il mestiere di magistrato, quindi non ci sono più atti coperti da segreti, ma ci sono appunti, pagine personali, un diario sull’attività del passato, oltre a certe inchieste delicatissime. Bisogna vedere cosa volevano prendere. In ogni caso hanno fatto una ricerca a fondo”.

Si stanno svolgendo indagini?

“E’ venuta la Scientifica della Polizia, non ha rilevato alcuna impronta digitale, però ha rinvenuto delle impronte non evidenziabili, nel senso che sono stati usati dei guanti professionali che assicurano molta sensibilità e al tempo stesso non lasciano tracce”.

Quali sono le indagini che sta portando avanti da avvocato?

“Alcune in particolare agevolate dalla mia esperienza di ex Pm che si è occupato di mafie, di servizi segreti e di tanto altro”.

Per esempio?

“L’omicidio di Attilio Manca, il processo in corso a Reggio Calabria sulla ‘ndrangheta stragista e sull’omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, nel quale si parla di Gladio e di alcuni soggetti sospettati di essere coinvolti nelle stragi del 1993. E poi l’omicidio del “sindaco pescatore” di Pollica (Salerno) Angelo Vassallo, per il quale attualmente è indagato un ex appartenente all’Arma dei carabinieri: si tratta di un’altra inchiesta sulla quale c’è un incrocio fra poteri criminali e coinvolgimenti di altre entità”.

Per caso, mentre c’erano, hanno anche rubato degli oggetti di valore?

“Nel mio cassetto c’era un bell’orologio e se lo sono preso. Del resto, non potevano neanche farla tanto sfacciata. La stanza più disordinata era il mio studio: era quello l’obiettivo principale”.

Crede che questo atto contenga un messaggio?

“Se un atto del genere viene commesso qualche giorno dopo che è uscita la notizia che mi è stata revocato definitivamente qualsiasi dispositivo di protezione e ciononostante, nei giorni successivi, continuo a dichiarare di volermi occupare di certe indagini, facendo un appello a un giornale di Salerno sull’omicidio Vassallo (‘Chi sa parli’) e dicendo che le porte dello studio Ingroia sono aperte per scoprire anche le ragioni di certi depistaggi istituzionali, penso che qualcosa deve pure significare”.

Sulle indagini dell’assassinio del sindaco Vassallo ci sono stati dei depistaggi?

“Attualmente l’unico indagato è un ex maresciallo dei carabinieri accusato di essere colluso con un gruppo di trafficanti di droga. I familiari di Vassallo hanno evidenziato le stranezze, le pigrizie, le negligenze che spesso si rivelano veri e propri depistaggi, cose che ho visto spesso in passato. Ho fatto una riunione con i magistrati di Salerno che si stanno occupando del caso e il giorno dopo c’è stata questa irruzione a casa mia da parte di specialisti. Sarà una coincidenza, ma alle coincidenze non credo più”.

Uno strano furto?

“Che serve a dire: sappiamo dove sei, come ti muovi, cosa fai, sei scoperto, lo Stato non ti protegge più e ti colpiamo come e quando vogliamo”.

È una coincidenza che si incrocia con il fatto inquietante che lei da sette mesi è senza scorta. Qui non si tratta di una persona comune, ma di un ex magistrato impegnato nelle inchieste più clamorose fatte negli ultimi anni le cui risultanze sono state confermate dalle sentenze. Come la giudica?

“Lascio ai lettori questo compito. Quello che è certo è che dopo oltre venti anni di indagini sull’universo mafioso colluso con la politica, con i servizi segreti deviati e con la massoneria, lo Stato decide di ritirare la protezione a chi ha fatto tutto questo. Ma l’attività prosegue”.

Perché le hanno tolto la scorta?

“Per un fatto singolare: siccome non ho più incarichi pubblici, secondo loro, non corro rischi”.

Che tipo di incarichi pubblici?

“Mi riferisco all’ultimo: quello di amministratore di una società della Regione Sicilia che si occupava di informatica nella pubblica amministrazione”.

Ah.

“Hanno pure detto che non sono stato eletto in Parlamento pur essendomi candidato. Mi chiedo cosa c’entra con la mia sicurezza tutto questo, come se bastasse essere parlamentare per avere diritto alla scorta, non considerando le vere ragioni per cui la scorta mi venne assegnata. Qualcuno ha detto che forse è una ritorsione per certe indagini fatte nel cuore del ministero dell’Interno: non  dimentichiamo i processi fatti nei confronti del generale Mori e di uno 007 come Bruno Contrada”.

Ci sono personaggi non a rischio che usufruiscono della scorta?

“E’ antipatico fare nomi, ma ci sono persone che solo per essere stati ministri decenni fa o ex presidenti di Commissioni parlamentari continuano a girare scortati. E invece ci sono magistrati o ex magistrati a rischio che non sono sufficientemente tutelati o non lo sono per niente”.

Qualche mese fa, durante la presentazione del suo ultimo libro “Le trattative”, scritto con Pietro Orsatti, ha detto: “Questo non è il mio governo, ma una parte di esso, siccome non è mai stato al potere, suscita la mia fiducia”. È ancora di quella idea?

“Con quello che vedo si va incrinando la mia speranza, ma non del tutto: sono convinto che questo governo sia meno peggiore di quelli che lo hanno preceduto negli ultimi anni. E’ un governo che fino ad oggi ha perso molte occasioni: una per tutte, il mancato coinvolgimento di un magistrato come Nino Di Matteo nel governo col ruolo di ministro o di sottosegretario. Eppure in campagna elettorale era stato sbandierato questo”.

Luciano Mirone