La dichiarazione di Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia della Regione Sicilia, sull’ex senatore Beppe Lumia, “vero leader di un governo parallelo alla Regione quando governatore era Rosario Crocetta”, mette in luce degli aspetti inquietanti che nell’Isola si conoscono da anni, ma al tempo stesso evidenzia che finalmente in Sicilia – dopo decenni di consociativismo e di collusioni con la peggiore politica – la sinistra può presentare un’alternativa credibile che si identifica proprio in Claudio Fava.

L’ex senatore del Pd, Beppe Lumia

Il quale – attraverso un lavoro straordinario in Commissione antimafia – sta disvelando le trame e i misteri del Sistema Montante ( e non solo), che in realtà, secondo il figlio del giornalista ucciso a Catania, andrebbe definito il “Sistema Lumia”, vero modello politico-culturale che per decenni ha governato la regione.

Come dimenticare l’inciucio fra la “sinistra” di Rosario Crocetta (uomo di Lumia) e l’ex presidente di Confindustria Sicilia, Calogero Montante (oggi alle prese con guai giudiziari molto seri per i suoi presunti rapporti con Cosa nostra)? Come dimenticare l’altro grande inciucio fra la sinistra e i due ex governatori che con la mafia – secondo i magistrati – ci hanno avuto a che fare: Totò Cuffaro (finito in galera dopo una sentenza passata in giudicato) e Raffaele Lombardo (attualmente alle prese con un processo dagli esiti assai incerti).

Dunque Beppe Lumia – secondo quanto desumiamo dalle parole di Fava – sarebbe stato il vero regista di una sinistra siciliana svuotata dalle prerogative per le quali uomini come Enrico Berlinguer, Pio la Torre, Girolamo Li Causi e tanti sindacalisti, contadini, capilega si sono battuti (molti di questi sono stati uccisi) nel corso della loro vita: la questione morale, l’etica, la lotta alla mafia.

Se le parole di Fava sono vere, è necessario interrogarsi sul ruolo avuto dai segretari nazionali che in questi decenni si sono avvicendati alla guida dei partiti che dagli anni Novanta hanno preso il posto del vecchio Pci. Delle due l’una: o Fava è un visionario (e però sono visionari anche Leoluca Orlando, Nicolò Marino e pochissimi altri che da anni denunciano quel Sistema), oppure non lo è, e allora bisogna capire per quale ragione Lumia è stato candidato per tanti anni in Parlamento con il beneplacito dei segretari nazionali che non potevano non sapere e anzi avevano il dovere di sapere.

L’on. Claudio Fava, presidente della Commissione antimafia della Regione Sicilia

Perché se è vero che le “voci” sul Sistema Lumia non circolano da oggi, ci si chiede per quale ragione anche diversi magistrati – pur sapendo – hanno continuato ad intessere con Lumia ottimi rapporti. È vero che senza prove non si può imbastire un’indagine e non si può condannare una persona, e però è anche vero che ragioni di opportunità dovrebbero portare ad una maggiore cautela ad imbastire dei rapporti.

Se pur di fronte ai legami con uomini come Montante, come Cuffaro e come Lombardo, queste distanze non sono state prese, vuol dire che l’asticella della questione morale, anche in certi ambienti istituzionali, si è abbassata, e non di poco.

È però è anche vero che Lumia – sul fronte della lotta alla mafia – ha dato dei contributi non indifferenti quando è stato componente della Commissione parlamentare antimafia attraverso una serie di coraggiose e puntuali interrogazioni sul micidiale intreccio criminale fra la mafia di Barcellona Pozzo di Gotto, i servizi segreti deviati e la massoneria.

È successo quando ha portato avanti delle battaglie quasi solitarie affinché si ristabilisse la verità sulla morte dell’urologo Attilio Manca, deceduto secondo i magistrati per un’auto inoculazione di eroina, ma secondo i pentiti assassinato dai servizi segreti deviati – su ordine del capomafia barcellonese Rosario Cattafi – perché coinvolto nell’intervento alla prostata di un boss come Bernardo Provenzano, pezzo fondamentale della trattativa Stato-mafia, di cui Manca avrebbe scoperto l’identità segreta e gli alti protettori barcellonesi (e forse non solo).

Il ruolo di Lumia va ricordato anche su altre due battaglie importanti: la lotta per la verità sull’assassinio del giornalista Beppe Alfano, scopritore del luogo nel quale un altro “boss di Stato” come Nitto Santapaola ha trascorso la sua latitanza a Barcellona Pozzo di Gotto, e sullo strano suicidio del professore universitario di Terme Vigliatore (comune a pochi bassi da Barcellona) Adolfo Parmaliana, autore di moltissime denunce sul perverso sistema di potere che da decenni domina in quella zona. Anzi, su questo punto, bisogna dire che lo stesso Parmaliana cita Lumia in una lettera (scritta poco prima della morte) come di uno dei pochi depositari dell’isolamento che nel 2008 portò alla morte il valoroso professore universitario.

Dopodiché però ci ritroviamo Lumia a comiziare a Termini Imerese (la sua città in provincia di Palermo) assieme a Gianfranco Miccichè, plenipotenziario di Silvio Berlusconi in Sicilia, alla vigilia di una delle tante elezioni che si sono svolte nell’Isola in questi decenni. Quindi alla Regione ad imbastire strategie e alleanze che hanno portato il Pd a percentuali bassissime soprattutto in Sicilia.

Le parole di Fava ci consegnano una sorta di Giano bifronte su cui occorre fare chiarezza al più presto: innanzitutto per porre decisamente la questione morale all’interno di una sinistra che l’ha persa da tempo e per iniziare un rinnovamento che molti – in un momento di crisi come questo – si attendono. E poi per salvare quanto di buono ha fatto Lumia sul fronte della lotta alla mafia.

Luciano Mirone